Commenti disabilitati su CINANNI PAOLO : UN COMUNISTA ESEMPLARE E CALABRESE. 17 luglio 2017

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Recensione argomentata del suo libro Abitavamo vicino alla stazione : Storia, idee e lotte di un meridionalista contemporaneo, a cura di Giovanni Cinanni e di Salvatore Oliverio, Rubbettino, Editore Srl, 2005.

Cinanni (Gerace, 25 gennaio 1916 – Roma, 18 aprile 1988) nacque in Calabria. Si trasferì giovane a Torino seguendo la sua famiglia come tanti altri emigranti interni del Meridione. Conobbe e fu influenzato dal grande scrittore Cesare Pavese e prese parte alla Resistenza, come fece un altro grande comunista calabrese Rosario Migale. Al contrario di Migale, Cinanni non lasciò mai il PCI ma nonostante rimase sempre lucido. In effetti, Paolo Cinanni risulta essere una delle menti più originali e creative del PCI del dopoguerra, a parte Togliatti. Sposò una sangiovannese e ebbi una influenza notevole sulle lotte nel Meridione e nell’Altopiano silano. Nel suo appunto biografico « Da Gerace a Torino » nota umoristicamente come, fedele al suo nome apostolico – a me piace invece l’etimologia che rimanda alla « semplicità » – la gente vide in lui durante la sua prima infanzia un autentico « sampaolare » destinato dunque a fermare i serpenti ed i « scorsoni ». (p 59-60)

Chiaramente il ritorno alla sua opera di autentico « intellettuale organico » del proletariato italiano fornisce dei buoni antidoti contro i spiriti rinnegati oggi tutti diversamente affaristi ma sempre specializzati in narrazioni di secondo ordine. Scoprì Cinanni grazie ad una citazione di Emiliano Morrone (1). Fu per me una bellissima scoperta. Poco fa avevo scritto la mia recensione argomentata del libro che Pino Fabiano aveva consacrato a Rosario Migale. Con Cinanni potevo chiarire altri aspetti relativi alle vicende del PCI e della sinistra nel Meridione sin dall’inizio degli anni 50-60. In particolare, le drammatiche conseguenze del recupero della questione della riforma agraria da parte della DC, e il ruolo, troppo negletto, di figure scure, ad esempio quella del Grieco, negli eventi che segnarono lo sviluppo dello sottosviluppo del nostro Sud.

Cinanni fu un autentico marxista italiano e un grande calabrese. Le sue fonti e il suo metodo non erano dogmatici ma totalmente scientifici. Condivido con lui certe idee chiavi tali l’importanza del lavoro vivo, della riduzione del tempo di lavoro, del salario differito e anche, come vedremo in seguito, la necessità di addossare le lotte sulla Costituzione, nata dalla Resistenza. Da questo punto di vista Cinanni ci da una illustrazione esemplare della potenza del metodo marxista quando viene utilizzato da uno autentico intellettuale organico.

Cinanni ebbe la fortuna di sviluppare i suoi concetti principali quando il marxismo non era ancora inquinato da tanti presunti marxologhi, incluso nelle loro veste «spettrali » tali i vari pitre innominabili come Derida ed altri. Mentre Althusser difese l’epistemologia e il metodo marxisti al più alto livello possibile in assenza della delucidazione – da me proposta – della scientificità della Legge del valore contro le falsificazioni di Böhm-Bawerk, Tugan-Baranosvki, Bortkiewicz et al. (2), Cinanni difese in modo pratico la linea di massa più lucida per il PCI. Peccato che non fu meglio ascoltato dagli altri dirigenti, in particolare la componente di destra – Berlinguer, Napolitano e altri – che oggi, nella nostra Italia trasversalmente spinelliana, sembrano confondersi in retrospettiva – ma non tanto – con autentici stay behind.

L’importanza di questa attitudine risulta dalla brillante delucidazione proposta da Althusser in difesa del marxismo con la sua distinzione tra leggi generali e leggi universali. Come dimostrò Marx riprendendo e storicizzando il Kant della Critica della ragione pura,le leggi universali debbono riposare sopra un « concreto concettuale » (« concret pensé » secondo Marx) delucidato e dunque corrispondente interamente al suo oggetto di studio. La sociologia borghese rimane sempre empirica, può al limite stabilire leggi generali. Il positivismo di Auguste Comte o quello formalistico di Karl Popper non può dunque pretendere ad un statuto scientifico, nemmeno come propedeutica a questo metodo. La questione fondamentale posta da Althusser è questa: se non è ancora raggiunto il « concreto concettuale » in una data disciplina oppure – come fu il caso dopo le falsificazioni del marxismo fabbricate dopo la morte di Marx – se questo « concreto concettuale » viene occultato e mistificato, come procedere per distinguere la parte scientifica da quella pre-scientifica derivata da leggi generali?

Non basta considerare come fece Th. Kuhn che la scienza è solo un insieme di nozioni collegate tra loro, cioè un paradigma che ancora resiste alle confutazioni critiche conservando così il suo statuto di scienza standard almeno finché un altro paradigma più adeguato alla realtà lo sostituisce. Già Vico proponeva la distinzione essenziale tra certezza e verità.

La risposta sta nella ripresa da Marx, fondamento delle brillantissime delucidazioni di Althusser, della distinzione kantiana tra metodo di investigazione e metodo di esposizione. Il metodo di esposizione parte dal « concreto concettuale » per risalire dal semplice astratto al complesso concreto nelle sue varie forme in modo da rendere conto, o meglio, di afferrare la realtà. Il metodo di investigazione compiuto – risultato subordinato allo sviluppo storico che ne permette lo svelamento in atto nella Storia umana – stabilisce l’Universo nel quale si ci muove. L’Universo della scienza economica è quello delle merci, cioè del valore di scambio sapendo che ogni valore di scambio deve avere un supporto in un valore di suo. Quando i caratteri distintivi dell’Universo in questione sono stabiliti allora è possibile raggiungere scientificamente il « concreto concettuale » del dominio sotto investigazione.

Per illustrare questo processo cognitivo/storico ho proposto la metafora del puzzle incompiuto ma già afferrato mentalmente nella sua integralità, cioè nei suoi possibili comunque sempre poi da dimostrare in modo deduttivo. L’esempio famoso fornito da Marx per l’economia politica concerna il valore di scambio della forza del lavoro come unico metro possibile ma necessario per stabilire la commensurabilità delle merci tra loro, metro intuito da Aristotele senza che questi fosse capace concludere per causa dell’occultazione prodotta dal modo di produzione largamente fondato sulla schiavitù. Althusser cercò di analizzare sistematicamente questo processo di avvicinamento alla verità definendo vari livelli di conoscenza logicamente difendibili ma sempre in congruenza con la realtà empirica studiata. ( Vedi: On the Materialist Dialectic”, prima pubblicato in La Pensée, Agosto 1963, accessibile in www.marxists.org nella sua versione inglese. )

Se Althusser avesse avuto lo vantaggio della mia delucidazione della legge del valore, il marxismo avrebbe già trionfato nella Battaglia delle Idee. Oggi purtroppo molti rimangono incatenati nella famosa Caverna e parecchi tra questi, in particolare gli accademici che hanno letto le mie opere ma fanno finte di niente, non sono altro che dei servi in camera mossi solo dai loro neuroni intestinali.

Semplificando, Althusser salta – a torto secondo me – i tre primi capitoli del primo volume del Capitale scritto e pubblicato da Marx stesso ma lo fa per una semplice ragione: rimanda subito alla spiegazione marxista dello sfruttamento della forza del lavoro in modo da spiegare scientificamente l’origine del profitto e delle varie forme di accumulazione del capitale, cosa rimasse opaca ad Adam Smith e a tutti gli economisti prima e dopo di lui. La partita scientifica si gioca proprio sul terreno dell’economia politica detta classica e per fortuna venne giocata dal uno dei più grandi e onesti logici nella storia del pensiero umano, cioè da Karl Marx.

Ho mostrato altrove le basi della grande allucinazione marginalista, cioè di una asinata concepita dai filo-semiti nietzschiani per creare una narrazione atta a salvare il sistema di sfruttamento dell’Uomo dall’Uomo, della quale oggi loro stessi risultano le prime vittime con tanti tipici premi Nobel incestuosamente conferiti nel tentativo vano di consolidarne la plausibilità. In effetti, il prezzo di equilibrio del mercato, tanto per la microeconomia che per il « mercato dei mercati » sensato rappresentare la macroeconomia, viene stabilito irrazionalmente esibendo nel modo più grottesco la famosa contraddizione logica ex ante/post hoc: per stabilire la curva di offerta si danno le tabelle della domanda e per quella della domanda si danno quelle dell’offerta, poi si incrociano le due curve e voilà !, fatto. Giordano Bruno, eminente pensatore scientifico – vedi la sezione Italia di www.la-commune-paraclet.com – denunciava già le « pedanterie e asinate » degli intellettuali di regime e delle loro vittime, tra i quali dobbiamo oggi aggiungere i poveri studenti costretti a pagarle con spese scolastiche sempre in aumento in un sistema di educazione sempre più privatizzato e subordinato al capitale ed alle logge massoniche più reazionarie.

Tutta la dinamica della riproduzione dell’Uomo nella Natura e nella Storia avvicinata da Vico e, per il lato economico, da Adam Smith ed altri, si trova dunque delucidata. Basta allora dimostrare i sviluppi storici reali distinguendo ere o età, modi di produzione ed epoche di riproduzione. Nel difendere il suo metodo scientifico Marx pretese avere fatto per l’economia politica quello che Darwin aveva fatto per l’evoluzione delle specie, incluso la specie umana. Darwin non avrebbe raggiunto questo risultato senza il ristabilimento della differenza kantiana tra scienza – dominio dell’universale – e pre-scienza – leggi generali – e infine paralogismi – cioè sofismi e narrazioni -, e senza le tassonomie stabilite anteriormente tra le quali quelle di Herder – concetto di specie – e di Buffon, Cuvier ed altri.

In retrospettiva, con il beneficio delle mie delucidazioni tanto per la microeconomia – processo di produzione immediato – quanto per la macro-economia – Equazioni della Riproduzione Semplice e Allargata – e, al contrario di quanto affermarono tutti i falsari borghesi come Böhm-Bawerk et al., si può affermare non esiste nessuna contraddizione tra il primo volume del Capitale di Marx e i susseguenti volumi due e tre. Per provarlo, basta dimostrare che la Riproduzione Semplice e Allagata analizzata sulla base di un tasso di composizione organica del capitale (v/C dove C = c + v) identico e di un tasso di sfruttamento (pv/v) identico non rappresentano affatto un caso particolare. Questa dimostrazione definitivamente fu fornita con l’integrazione coerente nelle Equazioni della RS-RA della mia teoria della produttività, cioè della forma di estrazione specifica del modo di produzione capitalista.

La specificità dei scritti di Cinanni risulta propria da questa sua convinzione gramsciana che il marxismo è scienza, anche perché le proto-scienze economiche borghesi trattano solo di merci, riducendo il lavoro umano ad un mere fattore di produzione come qualsiasi altro, senza tenere conto del fatto fondamentale e non trascurabile che l’essere umano non può assolutamente essere ridotto allo mere statuto di una merce. Perciò, Cinanni appare come un autentico marxista gramsciano.

Vediamo ora alcuni dei suoi concetti oggi ancora primordiali ma resi interamente scientifici con i miei contributi. Noto, en passant, che l’occultazione non è una confutazione accettabile è neanche l’esclusione e la persecuzione ad opera di lillipuziani filo-semiti nietzschiani e sionisti che dovranno, come sempre, essere soggetti alla giustizia con i dovuti risarcimenti oppure, se la giustizia viene negata, alla loro propria legge del tallione – occhio per occhio. If they want their pound of flesh … In conclusione, vedremmo il ruolo nuovamente distruttore della figura nera del Ruggiero Grieco per il Meridione, ruolo che spiega il comportamento diverso adottato rispettivamente da Migale e da Cinanni, ambedue lucidi sulla questione dello sviluppo socio-economico soffocato del Sud per favorire l’industrializzazione capitalista del Paese al Nord.

1 ) Il lavoro vivo e il lavoro oggettivato. Questa distinzione è una delle chiave della legge del valore marxista perché stabilisce il meccanismo dell’estrazione della sovrappiù e dunque della meccanica dell’accumulazione del capitale ( in senso generico ) secondo i modi di produzione e le loro epoche riproduttive, dunque anche del profitto capitalista. Il concetto delucidato del lavoro vivo, sbarazzato dalle falsificazioni imposte al marxismo, è restituito in modo definitivamente scientifico nel mio Tous ensemble fondato su un primo abbozzo presentato all’inizio degli anni 80 per il MA. Sono orgoglioso nel ricordare che i sviluppi dati in seguita a questo abbozzo mi valse l’accusa criminale di « essere ossessionato con la legge del valore », cioè di essere ossessionato con uno degli aspetti cardini della mia tesi di Ph.D. Per stabilire la legge della produttività capitalista si presupponeva anche la risoluzione del problema della rendita. Cinanni in quanto autentico aveva afferrato un degli elementi essenziali semplicemente perché, come Althusser, in quanto gramsciano aveva capito che non esiste accumulazione senza sfruttamento della forza di lavoro.

2 ) « Scala mobile delle ore di lavoro ». Qui splende l’assenza gramsciana di dogmatismo caratteristica del Cinanni. Il concetto deriva dai lavori della IV internazionale del 1939, cioè dall’Internazionale trozkista. Vedi « Sliding scale of wages (inflation) and « sliding scale of working hours » in https://www.marxists.org/archive/trotsky/1938/tp/tp-text.htm#ss , pagina 22.

Per il retroscena, diciamo solo che Trotzki, che non fu mai un economista, prese il concetto dai lavori di Marx (a cominciare da quelli del 1847 ma anche già dagli importantissimi Manoscritti parigini del 1844. Trotzki, bene al corrente dei sviluppi mondiali incluso nei Stati Uniti, fu anche influenzato dalle lotte condotte in tutta l’America del Nord dalla One Big Union, la quale elaborava sulle proposte, tanto essenziali quanto poco conosciute, elaborate da Emile Pacault. (vedi il mio Tous ensemble.)

In effetti, la riduzione del tempo di lavoro riproposta con la RTT della « gauche plurielle » rimane una delle chiavi principali per la risoluzione della crisi strutturale attuale; l’altra è la riformulazione della definizione dell’anti-dumping per tenere conto dei tre componenti che formano quello che ho chiamato il « reddito globale netto » dei focolari », cioè il salario individuale capitalista, oggi unico criterio disumanizzante sacralizzato dall’OMC, il « salario differito » e i trasferimenti ai focolari sotto forma di accesso universale alle infrastrutture ed ai servizi pubblici. La definizione dell’anti-dumping oggi prevalente fa astrazione dei diritti del lavoro, anche minimi tali quelli ancora sanciti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, come pure dei criteri ambientali minimi, incluso il principio di precauzione. La competizione globale si fa al ribasso senza che ci sia, come voleva pretendere il pitre Robert Solow, nessuna soglia fisiologica per stabilizzare il salario; in effetti, la competizione neoliberale globale non si fa solo con gli Europei dell’Est ma con mezzo miliardo di compagni Dalits con una aspettativa di vita media di 40 anni! La globalizzazione neoliberale è dunque una legge delle giungla generalizzata che pretende sottomettere gli esseri umani al regno delle merci – reificazione – e questi alle illusioni non-sostenibili indotte dalla speculazione egemonica.

3 ) « Salario indiretto o differito » . Cinanni cita a questo proposito il Cahier 1 de l’institut international d’études sociales. Senza sorpresa questo contiene un lavoro maggiore su un soggetto che appassiona giustamente Cinanni, cioè lo studio di Pierre Grandjeat intitolato Les Migrations de travailleurs en Europe , Librairie sociale et économique, 1966 – 96 pagine. Vedi pure questo link sul problema del salario e dello sviluppo: http://www.worldcat.org/title/problemes-de-la-politique-des-salaires-dans-le-developpement-economique-compte-rendu-dun-colloque-de-linstitut-international-detudes-sociales-tenu-a-egelund-danemark-du-23-au-27-octobre-1967/oclc/715584430&referer=brief_results )

Ancora una volta Cinanni percepisce l’aspetto cruciale del concetto. Con i suoi Fondi sociali proposti nella sua Critica del programma di Gotha, Marx fornì la direzione generale, sottolineandone l’aspetto socio-economico generale – in senso generico – dei circuiti del capitale per la Riproduzione Allargata, ovvero l’equilibrio generale dinamico, in una società socialista. In seguito, per fare breve, vennero i comunisti americani bene rappresentati nei ranghi e la direzione della CIO; questa evoluzione, anche con l’appoggio ambiguo del keynesianismo, aprì la strada alle leggi sulla gestione della forza del lavoro – collective agreements – e della Social Security proposte dal New Deal – con Frances e Wagner per il lato governativo e Lewis et al., per la CIO; si aggiunse l’appoggio crescente di economisti keynesiani tale Hansen.

Questa forte tendenza socio-economica e teorica adottò un slogan emblematico per denunciare il crimine sociale della disoccupazione imposta indipendentemente dalla volontà dei lavoratori, cioè « Through no fault of their own ». Questo movimento generale indusse un cambiamento di attitudine nelle sezioni borghesi più avanzate. Realizzarono che i focolari – modo laico di parlare delle famiglie – necessari per assicurare la riproduzione della forza del lavoro, hanno taglie diverse, in modo che la razionalità strettamente capitalista del salario capitalista individuale non tiene conto di questa realtà umane di base, contraddizione che prende subito la forma della sovra-produzione e del sottoconsumo.

L’inattività dei lavoratori non essendo colpa loro, al minimo gli ammortizzatori sociali – unemployment insurance – e la previdenza sociale vanno riconosciuti come diritti umani fondamentali, conquista sociale sancita dalle Costituzioni nate dalla Resistenza, come pure dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Sociali e Individuali del 1948. (Per il Canada, vedi il ruolo di persone influenzate tanto dal marxismo quanto da Beveridge, ad esempio Cassidy in opposizione al tradizionalismo burkiano-nietzschiano – e già filo-semite nietzschiano – di persone tali Jane Fulton, un esemplare di mente conservativa e moralistica in materia di pensiero sociale molto legata alla contro-riforma sociale portata dal Proibizionismo ed tutto il resto, incluso in materia di uguaglianza dei cittadini e dei generi.

In effetti, lo sfortunatamente poco conosciuto Marxista inglese Kay – la mia fonte citata in questa materia – sembra essere stato il primo a riformulare il concetto negli anni 60, probabilmente prima dell’Institut, usando specificamente il termine di « salario differito ». Il Marxista inglese Kay non aveva aspettato la pubblicazione degli ultimo due volumi dell’opera di Keynes per sapere che quest’ultimo era stato fortemente influenzato dall’analisi dei circuiti del capitale di Marx – tramite Sraffa, grazie a Gramsci, e forse secondariamente Maurice Dobb malgrado le sue pretese.

Questi circuiti sono fondamentali per capire il ruolo contro-ciclico del risparmio salariale, dunque del sistema di previdenza sociale. Comunque questa istituzionalizzazione del risparmio anche sotto la forma di « capital pool » in fondi di pensioni pubblici contributivi e mutualistici non deve impedire la giusta comprensione marxista dell’importanza del credito – reale – per la Riproduzione Allargata. (Rimando qui al mio articolo: « Debito pubblico e sciocchezze marginaliste: il caso italiano 3 marzo 2017 » Categoria Economia di http://rivincitasociale.altervista.org ) Ho ripreso questa formulazione alla luce dei miei chiarimenti della distinzione tra produttività micro-economica e competitività macro-economica, vedi Tous ensemble oppure il Compendio di Economia Politica marxista. In un modo di produzione socialista, questi tre componenti rappresenterebbero parte della « sovrappiù sociale », la forme di estrazione specifica a questo modo, l’altra parte andando al reinvestimento effettuato secondo le priorità della Riproduzione Allargata e la gestione socialista del credito pubblico.

4 ) La riforma agraria, la questione degli usi civici e la questione meridionale legata alla problematica dello sviluppo. La letteratura marxista classica, diciamo prima della seconda meta degli anni 70 era ricca di analisi e di esperienze consacrate all’alleanza tra operai industriali e contadini, oppure consacrate alla cruciale quanto dimenticata problematica delle relazioni tra Città e campagna.

Nel 18 Brumaire Marx analizzò già l’importanza fondamentale di queste alleanze e le possibile derive bonapartiste delle varie sezione contadine nelle società ancora fortemente segante da un loro forte peso demografico. Lenin e i Bolscevichi si appoggiarono sulla riformulazione della questione agricola e specificamente del mir in Russia presente nella corrispondenza tra Marx e Vera Zazulitch. In una risposta famosa Marx affrontò la questione con grande lucidità anche perché aveva già iniziato la sua analisi – poi ripresa da Althusser, Foster-Carter, PP. Rey ecc – dei vari modi di produzione pre-capitalisti e della transizione al socialismo.

Dopo la morte di Lenin, Stalin dimostrò di capire questa problematica forse più degli altri. La collettivizzazione delle terre fu così sistematicamente ideata per accelerare il processo di industrializzazione autonomo dell’Unione Sovietica. Senza questa – diffamazione capitalista e nazista messa da parte, vedi le evidenze di archivio fornite da Gilbert Badia in particolare sull’Ucraina nel suo importante studio intitolato, Histoire de l’Allemagne contemporaine, vol. II, 1962 – l’Unione Sovietica sarebbe ritornata capitalista e non avrebbe potuto affrontare sola, almeno fine al 1943 e la svolta segnata dalla sconfitta nazi a Stalingrado, la macchina militare nazifascista costruita con la complicità delle democrazie borghesi occidentali, incluso il governo sociale-democratico dell’ebreo francese Léon Blum.

Ai sviluppi teorici e pratici dei marxisti bolscevichi russi vanno poi aggiunti quelli di Mao Zedong e dei vari movimenti di liberazione nazionali in America, in Africa e in Asia. Questi vanno paragonati al pauperismo teorico-politico distillato su questa questione dai vari Kaustky, Otto Bauer oppure da Eric Wolf. Anche Henri Lefebvre non è al livello malgrado la sua insistenza sulla distinzione città-campagna.

In poche parole, il processo di industrializzazione di una Formazione sociale nazionale – anche durante il movimento iniziale delle Enclosures in GB – produce un riequilibrio dei settori a scapito della demografia delle campagne come pure un riequilibrio dell’inserzione della detta Formazione sociale nazionale nell’Economia mondiale capitalista. Perciò questo movimento inarrestabile deve essere gestito con una giusta gestione del « déversement » (Alvred Sauvy) intersettoriale della manodopera « liberata » dalla crescita secolare della produttività, ma giusta in questo senso che deve essere razionalmente integrata nelle priorità date – di preferenza ai bisogni sociali collettivi con Stalin – alla forma di Riproduzione Allargata momentaneamente adottata. L’Unione Sovietica apparteneva al Sistema monetario europeo in modo che le esportazioni di beni agricoli fornivano le valute straniere necessarie per accelerare l’industrializzazione del paese. La collettivizzazione delle terre – kolchoz e sovchoz – con il controllo statale delle macchine agricole permetteva di spingere questo processo alleviandone pero i sacrifici chiesti ai contadini nella misura del possibile. L’industrializzazione comportava anche in modo virtuoso la produzione domestica di questi macchinari agricoli incrementando così rapidamente la produzione e la ricchezza creata.

Ho spiegato altrove che pure non avendo risolto la questione della Legge del valore, dunque dell’integrazione della produttività nelle Equazioni RS-RA, Stalin partiva del fatto che la Riproduzione Semplice era scientificamente fondata e che per il resto – cioè l’aspetto dinamico della RA- bastava dare la priorità ovunque alla più grande produttività possibile, spartendo al meglio i guadagni derivati dalla più altra produttività e competitività raggiungibili in un certa epoca riproduttiva. Si dovevo alleare il romanticismo rivoluzionario ed il pragmatismo.

Simultaneamente e emblematicamente, il grande marxista Stalin cercò di cooptare le migliori menti contemporanee per risolvere la questione al livello teorico mentre la sua pianificazione – vedi il suo Economic Problems of Socialism in the USSR, February-September 1952 in http://www.marxists.org/reference/archive/stalin/works/1951/economic-problems/index.htm – la risolveva in modo esemplare al livello pratico. Basta dire che con solo due piani quinquennali staliniani l’Unione Sovietica passò dallo statuto di paese sottosviluppato a quello di superpotenza capace di distruggere sola la macchina di guerra nazifascista e alleati e anche di tenere testa ai Stati Uniti dopo il 1945, ad esempio con la dissuasione nucleare acquisita già nel 1949.

La questione fu posta a Einstein il quale confermo la superiorità del marxismo ma fallì nel risolvere la falsa contraddizione inventata da Böhm-Bawerk et al. ( Vedi Einstein, Why socialism, Monthly Review, May 1949). Sfortunatamente poi cercò di cooptare il bene intenzionato Oskar Lange, il quale fu all’origine della distruzione interna del marxismo. Questo perché partiva del fatto che il marginalismo era scienza e dunque se era tale poteva anche applicarsi al modo di produzione socialista. Per la confutazione di questa enormità vedi il mio « Il socialismo marginalista o come incatenarsi se stesso nella caverna capitalista » ( nella Sezione Economie Politique Internazionale del sito www.la-commune-paraclet.com ).

Se Stalin avesse sopravvissuto alcuni anni queste derive micidiali sarebbero state troncate in tempo dovuto. Purtroppo Stalin fu assassinato da medici ebrei – le cosiddette « camicie bianche ». Tipicamente, questo avvenne come ricompensa del suo salvataggio del nascente ma ancora illegale Stato teocratico-razzista e colonizzatore ebreo di Israele. Senza il trasferimento in extremis delle armi necessarie tramite la Germania dell’Est, Israele sarebbe allora stato sconfitto.

Stalin aveva comunque cominciato a capire che la nascita di questo Stato esclusivista e fondamentalmente teocratico e razzista portava al trasferimento delle lealtà degli ebrei sovietici sovra-rappresentati negli organi dirigenti statali e di partito della Unione Sovietica, a favore di Israele e non più a favore dell’emancipazione umana generale. Il singolare razzismo ebrei vs gentili legato all’elezione divina esclusiva si aggrava con un razzismo discriminatorio tra le tribù israelite diversamente elette; pochi sanno che molti rabbini gestiscono i dati anagrafici in conseguenza. Non per niente il ben informato B. Spinoza parlava del « delirio dei rabbini ». Quando Stalin cominciò a prendere delle misure per ridurre questa sovra-rappresentanza assieme alla falsa rappresentanza da essa indotta, fu assassinato.

Yeshov morto il problema dell’infiltrazione già annunciata dal tradimento iniziale di Kamenev nel 1917 ma tollerato da Lenin non era ovviamente stato risolto. Con Chruscev, l’ebreo sovietico e capitalista-roader Liberman, emule malintenzionato del marginalismo socialista di Oskar Lange, dominò il sistema e portò ineluttabilmente alla sua perdita, come già denunciata da Mao. Qui risiede specificamente la verità teorica e pratica delle accuse maoiste di « revisionismo », oggi afferrata da pochi studiosi e militanti, in particolare i compagni trozkisti.

La stessa infiltrazione spiega la contro-rivoluzione ungherese del 1956 e la falsa ortodossia adottata da Georg Lukacs, per rimanere « dentro » : il suo Lenin non è altro che un tradimento del pensiero marxista ed una regressione calcolata verso le illusioni culturali della borghesia e della piccola borghesia occidentali, considerate superiori. (Vedi la critica marxista di Althusser rivolta al buonismo « umanista ». ( Oggi con la propaganda giornaliera legata al recupero dei « diritti umani » riformulati nel quadro della guerra preventiva e dei Patriot Acts, siamo tutti vaccinati … Per contro, sapiamo tutti che gli USA non riconoscono la protezione contro la fame come un diritto fondamentale. ) Lo scopo di questo discepole di Max Weber era semplicemente di relativizzare il marxismo togliendone il suo aspetto scientifico, cioè in particolare l’universalità della legge marxista del lavoro e dunque il fondamento dell’eguaglianza umana. La sua insistenza sul cosiddetto « giovane Marx » non affrontò mai il contributo politico-democratico essenziale del « giovane Marx », cioè la critica marxista definitiva dell’esclusivismo esposta nella sua Questione ebrea. Rimando qui alla questione della lealtà politica e dell’esclusivismo segnalata sopra.

Detto questo, a parte la cooptazione delle riforma agraria e dunque della problematica dello sviluppo della nostra Repubblica italiana, nata dalla Resistenza, ad opera della democrazia cristiana, rimane che certi personaggi e certi metodi non possono più essere taciuti senza nuocere all’analisi scientifica e obbiettiva – i.e., fondata – dei fatti. Il Sud fu primariamente vittima delle manipolazioni capitalistiche della DC e dei suoi maestri atlantici. Questo include la cooptazione a fine politica delle mafie a cominciare durante lo sbarco in Sicilia con il lancio del foulard di Lucky Luciano come segnale della ribellione mirata a fare tacere le batterie dei cannoni. Questa cooperazione poi appoggiata da Gladio, dai stay behind ecc aveva già prodotto crimini emblematici come quelli perpetrati a Portella della Ginestra e tanti altri in seguito.

Non vi è dubbio che molte cose diventano più chiare quando si scopre che Grieco dirigeva l’ACMI, l’Alleanza dei contadini del Mezzogiorno d’Italia. Questo nel contesto del recupero della riforma agraria da parte della DC dopo che le pressioni americane costrinsero l’uscita del PCI dal governo, mettendo fine al movimento virtuoso lanciato con i decreti Gullo.

La spaccatura del 1962 che portò un Resistente e comunista come R. Migale, largamente strumentalizzato da altri, a rompere con un PCI incapace di concepire una autentica alleanza tra operai, cittadini e contadini nel Sud, va interpretata in questo contesto.

Ruggiero Grieco è proprio quello dirigente che giocò un innegabile ruolo nell’imprigionamento dei dirigenti comunisti e di Gramsci con le sue lettere inviate da Basilea, dopo aver cercato in farle inviare da Mosca per meglio coprirsi. Su questo episodio cruciale, vedi il mio saggio del 2013 intitolato « Althusser or why compromising compromise must be rejected » (in Download Now nella Sezione Livres-Books di www.la-commune-paraclet.com ; basta usare il termine « grieco » con la funzione ricercare per andare subito al dunque. ) Grieco è anche quello che scrisse il famigerato « Appello ai fratelli in camicia nera » del 1936 testo poi prudentemente ribattezzato. (vedi  https://it.wikipedia.org/wiki/Ruggero_Grieco ) Si sa che l’Italia, paese con un forte tasso di pauperismo strutturale, esibisce anche un tasso di informatori di polizia e di crumiri più alto rispetto a tutti gli altri paesi civilizzati, oltre alla cooptazione delle mafie ed al clientelismo rampante.

Sfortunatamente Grieco ebbe un ruolo importante nelle definizione della politica agraria del PCI sin dal inizio del suo impegno nel nuovo partito nato dal Congresso di Livorno. Nacquero così successivamente molte strutture con un’importanza e una durata variabili. Ma questo ruolo del Grieco non è ancora analizzato con la dovuto obbiettività storica. Purtroppo la chiarificazione del suo ruolo rispetto a quello, tra altri, di Gramsci, di Cinanni e di Migale permetterebbe di illuminare tutta la problematica di quello che Gramsci chiamava « la quistione meridionale ». Gli Archivi devono ancora parlare.

A questo punto io posso solo notare questa lacuna e le discrepanze, anche sulle date. Ad esempio, nell’introduzione del libro di Cinanni oggetto di questa recensione, Francesco Tassone scrive: « E questo dunque il nodo centrale del conflitto interno del PCI con l’opposta posizione di Amendola, un conflitto che si concluderà solo nel 1962, quando l’organizzazione politica dei contadini meridionali, ACMI (cioè l’Alleanza dei contadini del Mezzogiorno d’Italia), creata da Grieco nel 1951 (?), verrà soppressa ed inglobata nell’organizzazione nazionale, sul presupposto che il « miracolo economico » del Nord avrebbe investito presto anche il Meridione, assimilandolo al resto del Paese» (p 42 )

L’Alleanza nazionale dei contadini diretta da Grieco nacque nel 1955, poco prima della sua morte. Nonostante, Tassone scrive così: « Il movimento intanto, su cui incombe il problema dell’organizzazione, si è dotato di un importante strumento, l’Alleanza dei contadini del Mezzogiorno d’Italia, l’A.C.M.I, capace di lavorare sulla specificità, anche culturale, delle loro istanze. Attraverso di essa Cinanni, che nel 1956 ne diventa il segretario generale, conduce importanti esperienze, di cui una riguarda la natura dei patti agrari vigenti nelle campagne meridionali ( spesso semplice trasposizione contrattuale dei diritti feudali aboliti con la legge eversiva della feudalità ).

Un’altra riguarda l’attivazione delle funzioni dei comuni per il progresso dell’agricoltura e più in particolare per il recupero e la valorizzazione delle terre comunali, tema ancora aperto, di grande valore pratico e più ancora politico, come una delle vie da seguire per la rie-acquisizione da parte del Meridione della sua identità di soggetto » (pp 44-45)

Questa imprecisione dimostra come uno degli aspetti cardinali della questione meridionale sia mediocremente analizzata. Un lettore non specializzato non può ancora avere accesso ai rapporti tra Migale e Cinanni nel periodo critico che va dal 1955 al 1962. Possiamo solo dire che Cinanni aveva la riputazione di pensare con la propria testa, che era fortemente legato al Meridione e che aveva la reputazione, all’interno del Partito, di esser « cocciuto ». Possiamo anche avanzare che Cinanni, in quanto comunista calabrese, cercò di salvare l’essenziale dopo l’uscita forzata del PCI dal governo nel 1947, cioè dopo la perdita del potere decisionale al livello governativo. Cercò di operare all’interno del suo partito correggendo le scelte del PCI, il quale subordinava la questione agraria meridionale allo sviluppo industriale del Nord.

E proprio in questo contesto che si deve valutare il rilancio da parte di Cinanni dell’importantissimo concetto degli usi civici, oppure quello del cosiddetto « sciopero alla rovescia » o quello della « passeggiata dimostrativa » (p 158) metodi tutti addossati alla Costituzione ed alla legalità. Su questo capitolo non mi sembra che le azioni di Migale, anche durante l’occupazione delle terre pubbliche nell’Isola di Capo Rizutto, seguissero una linea tattica diversa, anche se Migale sembrerà inanzi tutto combattere una battaglia di retroguardia che non era riuscita a prendere la giusta misura delle tendenze strutturali scatenate dall’adozione della PAC e dalla sua gestione peculiare a scapito del Sud da parte della DC e dei suoi vari governi. Pino Fabiano nota le lotte ripetute con i stessi metodi per l’integrazione del prezzo del grano.

Intanto, è proprio la questione degli usi civici a fare capire il fallimento della riforma agraria cooptata e strumentalizzata dalla DC. Il Tassone riassume così: « Quanto alla consistenza delle nostre terre pubbliche e di uso civico egli – Cinanni – riporta i dati pubblicati dall’INEA nel 1956, ma tuttora validi: ” la superficie complessiva che risulta in possesso degli enti è in tutt’Italia 6.253.078 ettari, ma fra le terre usurpate e tutt’ora in proprietà promiscua, i competenti calcolano che ci sono almeno tre milioni-tre milioni e mezzo di ettari su cui persistono i diritti di uso civico: in tutto un patrimonio di nove-dieci milioni di ettari, di cui due milioni e mezzo-tre milioni tutti convenientemente utilizzabili per la coltura agraria ” » (citato p 45)

Basta riferirsi al bilancio in superficie della riforma agraria in mano alla DC. Questa era ideata sopratutto per creare piccoli proprietari agricoli senza futuro economico a parte l’immigrazione, ma suscettibili ad essere cooptati dall’ideologia dominante della proprietà privata, dunque del conservativissimo politico, il tutto senza realmente intaccare le grande imprese agricole. La logica della PAC spingeva comunque alla concentrazione-centralizzazione delle terre in un senso chiaramente produttivistica. Vanno pure sottolineate le lacune del movimento cooperativo agricolo nel Meridione come dimostra la non partecipazione di Migale e dei suoi compagni contadini di Cutro.

Ecco il riassunto fornito da Cinanni: « Persistono nel nostro paese vasti residui di proprietà promiscua feudale e vaste estensioni di ‘’terre pubbliche’’. E l’agricoltura ci appare ancora oggi ” dominata dalla piccola e dalla media impresa di tipo familiare ”, estremamente frantumata, con scarse possibilità di impiego dei moderni mezzi di produzione; le proprietà private che non superano il mezzo ettaro di estensione rappresentano il 53,1% delle imprese, ma coprano soltanto il 4,3% dell’intera superficie; quelle da 0,5 a 5 ettari rappresentano il 39,8% delle imprese e il 29,1 % della superficie; quelle da 5 a 50 ettari il 6,6 % delle imprese per un 37 % di superficie; infine le proprietà private oltre i 50 ettari sono appena lo 0,5 % del totale delle imprese, ma occupano il 29,6 % delle superficie. In Italia occorre costruire un’ipotesi di riforma agraria partendo da questi dati, che raccolti nel 1948, sono stati aggiornati nel 1955 dopo gli scorpori del « leggi stralcio » con i risultati sopra riferiti, che da allora non hanno subito notevoli modificazioni. » ( p 129)

Un esempio emblematico della logica capitalistica della riforma della DC viene fornito dal campeggio di Lorica. Qui Cinanni viene letto avendo in mente l’attuale scellerata privatizzazione del demanio. « Siamo tuttavia convinti che non mancheranno altri tentativi per privatizzare le « terre pubbliche » a beneficio di speculatori capitalistici; anche se, sul piano pratico, ciò avviene regolarmente in tutto il Mezzogiorno. Sarebbe troppo lungo illustrare nei particolari le significative esperienze fatte in Sila solo in questi ultimi mesi: in una sola località – Lorica -, l’ACI ha venduto per pochi soldi un autostello, compresa una collina coperta di un bosco d’alto fusto apparentemente col terreno su cui sorgeva l’autostello al demanio « Crocefisso » di San Giovanni in Fiore; ancora: la Sezione fallimentare del tribunale di Cosenza ha venduto altri 7.000 metri quadrati dello stesso demanio, ma il compratore se ne recintati almeno 70.000 metri quadri; ancora: Il Commissario regionale degli usi civici ha diffidato insieme il Comune e la Sezione fallimentare del Tribunale, dichiarando nulle le suddette vendite, ma i beni – pure dichiarati incommerciabili – restano nelle mani dei speculatori. (…) Fatti analoghi avvengono in centinaia di Comuni, in migliaia di casi, in tutto il Mezzogiorno » ( p 132)

Cinanni noterà altrove : « 1 ) Lo scandalo ACI. Per errore, l’O.V.S. aveva « espropriato » all’usurpatore Berlingeri il terreno del demanio Crocifisso, ove sorge l’Autostello e il « Camping Lorica ». Occorre premettere che la Corte Costituzionale ha annullato tutti i decreti di esproprio che hanno operato su terreni di « qualità demaniale ». I terreni demaniali sono « inalienabili », « imprescrittibili » e « inespropriabili ». La dottrina conferma: « ogni occupazione ed ogni alienazione illegittima del demanio comunale è dichiarata abusiva a qualunque epoca l’una e l’altra rimonti; essa non potrà in nessuno caso essere considerata come titolo di promiscuità, e sarà in ogni tempo improduttiva di alcun diritto o effetto … » ( 165)

La mancata riforma agraria andrà di pari passo con un sviluppo disequilibrato che esagererà le disparità regionali a scapito del Sud. Il Meridione sarà allora vittima di uno drastico spopolamento, le migrazioni di massa verso il Nord e verso l’estero giocando il ruolo di variabile di aggiustamento principale. Cinanni non potevo quindi fare astrazione di questa realtà.

5 ) Sviluppo e migrazioni. Cinanni fu uno eloquente critico del fenomeno conosciuto come « brain drain ». Ma in quanto marxista, Cinanni va oltre le solite analisi. Non si accontenta di fornire i numeri degli immigrati italiani e il loro punto di partenza regionale. Cinanni smonta la logica governativa sottolineando prima il baratto di lavoratori italiani nelle miniere esteri per ripagare i debiti e secondo la falsità dell’argomento dominante sui presunti benefici delle rimesse. Queste, analizza Cinanni, non compensano il costo di formazione della manodopera in patria e non servono affatto a sostenere lo sviluppo del Meridione; aggravano invece il divario Nord-Sud. Perciò come misura minima proponeva di consacrare gran parte di queste rimesse al sostegno dell’industrializzazione del Sud, incluso per la modernizzazione del settore agricolo.

Intanto, analizzando il caso della Svizzera – decollo industriale e economico legato alla politica di accoglienza degli immigranti –, affrontò il problema dello sfruttamento e della dignità dei lavoratori immigrati. Riprende un’idea progressista, quella di conferire agli migranti residenti il diritto di partecipare alle elezioni dei rappresentanti sindacali come pure alle elezioni municipali. Questo rimane un concetto democratico essenziale, in effetti uno dei migliori antidoti contro la demagogia xenofoba e razzista.

Intanto va sottolineato che l’Italia soffre di un deficit per i flussi di popolazione, il numero di residenti italiani che scappa dal nostro Paese ormai allo sfascio è superiore a quello degli arrivi dall’estero. Perciò, quando attaccano i diritti dei profughi e degli immigrati in Italia, i demagoghi razzisti e xenofobi nostrali mettano a repentaglio i diritti dei nostri cittadini immigrati all’estero.

Infine, Cinanni fornisce una importatissima tabella sull’evoluzione della parte relativa dei settori economici da leggere e valutare a confronto delle ripetute onde di immigrazione degli Italiani all’estero. Questa tabella dispone anche delle pretese ultra-conservative oggi propagate dai cosiddetti borbonici che non si rendono nemmeno conto che la monarchia borbonica utilizzava l’industria metallurgica di Mangiana prevalentemente se non solo per la fabbricazione di armamenti e privilegiava il cabotaggio marittimo per non sviluppare le strade e le ferrovie interne in modo da non consentire la circolazione delle popolazioni e dunque i scambi di idee tra loro.

All’epoca, la monarchia borbonica, assieme a quella austriaca, era sotto la dominazione delle logge massoniche le più propense a difendere le disuguaglianze e le idee le più arcaiche e conservative del mondo. La rapida rimessa in causa della Costituzione borbonica del 1848 ed il ritorno all’assolutismo più regressivo illustrano come fece fatica fine all’ultimo ad accettare il concetto della sovranità del popolo contro le pretese del diritto divino dei soli monarchi e gruppi (auto)eletti.

Ecco la tabella ( p 197) intitolata « Distribuzione della popolazione per rami di attività economica »

Censimento                                      su 100 attivi

                   Agricoltura          Industria              Altre attività

1871           45,4                     25,2                     29,4

1881           43,6                     38,2                     17,4

…                …                         …                         …

1936           67,3                     16,6                     16,1

…                …                         …                         …

1951           63,38                   20,04                   16,58

1961           46,05                   32,18                   21,77

Fonte: Inchiesta sulla disoccupazione per il periodo 1871-1936; Relazione sui Provvedimenti straordinari in Calabria (Catanzaro, 23-24 maggio 1964), per il 1951 e il 1961.                        

Chiaramente il metodo marxista utilizzato da Cinanni per affrontare la problematica dell’immigrazione e dei flussi di popolazione rimane di attualità anche se oggi prende delle forme diverse, l’Italia diventando con difficoltà un paese di accoglienza. Vedi, ad esempio, il mio saggio intitolato « L’Italia alle prese con le migrazioni moderne » nella Categoria Migrazioni del sito http://rivincitasociale.altervista.org

6 ) Lo « sciopero a rovescio » e le « passeggiate dimostrative ».

Cinanni prendeva sponda sulla Costituzione e sulla forza del Partito comunista italiano, allora primo in Occidente con il PCF per numeri di aderenti e per riputazione, e sulle esperienze vissute quotidianamente nel Sud – es. San Giovanni in Fiore, Melissa ecc. A queste si aggiunge la memoria delle prime occupazioni delle terre nel secondo decennio del XX secolo. Furono così proposti lo « sciopero a rovescio » e le « passeggiate dimostrative », cioè forme di disobbedienza civile di massa legalmente motivate e adatte alla mobilizzazione dei gruppi non organizzati, tali i piccoli contadini.

Questo prenderà, ad esempio la forme delle occupazioni pacifiche di terre espropriate dai privati, oppure quella del blocco dimostrativo delle strade e superstrade. Oggi ancora a San Giovanni in Fiore si rimane attaccati e convinti della giustezza di queste tattiche, cosa indubitabile in se, ma senza sempre prendere il tempo per adattarle al nuovo contesto socio-economico e legale – ad esempio, il tentativo di travolgere i diritti costituzionali, sopratutto in materia di diritti individuali e sociali con il pretesto della lotta al terrorismo, lotta in gran parte inventata dai stessi dirigenti atlantici nel quadro della guerra preventiva, guerra strettamente illegale secondo il diritto internazionale. Ultimamente, con i vergognosi quanto inutili decreti Minniti si ritorna, secondo me e tanti altri, addirittura al Codice Rocco, in violazione frontale della Costituzione italiana, del diritto e dei costumi europei.

Oggi come ieri lo spirito è lo stesso: prendere appoggio sulla Costituzione scritta in gran parte, almeno per quello che riguarda i suoi principi cardini, dai Comunisti e dai Resistenti italiani in concordanza con la Dichiarazione Universale dei Diritti Individuali e Sociali della Persona Umana.

Paolo De Marco,

Copyright © La Commune Inc, 17 luglio 2017

NOTE:

1 ) « San Giovanni in Fiore: fatica allu scuordu, ammucciàti Comune e Regione » By Emiliano Morrone, 3 giugno 2017 https://www.emilianomorrone.it/san-giovanni-fiore-fatiga-allu-scuordu-ammucciati-comune-regione/   

2 ) Vedi la mia Introduzione metodologica e il mio Compendio di Economia Politica Marxista entrambi accessibili nella Sezione Livres-Books del mio sito www.la-commune-paraclet.com

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