Commenti disabilitati su LA PSEUDO-SCIENZA ECONOMICA BORGHESE: Ecco perché dobbiamo cambiare paradigma al più presto

VEDI: http://cotroneinforma.org/wp-content/uploads/2017/12/133.pdf , pp 8-10 (dare il tempo necessario per il download)

Da notare, con le mie scuse, che la versione stampata, un poco più corta e anche amputata del suo Appendice, comporta due errori importanti. Il primo, all’inizio del testo, concerna la frase seguente: « … cioè « pv » rappresenta il sovrappiù quando viene visto sotto l’angolo del valore di uso, cioè la capacità della forza di lavoro di creare merci, mentre rappresenta il profitto quando viene considerato sotto l’angolo del valore di scambio, comunemente chiamato prezzo, ovvero il salario ». Le ultime tre parole rendono la frase totalmente incomprensibile. « pv » rimanda al profitto in termini di valore di scambio o prezzo, oppure al sovra-lavoro in termine di valore di uso o quantità. Il secondo concerna l’ortografia di Irving Fisher data in modo erroneo come « Fischer ».

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Scopo della scienza è di stabilire delle leggi generali e, nei migliori dei casi, delle leggi universali. L’ideologia si accontenta di plausibilità spesso raggiunta rovesciando gli argomenti scientifici con l’usuale metodo sofistico. Per i non iniziati, si crea allora una barriera cognitiva rafforzata con la deferenza inverso i cosiddetti esperti. Ad esempio, la plausibilità della narrazione marginalista nasce dalle apparenze, strumentalizzate da tutte le istituzioni dominanti. Nelle scienze sociali le apparenze e i dati empirici dipendono dal modo di produzione e dalle sue epoche storiche. Così il sole si alza e tramonta, si ferma al suono delle trombette ecc., ecc.

Con il marginalismo le cose peggiorano alla grande dato che la plausibilità riposa sopra una falsificazione anti-logica e anti-ugualitaria costruita ad arte. Ad esempio, il capitalismo è descritto come il migliore sistema di allocazione delle risorse solo perché si pretende che là dove esiste una domanda ci sarà una offerta. Questo pero risulta vero soltanto quando la domanda è solvibile. Ecco perché tanti bisogni sociali essenziali non trovano risposta malgrado il gigantesco sperpero di risorse in una società di disuguaglianze crescenti. Le narrazioni sono alla scienza quello che le percezioni sono alla realtà. I pseudo-premi Nobel per l’economia attribuiti dalla Banca Centrale di Svezia servono solo a ristabilire in modo ricorrente la plausibilità evanescente della narrazione dominante fatalmente confutata dall’evoluzione della realtà socio-economica concreta.

Va ricordato che la scienza economica borghese in tutte le sue nuance non sa spiegare la genesi del profitto, senza il quale il modo di produzione capitalista non esisterebbe come tale.

Vediamo la funzione di produzione borghese. Si scrive c + v = p, dove « c » è il capitale e « v » la forza di lavoro ambedue utilizzati nella produzione mentre « p » è il prodotto di questo processo di produzione. Nella sua versione moderna viene scritta y = f (K,L) dove K è il capitale e L, il lavoro, ma questo non cambia niente.

Al contrario, la funzione di produzione scientifica è : c + v + pv = p, cioè « pv » rappresenta il sovrappiù altrimenti chiamato profitto. Nel dettaglio, sotto l’angolo del valore di uso, cioè in termini della quantità di « p » prodotta, rappresenta il sovra-lavoro effettuato dalla forza di lavoro « v » durante la giornata lavorativa, dunque oltre al tempo necessario per riprodurre il suo salario. In termini di valore di scambio – o prezzo – « pv » rappresenta il profitto. Il tasso di sovrappiù è dunque scritto pv/v mentre il tasso di profitto è scritto pv/(c + v), cioè il sovrappiù creato dalla forza di lavoro « v » sopra il costo di produzione (c +v) in termini del capitale e della forza di lavoro effettivamente impiegati nel processo di produzione immediato. La genesi del profitto proviene dal fatto che il capitalista compra la forza di lavoro al suo valore di scambio, il salario, ma utilizza la sua capacità lavorativa durante un tempo più grande di quello che sarebbe necessario per riprodurre questo salario. Perciò, il tasso di sovrappiù è anche giustamente chiamato tasso di sfruttamento. Nelle società caratterizzate dalla proprietà privata dei Mezzi di produzione, il profitto è intascato da questi proprietari; nel nostro modo di produzione è intascato dal capitalista.

Nella pagine 47 del suo Wealth of Nations, ed. Sutherland 1993, Adam Smith ebbe l’onesta di notare che il lavoro umano (v ) è l’unico fattore di produzione capace di creare merci con l’uso di altre merci ( c), di conseguenza non si spiega più il profitto intascato dal capitalista oltre alla giusta rimunerazione del suo lavoro. Smith conclude notando che : « Il capitalista ama raccogliere la dove non ha mai seminato. » Questo problema della genesi del profitto sarà finalmente risolto da Karl Marx con la sua distinzione sovra-lavoro, sovrappiù, profitto. (Vedi l’Appendice qui sotto ) Il profitto capitalista è frutto dello sfruttamento di classe perché ha le sue radici nel sovra-lavoro. L’incapacità di spiegare la genesi del profitto rimane il fallimento maggiore della cosiddetta scienza economica borghese in tutte le sue nuance, malgrado tutti i tentativi di falsificazione, specialmente marginalisti, iniziati già con Jean-Baptiste Say.

La catena completa dei principali pseudo-concetti fabbricati da questa « scienza » borghese è la seguente:

A ) L’utilità e la scarsità. Uno dei compiti della scienza economica è di definire la commensurabilità tra l’insieme disparate delle merci e dei servizi, cioè definire il loro valore di scambio rispettivo, o prezzo relativo. Serve dunque un elemento comune per valutare. C’è né sono due possibili: uno scientifico, cioè la quantità di lavoro umano necessario per la loro produzione; l’altro narrativo, cioè la desiderabilità rispettiva dei beni e servizi, la cosiddetta « utilità » dei marginalisti.

Per la borghesia trionfante importava sgomberare la dualità valore di uso e valore di scambio inerente ad ogni merce in modo da cancellare il fatto palese secondo il quale la forza di lavoro umana è l’unico fattore il cui valore di uso è capace di creare altre merci, essendo perciò l’unico metro universale e obbiettivo capace di misurarle. La dualità valore di uso e valore di scambio della merce forza di lavoro permette di spiegare lo sfruttamento temporale e l’emergenza del profitto. Perciò, la borghesia preferisce un concetto sintetico interamente soggettivo, l’utilità. Ci propone così un metro suggestivo ed elastico in una disciplina detta quantitativa perché dovrebbe misurare la quantità dei beni e servizi ed il loro valore di scambio rispettivo e globale! Non per niente, la « scienza » economica borghese è anche comunemente chiamata « dismal science ».

La scarsità gioca un ruolo simile, benché tutti, a cominciare da Léon Walras, sanno benissimo che è sempre socialmente prodotta. Non di meno viene data come un attributo naturale delle cose, senza il quale il calcolo marginalista « delle gioie e delle pene », ovvero la curva della desiderabilità, si ritroverebbe sulle sabbie moventi. Sopra questo vacillante fondamento si erigono in seguito le teorie della rendita assoluta o relativa e quella dei vantaggi comparativi di D. Ricardo. Anni fa, Dockès aveva già dimostrato che questa logica portava fatalmente alla desertificazione del Portogallo arricchendo la GB e le sue industrie. Caso generalizzato con la Storia del capitalismo e perciò facilmente verificabile, ad esempio con la teoria dello « sviluppo del sotto-sviluppo » applicata alle periferie socio-economiche. Per mezzo della risoluzione del problema della produttività inserita in modo coerente nelle Equazioni della Riproduzione Semplice e della Riproduzione Allargata – RS-RA – (vedi l’Appendice qui sotto), la critica marxista dei vantaggi comparativi mi permise di enunciare il mio concetto di ecomarxismo, più utile di quello semplicistico dell’economia circolare. (Vedi la Introduction e l’Appendice del mio Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth, 2005, in Downloads Now, Livres-Books Section del mio vecchio sito www.la-commune-paraclet.com . L’edizione è bilingue francese/inglese. Questo libro fu il primo ad annunciare in modo scientifico la crisi finanziaria-economica poi verificata nel 2007-2008.)

B ) Le curve di Offerta e di Domanda (O/D). Qui si tratta di sgomberare il ruolo determinante della funzione di produzione e delle Equazioni della RS-RA nella formazione dei prezzi e dunque anche dei profitti. Queste curve sono fondate sopra una letale contraddizione logica ex-ante/post hoc. Come da me dimostrato, incarna paradossalmente il problema che Böhm-Bawerk aveva falsamente attribuito a Marx con il cosiddetto problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione. In effetti, per arrivare alla curva della Domanda bisogna fornire le tabelle in prezzo dell’Offerta, e similarmente per arrivare alla curva dell’Offerta si debbono fornire le tabelle in prezzo della Domanda. Poi si incrociano le due curve per ottenere il prezzo di equilibrio o di mercato. Et voilà, fatto! In una delle sue canzoni, Bob Dylan propose l’immagine di un materasso che balla sopra una bottiglia di vino, immagine qui assai consonante.

C ) Micro e macroeconomia e risoluzione simultanea. Un altro modo di illustrare questa contraddizione ex ante/post hoc è di notare che la pseudo-scienza economica borghese è del tutto incapace di legare razionalmente la micro e la macroeconomia. Alfred Marshall, l’inventore della presentazione grafica delle curve O/D ragionava ancora con due merci, il « grano » metaforicamente sostituito al paniere di consumo da una parte e dall’altra parte il capitale. In questo modo rimaneva pericolosamente ancorato nell’incompleta funzione di produzione smithiana c + v = p. Similarmente, il tentativo walrasiano di concepire « un mercato dei mercati » macroeconomico non vale ovviamente molto di più del suo iniziale mercato microeconomico marginalista. Hicks utilizzò allora il contributo falsificatore di Irving Fisher, discepole di Böhm-Bawerk, il primo falsificatore di Marx, per immaginare un’analisi marginalista con 3 e potenzialmente n merci determinandone i prezzi simultaneamente. Hicks pubblicò il suo lavoro dopo la pubblicazione delle Teoria Generale di Keynes in modo che non si faceva troppo illusioni. In particolare perché non era capace di introdurre in modo coerente né la struttura dei redditi né l’inflazione.

Per conciliare micro e macroeconomia e arrivare razionalmente alla determinazione del prezzo, Tugan-Baranovkij riformulò le Equazioni RS-RA di Marx facendo ricorso alle equazioni quadratiche, tipicamente sostituendo il modello alla realtà. (v. l’Appendice qui sotto) Sottolineiamo che un sistema di equazioni quadratiche non risolve un bel niente. Il suo equilibrio fittizio non corrisponde a nessuno vero equilibrio stazionario oppure dinamico. Se scrivo 1 + 1 = 2 avrò una verità aritmetica astratta che non dice niente di più finché non sappiamo a quale realtà si applica l’unità utilizzata. Il sistema proposto rimane certo un sistema euristico ma erroneo perché non ha nessuno rapporto razionale con la realtà socioeconomica da analizzare. Credendo fornire la critica del marxismo e della pianificazione bolscevica, senza pero fornire una spiegazione alternativa, Hayek pretese che era impossibile ad operazionalizzare perché supponeva una seria innumerevole di risoluzioni simultanee per ogni singolo acquisto. Ma il peggio arriva. Il sistema conferisce l’illusione di un equilibrio generale in termine di una « unità di conto » ma privo di ogni equilibrio economico reale. In altre parole, non permette di definire quanti Mezzi di produzione – Mp – e quanti Mezzi di consumo – Cn – sono necessari per raggiungere l’equilibrio semplice oppure l’equilibrio dinamico. La grandezza di Marx appare di nuovo qui con le sue Equazioni della RS-RA (Libro II del Capitale da me sviluppato per una RA capace di includere in modo totalmente coerente il credito classico e pure il credito speculativo.)

D ) Risparmio = investimento? Hicks fu obbligato di fare emergere il suo risparmio/investimento dal reddito, genericamente concepito, mescolando dunque salario e profitto. In questo, seguiva la favola ideata da Irving Fisher, l’inventore dell’amalgamato flusso di reddito, in inglese « income stream». Lo scopo di Fisher era di fare perdere la traccia della differenza tra salario, rendita, profitto e interesse e dunque della lotta di classe secondo quanto teorizzato da Marx nel Libro III del suo Magnum Opus il Capitale. Si tratta ovviamente di un’altra madornale inettitudine pensata all’interno del quadro falsificato ideato da Böhm-Bawerk. (Per il resto, come sappiamo, Fisher si sbaglio in tutte le sue analisi e le sue predizioni economiche e finì giustamente rovinato.)

E vero che si deve tenere conto dei circuiti virtuosi provenienti dal risparmio istituzionalizzando dei focolari concepito dallo Stato Sociale, ad esempio il sistema di previdenza e gli ammortizzatori sociali. Con ricorso al calcolo attuariale per il finanziamento dei servizi sociali pubblici, questi sono fondati sul spostamento nel tempo del consumo durante un ciclo completo di riproduzione. L’acquisto di beni giornalieri non mobilizza la stessa somma di denaro rispetto, ad esempio, a quello di una automobile o di tutt’altro bene duraturo. Tutti questi acquisti rimangono comunque all’interno del ciclo riproduttivo. Questo progresso socio-economico portò ad aggiungere il « salario differito » e le tasse al « reddito globale netto » dei focolari sostituito al solo salario netto individuale. Da solo quest’ultimo non tiene conto della riproduzione della forza di lavoro all’interno di focolari con taglie fatalmente differenti.

L’obbiezione diventa subito trasparente. Da solo il risparmio non spiega il volume di investimento necessario alla crescita economica, ovvero all’accumulazione del capitale. Al risparmio va aggiunto il credito. Si capisce che con questa nozione generica di reddito – income stream – Pigou abbia potuto tentare di tirarne un Wealth Effect da opporre a Keynes. Questo Wealth Effetto dimostrò esattamente quello che valeva con la sua riformulazione nel House Effect del « maestro » Greenspan! All’epoca del 1 % e anzi del 0.01%, è chiaro che non si può trattare la struttura dei redditi in modo così palesemente cavaliere e anti-sociale. L’equazione risparmi = investimenti è troppo generica e poco utile. Non rende neanche conto dell’organizzazione bancaria e finanziaria, dunque del credito, vero motore della crescita capitalistica spesso speculativa.

Perciò, si deve aggiungere il sistema bancario con i suoi ratio prudenziali e con la speculazione finanziaria. Oggi, quest’ultima è autonoma ed egemonica. Di conseguenza è capace di dominare tutta la struttura dei prezzi relativi dato che la sua produttività settoriale fittizia viene legalmente considerata come una vera e propria produttività. Si pensa, ad esempio, al insostenibile Roe, cioè al « return over equity». Tramite la concorrenza intesa come mobilità del capitale, il capitale speculativo cannibalizza tutti gli altri settori dell’economia reale, segando così il rame sul quale è confortevolmente seduto.

Questo non era interamente il caso con il credito capitalista classico dato che il ratio prudenziale assieme alla separazione funzionale del settore bancario-finanziario – depositi/investimenti – governa l’allocazione del capitale disponibile secondo i bisogni del sistema economico. Le crisi con le loro purghe completavano questo vitale meccanismo di retroazione capitalista. Oggi, l’opera regolatrice del ratio è de facto rimpiazzata con la creazione ex nihilo di moneta (QE ecc.) da parte della Banca Centrale e con i salvataggi bancari permanenti anche sotto la forma delle riserve – provisioning – fiscalmente deducibili a 100 % in Italia. Nei Stati-Uniti, la segregazione funzionale del sistema bancario-finanziario sancita durante la Grande Depressione fu rimessa in questione con la contro-riforma monetarista di Volcker-Reagan nel 1979-1981 per essere totalmente spazzata con l’abrogazione nel 1999 del Glass Steagall Act del 1933. Oggi, il salvataggi ricorrenti hanno sostituito de facto il ratio prudenziale in un sistema speculativo caratterizzato dal « credito senza collaterale » (V. l’articolo « Credit without collateral » nella Sezione International Political Economy del mio vecchio sito www.la-commune-paraclet.com )

E ) La legge della produttività marxista versus la produttività marginale incatenata nelle sue apparenze di rendimento crescente o decrescente. I marginalisti tentano mascherare le piste del profitto definito da loro in maniera esogena – il suo tasso può dunque stabilirsi a qualsiasi livello. Ecco dunque il profitto ridotto alla meccanica delle economie di scala, cioè dei rendimenti crescenti o decrescenti. Ovviamente questo risulta infra-Taylor e infra-Pareto per quello che riguardo il ruolo dei dati tecnici, cioè della combinazione tecnicamente ottimale di capitale e di forza di lavoro nel processo produttivo immediato. Composizione tecnica e composizione valore del processo di produzione rimangono incoerentemente legati. Questo senza nemmeno menzionare il tasso di sotto-impiego delle capacità produttive esistenti in media stabilito a 80 %.

Di più, la tecnologia è anch’essa introdotta in modo esogeno come se nella realtà non fosse scambiata dunque valutata sul mercato! Questa inettitudine dell’introduzione esogena della tecnologia è ancora più presente nei lavori di Robert Solow, un’altro pseudo-Premio Nobel nella « dismal science ».Infine, von Mises pensava potere stabilire la struttura dei prezzi ritornando ideologicamente alla sola produttività marginale. Abbiamo già visto qui sopra come inferisce la contraddizione logica ex ante/post hoc, in modo che questa produttività marginale, liberata da ogni regolamentazione, è strettamente impossibile da stabilire tanto al livello microeconomico e – più ancora – al livello macroeconomico. In termini scientifici, cioè marxisti, la produttività consiste a produrre più prodotti di un stesso tipo nel stesso tempo e con la stessa forza di lavoro valutata in valore di uso ma ovviamente con una composizione organica del capitale più approfondita. (v. Appendice qui sotto) Il marxismo è l’unico sistema a dare simultaneamente e coerentemente le quantità e il valore di scambio, cosa irraggiungibile per tutte le pseudo-teorie economiche borghesi.

G ) Conclusione. La funzione di produzione marxista implica rapporti determinati tra tutte le variabili in gioco (c + v + pv = p) mentre la Legge marxista della produttività definisce il legame tra la composizione organica del capitale – v/C – e il tasso di sovrappiù – pv/v. La Legge marxista della produttività permette un’integrazione interamente coerente della funzione di produzione nelle Equazioni RS-RA.

In questo modo otteniamo finalmente un sistema totalmente scientifico e dunque di portata universale. Permette pure di afferrare le leggi di mozioni di tutti i modi di produzione. Per il modo di produzione capitalista sono la concentrazione e la centralizzazione del capitale. Possiamo anche afferrare le apparenze o epifenomeni dei vari modi, le loro contraddizioni e mediazioni come pure la loro forma dominante di estrazione del sovrappiù. Il sovrappiù assoluto è la forma di estrazione dominante per tutti i modi di produzione pre-capitalisti; il sovrappiù relativo, dunque congiunturale, è presente in tutti i modi di produzione perché corrisponde ad un differenziale dell’intensità di un dato processo lavorativo; pero questa permette di analizzare l‘intensività strutturale, cioè la produttività, dunque la forma di estrazione dominante del modo di produzione capitalista; infine, il sovrappiù sociale è la forme dominante di estrazione del modo di produzione socialista. Possiamo allora capire come funzionano le leggi della concorrenza tanto perfetta quanto imperfetta, cioè quella dei monopoli e degli oligopoli, entrambe mettano in causa forme determinate di mobilità del capitale e di strutture legali.

La Domanda e l’Offerta globali sono conosciuti grazie alla RS-RA. La RA, cioè l’equilibrio dinamico, implica anticipazioni relative alla crescita sperata e dunque una necessaria simmetria intersettoriale per gli investimenti, tenendo ovviamente conto del inserimento della Formazione sociale nazionale nell’Economia Mondiale. Altrimenti saremo confrontati a delle crisi di espansioni settoriali accompagnate da contrazioni in altri settori, ecc. Così, si dimostra che i prezzi sono sovra-determinati dalla funzione di produzione inserita nelle Equazioni della RS-RA. ( Per il dettaglio vedi il mio Compendio di Economia Politica Marxista, liberamente accessibile nella sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com .)

Il marginalismo risulta essere una seria di falsificazioni mirate a nutrire una narrazione ideata per indurre la servitù volontaria del proletariato. (Vedi la mia Introduzione metodologica nella stessa sezione Livres-Books del sito già menzionato il quale contiene il Compendio.) Questa evidenza interpella o dovrebbe interpellare tutto il sistema di insegnamento anti-scientifico attuale. A queste narrazioni marginaliste si potrebbe benissimo attribuire il termine di « delirio » utilizzato da Baruch Spinoza. La cosa più grave risulta essere il fatto che, a parte una minuta frangia, troppi chierici siano arrivati a credere loro stessi nelle loro proprie falsificazioni ad uso ideologico. Le implementano con cinismo e durezza, senza nessuno stato di anima, ad esempio l’attuale Fiscal compact. Questo malgrado gli avvertimenti del loro Gran Maestro Nietzsche. In tali casi, nel suo Così parlava Zarathustra, questi si esclamava « Hihan! », in guisa di raglio – campanello ? – di allarme.

Paolo De Marco,

San Giovanni in Fiore, Novembre 2017.

APPENDICE:

Il Libro I del Capitale comincia con l’analisi della dualità valore di uso/valore di scambio di tutte le merci, inclusa la forza di lavoro scambiata sul mercato come una semplice merce. L’analisi di questa dualità iniziò molto prima di Marx. Pero, Marx fu l’unico a capire la caratteristica specifica del valore di uso della forza di lavoro, fisica o mentale: mentre la Natura può produrre dei valori di uso, essa, e solo essa, ha la capacità di produrre altri valori di scambi, incluso le macchine e le forme di organizzazione senza dimenticare gli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale. Ed è proprio per questa ragione che i Marginalisti hanno inventato il concetto univoco e fallace di « utilità ».

La funzione di produzione scientifica dunque marxista si scrive : c + v + pv = p, cioè « c » il capitale che entra nel prodotto – il grande marxista americano Paul Sweezy lo chiamava « used-up capital » , più « v » la forza di lavoro, più « pv » il sovrappiù o profitto. La somma di questi tre componenti è uguale a « p » il prodotto.

Il prodotto « p » può essere un Mezzo di produzione (Mp) oppure un Mezzo di consumo (Cn). La funzione di produzione marxista è la sola capace di dare simultaneamente le quantità e i valori di scambio (o prezzi). E l’unica che permette di capire la produttività.

Ecco un riassunto che parla di se. Diamo la situazione iniziale simultaneamente in t1 in forma moneta (EUR) e in forma fisica (p). Si può facilmente decomporre in tempo di lavoro ponendo, ad esempio, una giornata di lavoro di 8 ore, in modo che nel nostro esempio 4 ore di produzione bastano per riprodurre il salario, cioè la forza del lavoro, e le 4 ore rimanenti produrranno il sovrappiù intascato dal capitalista come profitto. Qui : pv/v = 1.

t1: c (80 EUR/80p) + v (20 EUR/20p) + pv (20 EUR/20p) = p (120 EUR/120 p)

I rapporti essenziali della funzione di produzione sono: A) la composizione organica del capitale, cioè la relazione della forza di lavoro sul capitale totale, dunque v/C dove C = (c +v); B) il tasso di sfruttamento o di sovrappiù pv/v; e C ) il tasso di profitto pv/(c +v).

Vediamo cosa succede se introduciamo un aumento di produttività di ¼ per lo stesso tempo di lavoro e lo stesso salario reale, cioè espresso in valore di uso (dunque qui in equivalente « p ») ma con meno lavoratori fisici. La produzione di « p » passa da 120 p a 150 p. Avremo:

t2: c (84 EUR/105 p) + v (16 EUR/20 p) + pv (20 EUR/25 p) = p (120 EUR/150 p)

Da t1 a t2, v/C passa da 0.2 a 0.16. Il tasso pv/v passa da 1 a 1.25. La quantità « p » passa da 120 p a 150 p mentre il prezzo unitario ha un’evoluzione inversa da 1 a 0.8 EUR.

Il chiarimento della teoria della produttività marxista è mio. Nessun’altra teoria è capace di darne conto e nemmeno di fornire simultaneamente i dati in qualità ed in quantità. Come Pareto, gli economisti borghesi non furono mai capaci di conciliare composizione tecnica e composizione valore. Detto altrimenti la « scienza » economica borghese non sa conciliare micro e macro economia.

Passiamo ora alla Riproduzione ovvero all’equilibrio generale.

Questa funzione di produzione c + v + pv = p contiene già in noce l’intero sistema di riproduzione il quale deve riprodurre i Mezzi di produzione ( in « c ») e i Mezzi di consumo (in « v »). Quando questa riproduzione viene fatta all’identico si chiama Riproduzione Semplice (RS) oppure, in termini mainstream, equilibrio generale stazionario. Quando include una crescita da t2 rispetto alle condizioni iniziali t1, si parla di Riproduzione Allargata (RA) oppure di equilibrio dinamico. Dato che ho risolto il problema della produttività possiamo illustrare con un esempio semplice nel quale v/C e pv/v sono identici nei due settori SI, il settore dei Mp e SII, il settore dei Cn. E chiaro che si possono aggiungere tutti i sotto-settore che si vuole sussumendoli in questi due settori principali che, come già notato, rimandano ai componenti della funzione di produzione. Ecco un’illustrazione:

SI: c1 (80 EUR/80 Mp) + v1 (20 EUR/20 Mp) + pv1 (20 EUR/20 Mp) = p (120 EUR/120 Mp) (M1)

SII: c2 (40 EUR/40 Cn) + v2 (10 EUR/10 Cn) + pv2 (10 EUR/10p) = p (60 EUR/60 Cn) (M2)

Ecco le Equazioni della RS secondo il Libro II del Capitale sintetizzate da Bucharin:

M1 = c1 + c2

c2 = v1 + pv1

M2 = (v1 + pv1) + (v2 + pv2)

Nel mio Compendio di Economia Politica Marxista, introduco la RA come pure il ruolo della moneta e del credito classico e speculativo.

Ecco invece il sistema quadratico di Tugan-Baranovskij/Bortkiewicz. La variabile c3, supposta rappresentare l’ORO o mezzo di scambio, viene introdotta solo per ottenere un sistema quadratico. Questo è l’esempio più palese di un modello sostituito alla realtà che si pretende analizzare!!! Eccolo:

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

Il terzo rigo è introdotto solo per permettere la formulazione quadratica, niente altro.

Teoria della moneta.

La moneta è distinta dal credito. La teoria della moneta scientifica ha per fondamento le masse salariali reale e sociale e le loro rotazioni. La massa salariale sociale è la massa salariale reale più la massa monetaria emessa per finanziare il sostentamento della forza di lavoro disoccupata o inattiva. Corrisponde grosso modo all’aggregato monetario M1- più una parte di M2. Prendiamo la funzione di produzione totale, cioè (SI + SII) in t1 e in t2 con l’aumento di produttività. Abbiamo:

t1: c (80 EUR/80p) + v (20 EUR/20p) + pv (20 EUR/20p) = p (120 EUR/120 p)

Qui, seguendo il metodo di Marx, riscriviamo la funzione di produzione totale con (c + v ) = 100 in modo da facilitare i paragoni per i suoi rapporti essenziali. In t1 siamo in situazione di pieno impiego in modo che la massa salariale sociale non è necessaria visto che tutti i lavoratori ricevano una paga. Non esiste dunque nessuna inflazione strutturale. Abbiamo:

S = massa monetaria emessa dalla Banca centrale = massa salariale reale.

R = numero di rotazioni; R = C/v + pv/v

p EUR = valore in euro del prodotto totale = S x R

In t2 : c (84 EUR/105 p) + v (16 EUR/20 p) + pv (20 EUR/25 p) = p (120 EUR/150 p)

In t2, l’aumento di produttività fa emergere l’Armata di Riserva (AR). Supponiamo che da t1 a t2 si passa da 20 a 16 lavoratori. AR = 4 lavoratori. Supponiamo che il sostengo ricevuto dai lavoratori inattivi sia di 50 % di quello degli attivi. Avremo una massa salariale reale di 16 EUR e una massa salariale sociale di 18 EUR. Il tasso di inflazione strutturale – esistono altri tipi di inflazione ad esempio l’inflazione importata – sarà di massa salariale sociale (Ss)/massa salariale reale (S), cioè 18 EUR/16 EUR = 1.125. E il compito della Banca Centrale emettere e gestire queste masse monetarie secondo i bisogni. Senza confonderle con il credito.

Nelle teorie borghesi il caso della moneta è trattato come qualsiasi merce, cioè con la contraddizione logica letale dell’Offerta e della Domanda. In oltre, tramite la circolazione della moneta, la massa monetaria in circolazione uguale la somma dei beni e servizi scambiati. E una assurda tautologia. Benché fu raffinata per tenere conto del reddito e del credito portando ai vari aggregati monetari, non permette di distinguere la quantità di moneta necessaria rispetto a quella speculativa. Si capisce che gli economisti borghesi sono ora costretti di ammettere che non sanno cosa sia l’inflazione. (vedi « The FED finally admits: it does not know what inflation is » in http://rivincitasociale.altervista.org/the-fed-finally-admits-it-does-not-know-what-inflation-is-sept-21-2017/ . La Banca delle banche, la BRI ha fatto la stessa ammissione poco fa. Ma se non si sa cosa sia l’inflazione non si sa cosa sia il prezzo; ma allora la scienza economica di questa gente cos’è? )

In effetti, le teorie borghesi, marginaliste incluse, sono ontologicamente incapaci di fare la differenza tra economia reale e economia speculativa. Non sono capaci distinguere tra profitto e interesse oppure tra interesse classico e interesse speculativo. Peggio ancora, come viene affermato senza nuance dagli epigoni dei « mercati efficienti », meno c’è regolamentazione e più c’è speculazione più subito si raggiunge l’equilibrio! Con la fine della segregazione funzionale bancaria – cioè con la contro-riforma Volcker-Reagan del 1979-1981, e poi con l’abrogazione del Glass Steagall Act nel 1999 – siamo arrivati a l’era della speculazione egemonica. Sin dal 2007-2008 le banche centrali hanno emesso attorno a 15 trilioni di dollari in vari QE ed altre iniezioni di liquidità. Questo diluvio portò all’espansione della borsa e dei mercati finanziari, ma senza inflazione, anzi con un « credit crunch » strutturale.

Alcuni elementi sulla gestione della moneta e del credito.

Nel quadro del modo di produzione capitalista la distinzione viene cancellata. Le banche private coordinate dalla Banca Centrale emettano ambedue la moneta ed il credito. Presumibilmente l’emissione è governata nel rispetto dell’Offerta e della Domanda espresse sul mercato. La Banca Centrale usa i tassi di interessi direttori per ragioni squisitamente ideologiche, cioè conservare un’apparenza di uguaglianza formale di accesso al credito tra tutti gli agenti economici, malgrado la loro taglia rispettiva. Non di meno, nella realtà, per ottenere un equilibrio dinamico armonioso si deve rispettare una crescita proporzionalmente simmetrica in SI ed in SII. Una mediazione possibile può intervenire per mezzo delle bilanci esteri ma rimane una mediazione tutta da gestire. Dato che la crescita capitalista viene propulsa da motivazioni private legate alla logica dell’accumulazione del capitale, questa simmetria proporzionale non è mai rispettata. Seguono crisi periodiche che oppongono un’espansione in alcuni settori accompagnata da contrazioni in altri. Questo è il sottratto materiale della denuncia degli « spiriti animali » del capitalismo secondo Keynes.

Nel quadro di una economia interamente o parzialmente pianificata, la moneta e il credito sono rigorosamente distinti. Il ruolo della moneta è di permettere tutti i scambi necessari per assicurare la circolazione dei beni e dei servizi in un contesto RS-RA, da qui le masse salariali reale e sociale discusse cui sopra assieme alle loro rotazioni. Più la forza di lavoro inattiva sarà ridotta, meno ampio sarà il tasso di « inflazione strutturale ». Il credito è necessario per assicurare la Riproduzione Allargata e dunque deve rispettare rigorosamente la simmetria proporzionale inter-settoriale. Ben inteso dato che nessuna Formazione Sociale può prosperare in autarchia, così facendo, deve pure tenere conto delle bilanci esteri. A parte i fondi capitale accumulati tramite il risparmio istituzionale – pensioni pubbliche oppure fondi sovrani ecc – questo implica che il credito deve essere gestito da banche pubbliche in stretta relazione con il Ministero dell’Economia e dell’Industria o, meglio ancora, dall’Organo di Pianificazione Centrale. In questo caso, verifiche periodiche – auditing – devono essere condotte per vietare la corruzione e la svalutazione monetaria indotta. Anche perché il credito legittimo è destinato a trasformare gli investimenti in beni e servizi reali. Le verifiche regolari operano come dei controlli dell’evoluzione armoniosa della crescita pianificata e come prevenzione contro le derive dovute alla corruzione. Usualmente attorno al 60 % degli investimenti nell’economia reale riguarda la massa salariale contribuendo così al Moltiplicatore Economico. E pure chiaro che la Banca Centrale pubblica, dunque senza scopo lucrativo, deve avere il monopolio del finanziamento del debito pubblico e para-pubblico. Abbandonare la gestione del debito pubblico nelle mani di una decine di cosiddette « banche primarie universali » risulta la causa maggiore della sua incontrollabile levitazione. (Vedi il Compendio )

Il problema più arduo da risolvere nel quadro del credito pubblico è quello della tasso di scambio, almeno finché il sistema finanziario mondiale rimarrà sotto controllo di poche divise valutarie. In generale, il tasso di scambio è dettato dalla competitività macro-economica della Formazione Sociale – FS -, sapendo che questa competitività macro-economica risulta cruciale per lo sviluppo micro-economico della produttività. In un mondo di divise valutarie asimmetrico, i controlli di capitali sono obbligatori. I flussi deregolamentati di capitale inducono presto la dipendenza finanziaria assieme alle cosiddette « conditionalities » imposte da istituzioni esteri tali il FMI, i Club di Parigi e di Londra ecc. Conosciamo tutti le ricette dei Chicago Boys che informano oggi le politiche mainstream, incluso nella Zona Euro. Consistano nella massima deregolamentazione possibile, nella privatizzazione muro a muro e la priorità data alla produzione per l’esportazione in modo da rastrellare divise valutarie esteri solo per ripagare il debito pubblico in constante rialzo e detenuto da banche private spesso esteri. Questi controlli dei capitali possono essere mitigati con dei cosiddetti « currencies swaps » – oppure con ricorso al baratto, ad esempio lo scambio di petrolio contro altre merci prodotte nazionalmente – tra le banche centrali disponibili in uno sforzo per mantenere l’indipendenza della FS diminuendo le sue vulnerabilità esterne.

Il nostro Giordano Bruno parlava giustamente di « asinate e pedanterie » in referenza alle narrazioni dominanti del suo tempo. Oggi le cose sono drammaticamente peggiorate. E tempo di cambiare serenata – pardon – paradigma

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