I dati sul Jobs act e la precarietà generalizzata.

Posted: 21st Marzo 2016 by rivincitasociale in Lavoro, Politica
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Gutgeld, il consigliere israelo-americano-italiano di Renzi, chiedeva : che differenza c’è tra un contratto a tempo determinato e uno a tempo indeterminato ma con licenziamenti più facili? (vedi critica nella sezione Critiques de livres/Book reviews di www.la-commune-paraclet.com ) Già, che differenza c’è? Il Jobs act è uno strumento ideato al tavolino per strutturare la precarietà generalizzata e avviare la società della nuova schiavitù e della nuova domesticità..

Non c’è dubbio che sia un clamoroso fallimento. Servì principalmente a trasferire ingenti somme di denaro pubblico alle imprese. All’immagine delle vecchie devalutazioni della Lira, i risultati furono negativi in particolare in termini di ricerca di produttività reale normalmente ottenuta via la crescita dell’intensità tecnologica-organizzativa riflettuta nel costo di produzione. A questa ricerca virtuosa venne invece sostituita la deflazione salariale tramite la flessibilità al ribasso del costo del lavoro.

Furono perciò sostituiti agli impieghi semplici contratti sovvenzionati tra 4000 a 8000 euro l’uno con l’aggravante del licenziamento a gogò. Una persona può così essere oggetto di più contratti. 

I contratti a termine indeterminato – ma con licenziamento facilitato – dovuti specificamente al Jobs act sono pochissimi. Il Jobs act non ha solo reso precario il vecchio contratto a tempo indeterminato, ha paradossalmente aumentato i lavori precari come dimostrato dalla crescita esponenziale dei voucher (equivalente a 57 000 impieghi a tempo pieno.) Peggio ancora, la diminuzione programmata dei contributi sta provocando un collasso dei contratti Jobs act.

Il peggiore aspetto del Jobs act rimane l’impianto generale nel quale venne iscritto, almeno in teoria perché questo impianto non è ancora interamente attuato. Questo impianto concerna ad esempio la NASPI, la DIS-COLL, l’ASDI, il SIA e la ANPAL – Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (v.  http://www.ilpost.it/2015/10/09/come-cambiano-le-politiche-attive-con-il-jobs-act )

Ora la SIA rimane tutt’ora un ddl e non ci sono veri studi sull’esperienza anteriore della cosiddetta Social card, mentre il mostruoso buco nero della ANPAL, ancora da attuare, si allarga. I centri di inserimento attuali non producono risultati, nemmeno al margine. Perciò, la ANPAL farà difficilmente meglio se non altro perché la fiscalità generale, vittima anche essa della precarietà, non segue. In modo che i nostri dirigenti hanno già ammesso de facto il fallimento di questo pessimo ordinamento e cominciano a parlare di « reddito cittadino » valutato attorno a 320 euro al mese (sic!) secondo il ministro Poletti, ma un reddito cittadino sottomesso a condizioni di mezzi e a obbligo di lavoro senza scelta personale. (Vedi l’articolo  GRILLO, IL M5S E IL REDDITO UNIVERSALE DI SCHIAVITÙ 17th maggio 2015 by rivincitasociale in Politica . ) 

Vedi:

1) Renzi :“Jobs Act, basta bufale. Ho creato lavoro” Il premier: “Ue segua linea Italia sicurezza-cultura” http://www.repubblica.it/politica/2016/03/19/news/terrorismo_renzi_ue_segua_linea_italia_su_sicurezza-cultura-135842924/?ref=HREC1-5

2) La verità, vi prego, sul Jobs Act

http://stagliano.blogautore.repubblica.it/2016/03/21/la-verita-vi-prego-sul-jobs-act/?ref=HROBA-1(L’articolo cita il dettagliato chiarimento di Marta Fana. Citazione : « … il 40% dei nuovi contratti a tempo indeterminato è dovuto agli incentivi e soltanto il 5% al Jobs Act)

3) L’effetto del taglio degli sgravi: nuovi tempi indeterminati -39,5% a gennaio

Nel primo mese dell’anno le assunzioni stabili sono state 107mila, in netto calo rispetto al gennaio 2015 quando partirono le decontribuzioni a pieno regime. Peggiora, pur restando in positivo, anche il saldo mensile tra attivazioni e cessazioni di contratti indeterminati: 38mila nel 2016, erano 90mila nel 2015, 16 marzo 2016 http://www.repubblica.it/economia/2016/03/16/news/l_effetto_del_taglio_degli_sgravi_tempi_indeterminati_-39_5_a_gennaio-135605644/?ref=HREC1-11 (Citazione: « Ma gli addetti ai lavori sono preoccupati dal boom dei voucher, i buoni da 10 euro nominali (7,5 euro netti) che ricompensano un’ora di lavoro. Uno strumento modificato prima dalla Fornero e poi dal Jobs Act, liberalizzato di fatto e ammesso in ogni settore economico. Gli unici limiti esistenti sono l’ammontare complessivo che un lavoratore può incassare in voucher (7mila euro netti all’anno) e quello da parte di un singolo committente (2.020 euro). Ebbene, nel 2015 ne sono stati staccati quasi 115milioni, il 66% in più dell’anno prima, con punte di crescita al Sud (+76%) e nelle Isole (+85,2%). Se ogni voucher corrispondesse a un’ora di lavoro prestato, sarebbero 57mila posti di lavoro a tempo pieno. »)

 

Paolo De Marco, 2016-03-21

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