Commenti disabilitati su Debito pubblico e sciocchezze marginaliste : Il caso italiano, 3 Marzo 2017.

La sconfitta dei filosemiti nietzschiani alle mani dell’Alleanza di classe anti-Nazifascista non è poi così lontana; preme ricordare che questa sconfitta è sancita nella lettera e lo spirito delle nostre Costituzioni europee, nate dalla Resistenza.

Indice

1 ) L’assurdità falsificatrice del sentiero di consolidazione fiscale.

2 ) L’assurdità marginalista in materia di profitto, interesse e interesse speculativo.

1 ) L’assurdità falsificatrice del sentiero di consolidazione fiscale

La teoria rannicchiata dentro le sciocchezze del sentiero di consolidazione fiscale non ha più niente a che vedere con le azioni contro-cicliche keynesiane oppure con quelle dello Stato sociale. Si tratta di una sciocchezza squisitamente neoliberale monetarista. Fa astrazione di tutte le strutture sotto-giacenti – regime finanziario e commerciale internazionale, regime finanziario domestico ecc. Ha occhi solo per la questione del rimborso prioritario del debito pubblico senza pero mai proferire una semplice parola sulle sue origini.

Il paradigma di referenza è diventato quello che il FMI appoggiato dai Clubs di Parigi e di Londra mise in opera contro i paesi africani e sud-americani negli anni 80 e 90. Tutto deve essere sacrificato per rimborsare il debito pubblico invece di tentare realmente di abbassarlo. Il costo del finanziamento del debito pubblico sovra-determina tutto il resto. Così si spiega l’importanza presa dal concetto di avanzo primario, cioè le entrate fiscali disponibili al netto del costo di finanziamento del debito pubblico. Questo nel quadro di uno equilibrio economico abbandonato alla meta-magia della « mano invisibile » in un contesto globale liberalizzato. Se la crescita è anemica e l’avanzo primario decrescente l’insostenibile assurdità del sentiero si svela. Nonostante il coro di epigoni o di ventriloqui di regime sovra-rappresentati e sovra-pagati … aux frais de la princesse. (Vedi https://www.youtube.com/watch?v=6gRP12BHw8E )

In Ottobre 2014, il sistema di contabilità nazionale fu modificato in modo da aggiungere da 3 % a 3,5 % al PIL includendo una valutazione dell’evasione fiscale, della prostituzione, del traffico di droga, della R&S come pure di una parte delle spese per gli armamenti. Perciò, quando si fa valere una crescita anemica di 0,7% oppure di 1 virgola qualche cosa, in realtà abbiamo a che fare con una disastrosa crescita negativa.

Questo è fondamentale visto l’ideologia dell’austerità così bene riassunta nel concetto di sentiero di consolidazione fiscale con le riforme regressive che ne derivano. Ben intenso, anche se non si tenesse conto di questa falsificazione nella presentazione del PIL, sarebbe comunque chiaro che il sentiero di consolidazione fiscale ha sbattuto contro un muro già da qualche tempo. Purtroppo questo destino fatale fu abilmente mascherato con altre belle invenzioni neoliberali europee. Queste servono a dare un poco di corda ai dirigenti – servi degli 1 % e 10 % al vertice della piramide socioeconomica – per impiccare più facilmente i proletariati ed i popoli. Questi impararono subito a darsi un margine di bilancio grazie all’output gap, al deficit strutturale, alle circostanze eccezionali e via discorrendo. In breve, finché i dirigenti applicheranno le riforme neoliberali, la UE rimarrà sufficientemente flessibile per evitare di imporre le penalità mentre i dirigenti saranno pronto a tirare il sangue del loro popolo rispettivo col pretesto di scansarsi queste penalità di 0,2 % del PIL … Come si vede tutto è perfettamente logico.

Ma si tratta qui della logica iper-federalista e spinelliana dell’Europa del capitale. Un’altra Europa è possibile sotto forma di una confederazione europea ancor conosciuta come processo di integrazione intergovernativa degli Stati Nazioni membri impegnati in modo cooperativo in favore dell’Europa sociale per mezzo della democratizzazione del Parlamento di Strasburgo e del meccanismo democratico dell’opting out. Questo meccanismo conferisce sempre l’ultima parola alle elettrici ed agli elettori permettendo così ai Stati membri di progredire al loro proprio ritmo. L’emulazione farebbe il resto sulla base delle esperienze comunitarie o nazionali più riuscite.

In realtà, nello stato attuale, queste penalità di bilancio sarebbero facilmente riassorbibili da un governo intenzionato a riprendersi la propria autonomia socioeconomica e finanziare. Per l’Italia questo 0,2% rappresenta più o meno 3,5 miliardi di euro. (Scrivano tutti 3,4 nel tentativo di apparire precisi …!) Questa somme derisoria deve essere paragonata con le decine di miliardi di euro messe a disposizione senza il minimo battito di ciglia per salvare – una volta ancora – le banche private della Penisola. E di notorietà pubblica che questi detengono oltre 380 miliardi di credito in sofferenza senza parlare degli altri miliardi a rischio.

Va sottolineato che il cosiddetto Patto di stabilità (e di crescita) non ha ottenuto l’unanimità all’interno della UE; di conseguenza, si applica solo per la volontà dei dirigenti dei Stati membri. In Italia, i dirigenti, veri servi in camera, hanno preceduto la UE sacralizzando l’austerità nell’Articolo 81 della Costituzione con un solo e unico obbiettivo, cioè quello di legare preventivamente le mani di un governo scaturito da una eventuale autentica alternanza politica. Prima ancora ci fu l’incontro dei dirigenti italiani, tra i quali Draghi, sul Britannia, incontro seguito dal famigerato Patto sociale del 1992, vera svolta neoliberale monetarista del « nostro » Paese. La Francia di Hollande dovette rassegnarsi ad una legge organica per vietare una gravissima ribellione popolare.

Si deve ancora aggiungere il truccaggio tipico della public policy monetarista conosciuto sotto il nome di tax expenditures, ovvero spese fiscali. Queste sono stimate attorno a 300 miliardi e più per i grandi paesi europei. Una volta conferite, queste spese fiscali spariscono graziosamente dei radar del bilancio in modo che il budget dello Stato appare sempre artificialmente negativo oppure in equilibrio precario, giustificando così la continuazione e l’inasprimento delle politiche di austerità.

Secondo l’Istat, per l’Italia la situazione si presenta grosso modo così:

Crescita del PIL: 0,9% 2016 0,8% nel 2015

Disavanzo di bilancio: – 2,4 % del PIL – 2,7 % nel 2015

Debito: 2,217,695 milioni 132,6 % 2,171, 670 milioni 132,2 %

Prestiti netti: – 40,708 milioni – 42,931 milioni

Avanzo primario: 1,5 % 1,4 %

Cambiamento di contabilità almeno : + 3.5 % di crescita del PIL (questo cambiamento entro in vigore nell’Ottobre 2014 in Italia.)

Secondo la UE, per il 2017, il disavanzo di bilancio raggiungerà 2,4 % del PIL contro 2,3 % nel 2016 e il debito pubblico raggiungerà 133,3 % del PIL. Da notare ancora una volta l’imprecisione artistica delle statistiche utilizzata dagli uni e gli altri ma sempre confezionate secondo le ricette marginaliste … Alle questione: « Al momento il duello tra Roma e Bruxelles è sullo 0,2% di disavanzo. Lei con chi sta? » Antonio Tajani, il presidente dell’Europarlamento rispose: « Bisogna che entrambi si vengano incontro. Non ci si può impegnare a fare un bilancio in cui prometti l’1,8% di deficit e poi ti presenti col 2,4%. Non sta né in cielo né in terra. È una questione di credibilità. Poteva essere il 2% per il terremoto, non di più. Certo che a Bruxelles devono rendersi conto di quanto è successo: ci sono state ventimila scosse di terremoto, da agosto a oggi. » Nei cerchi europei ripresi da giornali come www.repubblica.it si sottolinea che l’Italia godette di 26 miliardi di margine – 19 + 7 – sin dal 2016. (1)

Si vede subito il fallimento del cosiddetto « sentiero di consolidazione fiscale ». Il disavanzo di bilancio viene mascherato dall’impatto dell’avanzo primario, il quale è sopratutto dovuto ai tagli lineari nei programmi sociali, sopratutto pubblici, ed alle disastrose privatizzazioni. Queste ultime indeboliscono ancora la coerenza socio-economica delle Formazioni sociali. Per servizi come le Poste, queste privatizzazioni contribuiscono a spopolare l’hinterland dei nostro Paese. Il oltre l’avanzo primario, orgoglio dei nostri servi in camera nazionali, passò dal 3,5 % del PIL in 2007 a 2,5 % nel 2012 al 1,5 % nel 2016.

In questo modo lamentabile ed ideologico, l’Italia ha sacrificato la gran parte dei suoi « campioni nazionali », in un Paese composto da 90 % di imprese con 10 lavoratori o meno ed un tessuto industriale laminato per oltre il 25 % sin dalla crisi economica-finanziaria iniziata nel 2007-2008. Le « garage sales » ovvero le svendite continuino in nome della logica dell’avanzo primario oggi dipendente dalla « spending review ». Perciò non stupisce il fatto che il debito continua ad aumentare mentre dovrebbe invece abbassarsi di uno ventesimo ogni anno fine a raggiungere 60 % del PIL come stabilito dal Criterio di Maastricht. Similarmente, come sottolineato dalla Commissione Europea per gli Affari Economici e Finanziari, il disavanzo di bilancio dovrebbe ugualmente abbassarsi in tendenza triennale del 0,5% ogni anno. (1)

La verità è che l’Italia è diventata il laboratorio della regressione socioeconomica della zona euro e della dilapidazione dei fondi pubblici in uno Stato iper-corrotto e incompetente a tutti i livelli, incluso la magistratura, il governo ed i ministeri. Non mancano neanche più le intimidazioni mafiose-poliziesche dei dissidenti meglio informati benché rispettosi della legalità. Di conseguenza, come già detto, l’Italia gode già di una trentina di miliardi di euro di margine a vari titoli, disavanzo di bilancio strutturale, eventi eccezionali ecc.

A parte le sceneggiate drammatiche per il beneficio delle masse popolari da mantenere convinte e subordinate, è ovvio che la Commissione europea non impone nessuna penalità. Al contrario, come in Grecia, con finta riluttanza, si mostra sempre pronte a dare un poco di corda supplementare, almeno finché i governi neoliberali di domestici di casa continuano a fare quello che si aspetta di loro, cioè ad implementare le regressive riforme filosemite nietzschiane.

Oggi in Italia assistiamo ad una grottesca farsa tramite la quale tutta l’attenzione mediatica viene spostata esclusivamente sopra una correzione di bilancio di 3,5 miliardi di euro, cioè pressapoco il peso della penalità potenziale. Come in Grecia, questa farsa continuerà finché tutto quello che rimane da privatizzare non sarà privatizzato. Dei Gutgeld and Co, comunque definitivamente scomunicati dal risultato del referendum del 4 dicembre 2016 che seppellì il loro progetto criminale di modifica della Costituzione, hanno già immaginato di privatizzare il patrimonio artistico e archeologico del Paese. Notiamo che viene comunemente stimato ad 1/3 del patrimonio artistico mondiale. La gestione di questo ricco patrimonio, ad esempio quella del Colosseo, è già in gran parte privatizzata. Quelli che detengono trilioni di dollari sotto forma di « liquidità », oppure di Rolli di carta Kerouac secondo la mia metafora, non sono poi così stupidi: imitano gli antichi banchieri del Medio-Evo quando comprovano preventivamente dei titoli di nobiltà – de robe – prima di dovere essere trattati come dei volgari usurari …

Tutto questo avviene nel quadro di una laboriosa dilapidazione dei fondi pubblici. Anche qui, all’immagine dell’austerità iscritta nell’Articolo 81 della Costituzione italiana, la demagogia in vigore consiste nel mascherare questo furto permanente delle ricchezze nazionali, trasformando la UE in un conveniente capro espiatore in connivenza con tutti gli altri dirigenti neoliberali europei attuali. Si può così perseverare con le riforme ingannano i popoli, almeno finché non inclinano al populismo per mancanza di unareale alternativa di sinistra. Sottolineo che, al contrario del casareccio Patto sociale del 1992, secondo il Trattato di Maastricht le imprese pubbliche, nel senso di imprese statali, rimangono entità legali (Art. F, 3, 3b); questo fu una concessione obbligatoria della UE al governo socialista di F. Mitterrand. Similarmente, il trattato di Lisbona, da non confondere con una costituzione europea, dichiara che gli affari sociali – pensioni, ammortizzatori, ecc – sono una competenza nazionale esclusiva. Aggiungo che l’Articolo 47 della Costituzione italiana da la tutela del credito (vedi sotto) allo Stato italiano. Le questioni cruciali del paradigma dominante e della volontà politica dei Stati membri non possono essere eluse criticando la UE, benché l’Europa del capitale va criticata in quanto tale.

Il disastroso Jobs Act costò 18 miliardi di euro nel 2015 e indusse una precarietà dilagante con il ricorso massiccio ai voucher ed al lavoro nero; il bonus di 80 euro in busta paga renzi-gutgeldiano concerna i lavoratori dipendenti, escludendo così i redditi più bassi e le pensioni per un costo annuo di 10 miliardi; questo bonus mirava al bacino elettorale del partito di governo, bacino comunque laminato dalle privatizzazioni e dall’erosione dell’impiego nella Pubblica Amministrazione. Le tasse sul capitale furono ugualmente abbassate – ires, irap ecc. – mentre le tax expenditures in Italia, ovvero le spese fiscali, ammontano a più di 330-340 miliardi di euro annui. In tali condizioni, questo esercizio correttivo del bilancio nazionale non è altro che una sinistra farsa neoliberale monetarista che mira ad assoggettare i popoli sovrani ad una nuova e apolide « global private governance »

Prendo l’opportunità per sottolineare che la Riduzione del Tempo di Lavoro (RTT in francese) costò attorno a 23 miliardi annui creando più di 350 000 impieghi a tempo-pieno. Questi permisero di risanare i contributi sociali in busta paga, dunque i programmi sociali pubblici, consolidando allo stesso tempo la base fiscale. Il tasso di disoccupazione ufficiale calò di oltre il 10 % a meno di 8 %; il deficit del sistema di previdenza-assistenza o Sécurité Sociale fu quasi del tutto eliminato; le nuove ricette fiscali permisero di abbassare il debito pubblico a 59 % del PIL, cioè un punto percentuale in meno del Criterio di Maastricht. In oltre, le 35 ore settimanali legali erano accompagnate da 4 ore di lavoro supplementare, dunque pagate di più, dando così luogo all’emergenza spontanea di una nuova sociologia del divertimento. Tutto questo in meno di 2 anni. Nel 2004, per una settimana di lavoro legale di 60 ore, la durata effettiva del lavoro era di 33.8 ore nei Stati-Uniti per un salario minimo orario di $ 5,15 ma spesso con due o tre impieghi precari ( o « shitty jobs » secondo la nuova denominazione.) Si capisce senza sforzo che l’alternativa sta tra la condivisione cittadina del lavoro socialmente disponibile tra tutte/i le lavoratrici e i lavoratori atti a lavorare e la spartizione della povertà tra le classi laboriose di nuovo considerate dal 1 % e10 % al vertice come « classi pericolose ».

Il cambiamento della contabilità nazionale mostra bene tutta la falsità attorno alla legge di bilancio attuale anche facendo astrazione del fatto che i numeri del PIL marginalista non sanno nemmeno fare la differenza tra economia reale e economia speculativa, in modo che lo sovra-sviluppo esuberante del settore finanziario ne provoca l’inflazione statistica. Oramai questo settore raggiunge il 8 % o il 9 % del PIL nei Stati-Uniti o in Svizzera, gli altri paesi seguendo da vicino. Le equazioni costruite su questa base, ad esempio quelle di Rogoff et al., e quelle falsamente critiche di Blanchard – le sue non erano semplici errori di calcolo ma bensì questione di paradigma – sono totalmente sciocche. Ne do per prova il clamoroso fallimento delle loro analisi e proiezioni malgrado il taciuto cambiamento preventivo della contabilità nazionale!

Ovviamente non si tratta qui solamente di una questione di sciocchezze alla Bob Barro – equivalenza ricardiana – benché tutti i numeri disponibili dimostrano l’importanza cruciale delle spese pubbliche, almeno quelle destinate al settore pubblico invece del settore privato. Detto questo, l’enorme differenza tra moltiplicatore settoriale e moltiplicatore generico non racconta tutta la storia. In effetti, si deve ancora tener conto da un lato dei circuiti del capitale – nazionalizzazione della banca centrale, separazione delle banche di depositi e di investimenti, istituzionalizzazione di una parte del risparmio, ad esempio le pensioni ecc . -, e da l’altro lato, dell’estroversione della Formazione Sociale per mezzo del libero-scambio e della sua debilitante attuale definizione dell’anti-dumping sancita dall’OMC.

Questa definizione sopprima ogni referenza ai diritti del mondo del lavoro, anche i diritti minimi definiti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Sopprime pure ogni referenza ai criteri ambientali minimi ed al principio di precauzione. Induce così una corsa concorrenziale globale verso il basso sulla base della confusione del costo di produzione con il semplice costo del lavoro, cioè in astrazione dei contributi sociali e delle tasse sulla busta paga lorda. Ben inteso questo diventa rapidamente insostenibile. In particolare, la specie umana essendo fondata sulla riproduzione sessuale, il costo del lavoro equiparato al salario capitaliste individuale fa totalmente astrazione del fatto che la riproduzione della forza di lavoro avviene nei focolari. Questa regressione verso il salario individuale distrugge dunque i legami sociali di base inducendo al stesso tempo una spirale socio-economica verso il basso.

La deflazione salariale imposta dal sentiero di consolidazione fiscale, dunque dall’austerità neoliberale monetarista, e dall’attuale definizione dell’anti-dumping, distrugge la domanda sociale interna. La diminuzione, e sopratutto la ridefinizione a favore del settore privato, delle spese pubbliche distruggono la crescita in un contesto nel quale troppi ciarlatani parlano di spesa pubblica senza mai menzionarne le sue forme specifiche. Si mescola così meli e aranci.

L’alternativa non sta nella nella sciocca distinzione, infra corso di introduzione alla logica, tra l’impatto dei tagli nelle spese pubbliche e quello dei tagli delle tasse. Sappiamo, ad esempio, che le disastrose misure ad hoc del Presidente Hoover, campione del « rugged individualism », costarono molto di più di quelle legate alla Social Security americana di F. D. Roosevelt, il che dimostra l’importanza cruciale dei circuiti del capitale. Altrimenti si pensa con i piedi senza neanche potere dare ragione a quel grande autore francese che ci vedeva almeno un livello ugualitario tra tutti gli uomini …

La ricetta di Chicago Boys che privilegia l’esportazione in modo da rimborsare in priorità il debito pubblico è anch’essa una idea degna degli attuali economisti mainstream, dei volgari ciarlatani tra i quali molti ignorano che la loro teoria fu il frutto di una falsificazione originale concepita in quanto tale. Rimando qui gli eventuali scettici alla mia Introduzione metodologica ed al mio Compendio di Economia Politica Marxista, entrambi liberamente accessibili nella Sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com . In Italia, ed in alcuni altri paesi, il ridotto saldo positivo della bilancia commerciale è sopratutto dovuto al calo dell’importazione – dei beni di consumo produttivo e dei focolari.

In oltre, dato che tutti i paesi adottano la medesima strategia simultaneamente, la posizione relativa degli uni e degli altri cambia poco se non per mezzo della barbarie differenziale del ricorso alla deflazione salariale. In fine, la produttività microeconomica reale non risulta dalla deflazione salariale e dai tagli nella R&S pubblica; non risulta neanche dal sacrificare la competitività macroeconomica, cioè come risulta dai tagli lineari nella parte della « sovrappiù sociale » che lo Stato sociale o keynesiano aveva trasferita al « reddito globale netto » dei focolari. Sappiamo che sin dagli anni 80 tra 8 % e 10 % del PIL fu trasferito dai salari ai profitti senza nessuna controparte per il mondo del lavoro, eccetto la generalizzazione della precarietà e la pauperizzazione crescente. Rimando ancora una volta al mio Compendio citato qui sopra.

2 ) L’Assurdità marginalista in materia di profitto, interesse e interesse speculativo.

Ho già criticato altrove i parametri della teoria marginalista. Non dispone di una funzione di produzione o di uno equilibrio dinamico scientifici. In oltre, è incapace di fornire dati simultaneamente in quantità ed in prezzi. La sua teoria della moneta non è organica, viene trattata come un semplice mercato aggiunto poi integrato nel « mercato dei mercati » con tutti i problemi conosciuti che ne risultano. Rimanda ad esempio alla mia critica definitiva del marginalismo in tutte le sue varianti nella bozza intitolata « HI HA! LE ASINATE VISUALI ALLUCINATORIE DEGLI ECONOMISTI BORGHESI. Ciò che non è scientifico non è marxista, e viceversa. » liberamente accessibile nella Sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com .

In riassunto di tutte queste sciocchezze va ricordato che per tutte le teorie marginaliste non solo la speculazione non esiste, se non in modo brevemente transitorio, – è una impossibilita ontologica e metodologica del paradigma – visto che il mercato ristabilirebbe fatalmente l’equilibrio. La questione diventa ancora peggiore con la cosiddetta teoria dei « mercati efficienti ». Ricorderete che poco prima della crisi dei New Techs, i marginalisti attuali pensavano ingenuamente avere scoperto il Santo Graal decretando la fine dei cicli economici inaugurata dalla loro New Economy. Alcuni anni prima, i loro predecessori avevano semplicemente decretato la « fine della Storia ». Era allora la mania in voga tra questi in seguito al collasso del Blocco sovietico.

Similarmente, sopratutto dopo i contributi falsificatori cucinati ad arte da Irving Fisher, degno discepolo di Böhm-Bawerk – income flows ecc . – i marginalisti non sanno fare la differenza tra interesse e profitto, tra interesse classico e interesse speculativo e dunque tra economia reale e economia speculativa. Quando i fatti gli impongono farlo, escono semplicemente fuori delle loro teorie senza nemmeno accorgersene ricorrendo al meglio a quello che il grande epistemologo Koyré chiamo « empirismo baconiano ».

Estirpandoci fuori da questa gabbia ideologica otteniamo questo: la moneta non è il credito e l’investimento non è il risparmio. La moneta – grosso modo l’aggregato monetario M1 – è un riflesso sotto forma di numerario della massa salariale – reale e sociale. Al contrario, il credito è una moneta scritturale la quale dipende per parte sua dal ratio prudenziale secondo l’evoluzione storica del sistema bancario – ad esempio, prima o dopo l’abrogazione del Glass Steagall Act e dei suoi equivalenti fuori dei Stati-Uniti. Questa abrogazione portò all’egemonia del capitale speculativo, evoluzione notabilmente trainata dall’emergenza della cosiddetta « banca universale » (vedi « Uscire dall’euro non serve, serve mettere fine all’egemonia della cosiddetta banca universale » in Download Now, Sezione Libres-Books stesso sito)

Il risparmio è un consumo differito nel tempo. Senza esso la Riproduzione Allargata o equilibrio dinamico non sarebbe possibile semplicemente perché si deve risparmiare per comprare una automobile o un altro tipo di bene durevole, mentre il salario netto basta per comprare il pane e gli altri componenti del paniere di consumo quotidiano. Ben inteso, può esistere un risparmio istituzionalizzato, nei migliori dei casi pubblicamente, ad esempio le pensioni, TFR, ammortizzatori sociali ed altri. Si pone allora la questione pertinente all’organizzazione dei programmi per ripartizione oppure contributori, comunque sempre forme di organizzazione del salario differito, troppo spesso confuso ad arte con un accordo inter-generazionale.

In questo caso, grazie al sfasare attuariale, il risparmio istituzionalizzato può giocare un ruolo di accumulazione del capitale e dunque di investimento sopratutto pubblico. R. Meidner ne aveva perciò fatto la base dei suoi innovativi e temuti Fondi operai. Questo sfasare non è senza effetto sopra la dinamica degli investimenti ma concerna sopratutto le pensioni; almeno quando non sono già del tutto privatizzate e giocate in borsa.

In ultima istanza, questo rimane nel quadro della Riproduzione Semplice – i.e. RS o Equilibrio stazionario – oppure nel quadro di uno equilibrio dinamico o Riproduzione Allargata (RA) che modificherà la struttura intersettoriale della Riproduzione. Questo è visibile quasi ad occhi nudi riportandoci alle Equazioni di base della RS-RA, ad esempio nel mio Compendio già citato. Sapiamo che questa struttura può essere riassunta nelle interazioni tra il Settore I dei Mezzi di produzione (Mp) ed il Settore II dei Mezzi di consumo (Cn). Questi due settori fondamentali rinviano precisamente alla struttura della funzione di produzione microeconomica, cioè c + v + pv = M, dove « c » è il capitale costante (Mp) e « v » il capitale variabile (Cn), « pv » essendo la sovrappiù e « M » il prodotto del processo di produzione immediato.

L’esempio tipico essendo il piano quinquennale sovietico messo in opera di pari passo con la collettivizzazione delle terre. L’Unione Sovietica avendo ancora accesso al Sistema Finanziare Europeo decise estrarre dei surplus agricoli in modo da ottenere le valute straniere necessarie per comprare le macchine e le tecnologie necessarie al rapido decollo industriale della patria del socialismo. Per attenuare le possibili ristrettezze esercitate sulle campagne questa politica includeva la collettivizzazione delle terre in modo da permettere la rapida generalizzazione dell’impiego delle macchine agricole simultaneamente con la propagazione di una nuova organizzazione sociale solidale della produzione nelle campagne, nel quadro dell’alleanza tra operai e contadini.

L’investimento in quanto tale – cioè il credito – è creato dalle banche pubbliche o private. Per il privato questo avviene secondo il ratio prudenziale in vigore. Prima dell’abrogazione della regolamentazione bancaria – crimine dovuto a dei Tirole and Co – vedi il libro di Tirole et al. del 1993 intitolato The prudential regulation of banks … – il legame tra creazione di moneta scritturale – tramite il ratio – e l’economia reale avveniva grazie alla connessione intima tra ratio prudenziale e profitto. Se, per ipotesi, si assume un ratio invariabile, la crescita o la decrescita dei profitti produce l’espansione o la contrattazione del credito.

Si sottolinea comunque che i cicli economici (trade cycles ) si impongono per una semplice e buona ragione, cioè l’impatto dell’allocazione dei crediti secondo la logica della « mano invisibile » e dell’ottimizzazione del profitto privato. Questa logica fa si che gli investimenti non sono razionali dal punto di vista dell’equilibrio dinamico – Equazioni della RA – e seguono in modo gregario la speculazione settoriale. Invariabilmente ne risulta uno squilibrio intersettoriale. La « mano invisibile » non è niente altro che una incantazione magica utilizzata per mascherare l’accaparramento borghese dei profitti. Questo viene effettuato per mezzo dell’allocazione macroeconomica delle risorse disponibili per il solo beneficio dei possessori dei Mezzi di produzione. Ne segue che il sovra-investimento in uno settore produce fatalmente un disequilibrio negli altri settori e da questo scaturiscono le crisi congiunturali a volta mediate dal commercio estero e dunque dai disequilibri esterni.

Aggiungiamo che il profitto e l’interesse classico – bancario, finanziario – non sono la stessa e identica cosa. Il secondo viene dedotto dal primo ma l’inverso non è vero. Sono categorie distinte, non delle categorie opposte. L’interesse speculativo per parte sua mette in causa il settore finanziario oggi interamente autonomo rispetto all’industria ed ai servizi classici pubblici e privati ad essa legati. Con questa autonomia, questo settore si pone dunque come un settore economico a parte intera, capace di estrarre quello che viene ormai presentato come un profitto e non più come uno interesse.

Risulta che la sua « produttività » più grande – in effetti, necessita meno capitale fisso ecc . – influenzerà, fagocitandola, la produttività e dunque i profitti di tutto il resto dell’economia. Sovra-determinerà così tutta la struttura dei prezzi. Abbiamo qui la base della logica perversa del Roe, oppure ancora quella dei derivati finanzieri.

Sottolineiamo ancora una volta che per parte sua l’interesse classico viene dedotto dal profitto. Il capitale bancario partecipa agli investimenti del capitale produttivo supplendo al tasso di autofinanziamento. La liquefazione dei fattori di produzione assieme alla mobilita del capitale porta ad una convergenza dei rendimenti di tutti i tipi di capitale. Ben inteso, non si può dedurre da qui una uguaglianza del tasso del profitto e dei tassi di interesse. Il rendimento del capitale bancario è funzione dei fondi propri moltiplicati dal ratio prudenziale ed influenzato dai tassi direttori stabiliti dalla banca centrale.

Oggi, questo settore speculativo conta per 9 % del PIL in Svizzera e nei Stati-Uniti. L’impatto è enorme. Sopratutto quello che viene perso è il legame necessario con l’economia reale – effetto di feedback auto-correttore parziale del capitalismo. Questo perché la banca centrale con i suoi QE ed altre liquidità opera come ratio prudenziale de facto. A questo punto si ottiene una creazione monetaria ex-nihilo puramente speculativa. Perciò ho potuto parlare di « credito senza collaterale » (Vedi la Sezione Economie Politique Internazionale/International Political Economy nel sito www.la-commune-paraclet.com ). In effetti, il capitale sotto forma di fondi propri delle grande banche dette « universali » sarebbe da tempo esaurito senza l’intervento della Banca centrale. Non di meno, senza questo salvataggio oramai permanente, le sofferenze bancarie si accumulano nei bilanci delle banche – vedi Grecia, Italia, Deutsch Bank ecc. Il sistema gira così a vuoto distruggendo inesorabilmente l’economia reale e la fiscalità pubblica. Ma in questo modo si aggrava anche il problema della non-simmetria settoriale nell’allocazione del credito capitalista, dunque le crisi, le quali da congiunturali diventano presto strutturali. Riportarsi per i dettagli al mio già citato Compendio di Economia Politica Marxista nella Sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com .

Di conseguenza, al minimo, si deve abolire il credito speculativo, reintrodurre il ruolo della banca centrale sul mercato primario e creare un polo finanziario pubblico. Questo rimane un’alternativa intra-sistema ma almeno ha il merito di scaturire da una sua comprensione scientifica.

Ad esempio, si può semplicemente prendere la parte dei diritti di signoreggio – oggi dilapidati dalla BCE e dalle sue banche membri – per creare un Fondo di capitalizzazione-nazionalizzazione. (Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Signoraggio ) Da notare qui che la questione del signoreggio da luogo a molte fantasie specialmente in Italia; questo è dovuto alle illusioni partorite dalla teoria monetaria marginalista ed alla gestione della Banca d’Italia e del Tesoro prima dell’entrata nella Eurozona. Il signoreggio in senso stretto riguarda il valore facciale della moneta metallica or carteggia rispetto al minore costo di produzione e di gestione. Questo è possibile perché lo Stato – o i signori in tempi più antichi – può decretare il corso legale della moneta. Per il resto riguarda la gestione capitalista della moneta e del credito, gestione che coinvolge il Tesoro, la Banca Centrale e le banche individuali – tassi di interesse, inflazione ecc., sulla base della fasulla teoria marginalista della moneta.

In un sistema socialista questi problemi spariscono visto che il credito sarebbe pubblico ed intimamente legato agli investimenti reali determinati dalle Equazioni della RS-RA, mentre lo Stato gestirebbe le masse monetarie reale e sociale necessarie. Il signoreggio sarebbe ridotto al costi di gestione, ai necessari fondi di riserva ed alla gestione dell’inflazione residuale. Questa fu da me denominata « inflazione civilizzata » nel mio Tous ensemble perché nasce dalla differenza tra massa salariale reale e massa salariale sociale. In situazione di quasi pieno-impiego, questa differenza risulterebbe unicamente dalla disoccupazione frizionale.

Questo fondo potrebbe ugualmente permettere la creazione di uno polo finanziario pubblico mettendo a disposizione i pochi miliardi necessari per i suoi fondi propri; altrimenti questi dovranno provenire dalla legge di bilancio. Questo polo pubblico, godendo di uno ratio prudenziale medio, comprerebbe e cancellerebbe semplicemente anno dopo anno il debito pubblico, librando così il margine di bilancio necessario per gli interventi socio-economici ed infrastrutturali dello Stato. Permetterebbe ugualmente finanziare le imprese strategiche e le infrastrutture pubbliche necessarie. Il sistema bancario sarebbe così poco a poco condotto ad una ri-normalizzazione senza nessun dramma.

In caso di problemi, il fallimento delle banche private – fallimento dovuto secondo la legge capitalista della concorrenza – darà luogo ad una ri-capitalizzazione per mezzo della nazionalizzazione. Sappiamo che questo costa di gran lungo meno caro – Northern Rock in GB, Hyppo in Germania ecc . – che i salvataggi speculativi attuali, contribuendo anche a purgare il sistema della sua disastrosa bolla speculativa. Con la nazionalizzazione si salverebbe i piccoli risparmiatori e l’economia reale, sacrificando i speculatori parassiti – Questi in ogni caso saranno già fuggiti nei paradisi fiscali e dovranno dunque fare l’oggetto di misure penali. Pero questa fuga non penalizzerebbe affatto il credito necessario per gli investimenti produttivi dato che i paesi in questione disporrebbero al minimo di un polo pubblico finanziare. Quando il credito è pubblico, l’accesso al credito speculativo mondiale importa poco; per contro si pongono il problema del controllo dell’inflazione e del tasso di scambio, cosa relativamente facile se la teoria marxista della moneta è correttamente concepita. Il caso dell’Argentina dei Kirchner è in parte illuminante; peccato che non furono prese le misure necessarie relative al controllo dell’inflazione.

Ovviamente questa alternativa non abolirebbe interamente le contraddizioni capitaliste dunque la dissimmetria intersettoriale nell’allocazione dei crediti. Per raggiungere questo obbiettivo, oltre il credito pubblico, si deve ancora disporre della Pianificazione, al minimo della pianificazione indicativa e incitativa, detta alla francese decenni fa.

Il problema del debito pubblico tal che trattato da tutti gli economisti borghesi e piccolo-borghesi, è unicamente uno strumento di subordinazione dei popoli. Tale verità era già ben conosciuta al tempo di Solone e prima di lui al tempo dei Sumeri. Ma quello che risulta essere molto più grave oggi è la subordinazione mentale di tutto questo grottesco mondo accademico che non sa nemmeno fare la differenza tra moneta, credito, interesse e interesse speculativo ecc., e dunque tra economia speculativa e economia reale. Un mondo dominato dai vari Cahuc and Co che calpestano allegramente la deontologia scientifica cercando in oltre a proteggersi sopprimendo politicamente la pluralità nella disciplina assieme ai necessari dibatti pubblici, rispettosi del diritto di risposta. (La grottesca oscenità intellettuale di questa censura può facilmente essere verificata, ad esempio qui: http://rivincitasociale.altervista.org/negation-de-mon-droit-de-reponse-odieuse-censure-philosemite-nietzscheenne-en-france-et-au-journal-le-monde/ )

Sottolineo che nessuno modello marginalista sa coniugare quantità e prezzi e dunque non possono avere nessuna teoria razionale della moneta; l’unica alternativa che li rimane è di concepire la moneta come nata da un mercato specifico impossibile ad integrare razionalmente nel « mercato dei mercati » in altre parole nell’equilibrio economico. La teoria marginalista è qui confrontata ancora una volta al suo problema letale di coerenza logica ex ante/post hoc. Questa contraddizione logica senza uscita che Böhm-Bawerk credeva, a torto, potere imputare a Marx, risulta al contrario inerente a tutte le teorie economiche borghesi cosa da me dimostrata in modo definitivo con la mia decostruzione della falsificazione originale conosciuta come « problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione » (Vedi a questo soggetto il mio Tous ensemble o ancor il mio già citato Compendio di Economia Politica Marxista.)

Sottolineo ancora una volta che per il marginalismo in tutte le sue varianti la speculazione non può esistere molto a lungo. Gli epigoni dell’efficienza del mercato pretendono in oltre che la speculazione accelera il meccanismo normale del mercato per raggiungere la giustezza dei prezzi – Hi-Ha!, secondo l’avvertimento del loro Gran Maestro Nietzsche nel suo Così parlava Zarathustra: i falsari finiscono quasi sempre nel credere nelle loro proprie falsificazioni scambiando pericolosamente le percezioni ideologicamente partorite con la realtà, distruggendo così i fondamenti della loro dominazione di classe e di casta.

Noto che con i suoi QE Bernanke voleva creare una iperinflazione per fare pagare il debito ai creditori cinesi e giapponesi dei Stati-Uniti. Creò invece un temibile « credit crunch ». Questo grottesco personaggio aveva fatto il suo Ph.D sopra la problematica dell’inflazione !!! Gli altri come Draghi non valgono meglio. Al contrario della sorte che mi fanno subire, io gli conferisco volentieri il diritto di risposta.

Paolo De Marco, ex-professore di Relazioni Internazionali – Economia Politica Internazionale.

Copyright © La Commune Inc, 3 mars 2017 (traduzione fine marzo 2017)

NOTE:

1 ) Ecco la nota della UE: Business News | Wed Nov 16, 2016 | 11:35am EST, Italy, five others at risk of breaking EU budget rules with 2017 draft budgets http://www.reuters.com/article/us-eurozone-budgets-idUSKBN13B19P

(see also https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-and-fiscal-policy-coordination/eu-economic-governance-monitoring-prevention-correction/stability-and-growth-pact/annual-draft-budgetary-plans-dbps-euro-area-countries/draft-budgetary-plans-2017_en )

Vedi pure: L’Ue minaccia l’Italia: “Manovra bis o restituite fondo flessibilità”. I tecnici avvertono la Commissione: deficit e debito fuori controllo http://quifinanza.it/soldi/lue-minaccia-litalia-manovra-bis-o-restituite-fondo-flessibilita/111434/?ref=virgilio

La Ue all’Italia: entro il 22 febbraio i primi provvedimenti o può scattare l’infrazione

Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (ansa) http://www.repubblica.it/economia/2017/02/11/news/la_ue_entro_il_22_febbraio_i_primi_provvedimenti_o_puo_scattare_l_infrazione-158044678/?ref=HREA-1

Citazione: « aprile per rientrare nei parametri su deficit e debito dopo avere beneficiato di 26 miliardi di flessibilità tra 2016 e 2017. » cioè 19 + 7 

Il pressing della Ue sull’Italia: “Manovra bis blindata o restituite il fondo di flessibilità” I tecnici avvertono la Commissione: deficit e debito fuori controllo, così salta la costruzione del bilancio italiano degli ultimi anni. dal nostro corrispondente ALBERTO D’ARGENIO http://www.repubblica.it/economia/2017/03/14/news/il_pressing_della_ue_sull_italia_manovra_bis_blindata_o_restituite_il_fondo_di_flessibilita_-160494098/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P3-S1.6-T1

Antonio Tajani: “Il governo ha sbagliato, con la flessibilità concessa dall’Ue ha fatto regali elettorali”

Il presidente dell’Europarlamento: “Non è vero che in Europa c’è un pregiudizio nei confronti dell’Italia. Io sono stato eletto, non imposto. Non c’è ostilità nei confronti del nostro Paese”

dalla nostra corrispondente TONIA MASTROBUONI 25 febbraio 2017 http://www.repubblica.it/economia/2017/02/25/news/antonio_tajani_il_governo_ha_sbagliato_con_la_flessibilita_concessa_dall_ue_ha_fatto_regali_elettorali_-159177142/?ref=HREC1-22

Al momento il duello tra Roma e Bruxelles è sullo 0,2% di disavanzo. Lei con chi sta?
“Bisogna che entrambi si vengano incontro. Non ci si può impegnare a fare un bilancio in cui prometti l’1,8% di deficit e poi ti presenti col 2,4%. Non sta né in cielo né in terra. È una questione di credibilità. Poteva essere il 2% per il terremoto, non di più. Certo che a Bruxelles devono rendersi conto di quanto è successo: ci sono state ventimila scosse di terremoto, da agosto a oggi”.

Comments are closed.