Commenti disabilitati su LA SANITÀ TRA TAGLI E CORRUZIONE: una vittima eccellente del federalismo fiscale.

Trattiamo qui dell’effetto devastante del federalismo fiscale sulla Sanità. Questo testo è la forma scritta completa del mio contributo durante la Conferenza tenutasi a Reggio e disponibile in: https://www.facebook.com/FedericaDieniM5S/videos/vb.296261957143986/718701461566698/?type=2&theater .

 Possiamo benissimo immaginare quello che succederebbe con l’ulteriore deriva del « federalismo competitivo ».

Contenuto dell’articolo:

1) Illustrazioni introduttive

2) Monetarismo neoliberale e federalismo fiscale

3) Public policy monetarista, leggi di Stabilità e tagli strutturali

4) Monetarismo e federalismo fiscale applicati al livello provinciale (Calabria)

a) Piano di Rientro e ristrutturazione economica-finanziera (i.e., disavanzi)

b) Politica del farmaco

c) Politica del Personale

5) Conclusioni.

1) ILLUSTRAZIONI INTRODUTTIVE

Paradossalmente mentre il sistema sanitario pubblico italiano sta per crollare, esistono parecchie analisi medicali di primissima qualità. Fra queste il Rapporto Meridiano è utilissimo per i dati medici. Il Piano di Rientro (PdR) calabrese del 2001 informa ancora tutte le decisioni attuali e va dunque letto con attenzione. La presente analisi è condotta dal punto di vista dell’Economia Politica. Possiamo affermare tranquillamente che tutti i fatti di cronaca trovano la loro spiegazione nella logica socio-economica riassunta nelle Leggi finanziarie. 

Tradizionalmente si definisce la politica come la capacità di procedere all’allocazione delle risorse della Comunità a favore della Comunità. L’accumulo di disuguaglianze rivela che si tratta di una allocazione delle risorse che favorisce certi gruppi sociali a scapito di altri, rivelando così la scelta di un modello di società da parte della classe dirigente.

a) Prima illustrazione secondo la Corte dei Conti.

In un contesto monetarista, vale a dire con il ritorno darwiniano alla legge della giungla, si fa spesso fatica distinguere tra corruzione e mercato, anche perché alcuni lo dicono più efficiente quando è meno regolato. La corruzione diventa subito sistemica. Ecco cosa scrive la Corte dei Conti sul soggetto: « (Nella Sanità) si intrecciano con sorprendente facilità veri e propri episodi di malaffare con aspetti di cattiva gestione, talvolta favoriti dalla carenza di sistemi di controlli … Il sistema sanitario presenta livelli inaccettabili di inappropriatezza organizzativa e gestionale che vanno ad alimentare le già negative conseguenze causate dai frequenti episodi di corruzione a danno della Collettività. » (Corte dei Conti 2014 citata nel Rapporto Meridiano 2015.)

Si può ammirare la formulazione offerta dalla Corte. Intanto essa stima che la lotta alla corruzione permetterebbe di recuperare 6 miliardi di euro ossia 5.6 % della spesa sanitaria del 2014. Sempre secondo il Rapporto Meridiano, l’Italia era al 145e posto a pareggio con la Grecia nella Classifica Internazionale della Corruption Perception Index, l’indice corruzione del settore pubblico e privato. 

In generale, nel quadro di un sistema già segnato dalla corruzione, lo smantellamento del settore pubblico a favore del settore privato può soltanto aggravare le cose, rendendo l’accesso universale ai servizi essenziali aleatorio per parti crescenti della popolazione. Anche quando è poco efficiente il settore pubblico opera come contro-potere al malaffare ed al suo clientelismo selvaggio. Nel quadro dello Stato sociale, questo ruolo era fortemente inquadrato dall’alto tasso di sindacalizzazione nella Pubblica Amministrazione. Per il nostro Paese questo aspetto merita essere sottolineato specialmente in una epoca dove si aggrava artificialmente le disfunzioni del settore pubblico per meglio legittimare le privatizzazioni agli occhi di cittadine/i utente/i sempre più disgustate dalle risultanti inefficienze. Per parafrasare il Vangelo alla rovescia si  critica la casta per meglio proteggerla.  

Nel contesto peculiare del nostro Paese e della nostra Regione non fa nessuno dubbio che la privatizzazione e la deregolamentazione alimenteranno ancora questo tanto debilitante quando pericoloso intreccio notato dalla Corte. Sfortunatamente questo mette in questione la salute delle cittadine/i e quella della democrazia.

b) Seconda illustrazione relativa alla Sanità come diritto sociale. 

Prima del contributo alla critica sociale offerto da Ken Loach, nel 1972 per la precisione, uscì un film inglese intitolato « Where does it hurt? » (https://www.youtube.com/watch?v=GA4h2OcV1VA&t=234s) Era una commedia  esilarante benché molto seria sul fondo ma anche molto efficacia. Un bel mattino un operaio americano perde il lavoro; per finire la giornata decide di seguire la moda e di andare all’ospedale per fare un check up, un esame di controllo. Essendo disoccupato il personale ospedaliere lo dissuada. Come sappiamo il sistema americano è prevalentemente privato e dunque a pagamento. All’immagine di una fabbrica di salumi, un ospedale privato deve ricavare profitti per pagare i dividendi degli azionari. Mentre quello operaio stava per andarsene il direttore, ruolo giocato alla perfezione da Peter Sellers, capisce che quell’operaio possiede una casa la quale può essere pignorata. E dunque solvibile e perciò lo fa subito ammettere. Il povero operaio sarà quindi immediatamente sottomesso a tutta una batteria di cure tanto inutili quando costose.   

A quell’epoca i Britannici era molto fieri del loro NHS. Oggi, la privatizzazione rampante gestisce i posti letto in modo tayloristico. Pochi anni fa certi ospedali furono costruiti per massimizzare i posti letto in modo che furono costruite camere troppo piccole per contenere i pazienti e le attrezzature. Con un ben rodato stile burkeano fu tutto mascherato con astruse analisi relative al pro o contro di camere individuale o collettive ed altre analisi relative al numero e alla gravità delle cadute dei pazienti in quelli spazi troppo ristretti … 

Nel 1972, la classe dirigente britannica era ancora impregnata dal pensiero di Lord Beveridge, proprio quello che scrisse il White paper del 1942 all’origine del sistema sanitario britannico del dopo guerra. Il rapporto stabiliva la differenza tra assicurazione sociale – social insurance – vissuta come un diritto cittadino e assistenza sociale spesso privata, confessionale e stigmatizzante. Già negli anni 20, in reazione alla vittoriosa Rivoluzione di Ottobre, Beveridge difendeva una Carta dei Diritti sociali visti come metodo per legittimare il sistema e, nello stesso tempo, come un meccanismo di stabilizzazione contro-ciclica. Perciò, con l’avvento della Grande Depressione del 1933, i New Dealers americani lo invitarono assieme a Keynes per un ciclo di conferenze in difesa del nuovo pensiero socio-economico legato all’emergenza del cosiddetto Welfare State, o Stato sociale anglo-sassone.

Non si può discutere razionalmente del sistema di salute senza sottolineare il suo aspetto strettamente legato ai diritti sociali. Questi sono protetti dalla Costituzione, nata dalla Resistenza al nazifascismo, come pure dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Individuali e Sociali del 1948 con una simile origine in parallele con la Carta Fondamentale delle Nazioni Unite.

c) Terza illustrazione relativa al Moltiplicatore economico del sistema sanitario pubblico.  

Nel 2013 apparse un libro importante emblematicamente intitolato The Body economic: Why austerity kills (HarperCollins Publishers). I due giovani autori, David Stuckler e Sanjay Basù, furono sensibili al degrado del quadro epidemiologico causato dalla crisi. Il primo lavora presso la London School of Hygiene & Tropical Medecine, il secondo è un epidemiologista, professor di medicine al Stanford Prevention Research Center. 

Nel libro espongono le ragioni socio-economiche del declino dell’aspettativa di vita particolarmente tra gli uomini nella Federazione russa; illustrano il peggioramento della situazione con l’introduzione delle riforme neoliberali (le privatizzazioni avendo, ad esempio, un impatto micidiale con la chiusura delle monotowns sovietiche ). 

Similarmente, mostrano il rapido e indecente degrado sanitario in Grecia a causa dell’austerità, la punta dell’iceberg essendo la rapida propagazione dell’AID e un alto tasso di suicidi. Per i Stati Uniti, gli autori mostrano come il collasso del mercato delle case con la crisi dei subprime era legato all’epidemia del West Nile virus: in effetti, le piscine abbandonate attorno a Bakersville erano diventate degli incubatori a zanzare, uno dei vettori di propagazione del virus. Secondo loro, tra il 2007 e il 2013, la crisi fu responsabile di oltre 10 000 morti. Il loro studio è ora confermato da molti altri studi relativi ai suicidi e al degrado sanitario, per non parlare degli aumenti di certi tumori legati alla crisi. (1)

Più importante ancora fu la loro discussione del ruolo del Moltiplicatore economico. Da anni insistevo sull’estroversione del Moltiplicatore dovuto al libero scambio ed alla public policy monetarista. I due autori affrontarono direttamente il problema confrontando le ricette offerti da noti economisti mainstream come Reinhart e Rogoff oppure come Olivier Blanchard – quando era al FMI – a favore dei programmi di austerità e del distruttivo sentiero di consolidamento fiscale. Mentre Blanchard ed altri puntavano ad un semplice « errore di calcolo » per spiegare il fallimento, già vistoso all’epoca, delle politiche di austerità, i due autori sottolinearono che, al contrario delle loro assunzioni con rispetto al reddito nazionale, il Moltiplicatore per la sanità era attorno a 3 % invece di essere attorno a 0,5 %. Se il Moltiplicatore in genere alto dei servizi pubblici statali viene ridotto con la privatizzazione non c’è poi da stupirsi se il Moltiplicatore generico fa magra figura. Per questi settori pubblici, sanità, educazione, trasporti, infrastrutture pubbliche ecc., il Moltiplicatore risulta sempre più alto, e questo rimarrà il caso finché questi servizi pubblici non saranno sottomessi al libero-scambio globale – TTIP ecc. Così gli autori furono capaci di illustrare il fatto che i Paesi che frenarono lo smantellamento dei servizi pubblici e adottarono politiche di accompagnamento e re-inserzione per i disoccupati se la cavavano meglio degli altri. Questa conclusione deve essere sottolineata nel nostro Paese.

Questo argomento è importantissimo. E confermato da tutti i studi scientifici disponibili. Ad esempio, ho mostrato che l’unica modesta rilancia economica, benché di corta durata, non fu dovuta alle inette politiche della Federal Reserve (Tarp, QE ecc.) ma bensì al piano di stimolo economico del governo federale. L’analisi obbiettiva del programma mostra uno forte Moltiplicatore per i stimoli avvenuti nei settori che erano almeno in parte pubblici – strade, fognature, ponti, scuole, sanità ecc. (2)

In riassunto, l’errore di tutte le varianti del marginalismo in questa materia consiste nel confondere il moltiplicatore generico con il moltiplicatore settoriale. Questo errore aggravò i problemi del cosiddetto sentiero di consolidazione fiscale in Europa, politica oggi ovunque fallita.

d) Gli insegnamenti del fallimento e del salvataggio della GM e della Chrysler nel 2008-2010.

Alla base il problema nacque perché la crescita di produttività nel settore automobilistico avvenuta sotto forma di automazione e robotizzazione « liberò » una gran parte della forza di lavoro. Queste ristrutturazioni accelerate dalla finanziarizzazione dell’economia – Roe, ecc. – rese la GM e Chrysler incapaci di finanziare i loro piani sociali in-house, in particolare i piani pensionistici. 

Sapiamo tutti che i sistemi pensionistici pubblici costano molto meno rispetto ai sistemi privati. Questi perché rispondono ad una logica non-profit di carattere mutualistica. La loro è una logica attuariale contributiva. Perciò, favoriscono la produttività microeconomica e la competitività macroeconomica. 

Malgrado queste evidenze si imita i sistemi privati americani. Ad esempio, sapiamo che la Sanità negli USA costò nel 2013  16,4 % del PIL lasciando 47 milioni di cittadini senza copertura. Secondo varie previsioni la Obamacare costerà di più lasciando sempre attorno a 30 milioni senza copertura, e questo nel quadro di uno sistema epidemiologico degradato. Nel stesso anno la media OCSE era di 8,9% per una copertura pressapoco universale. (3)

L’aspettativa di vita nel 2015 era di 78,8 anni negli USA e di 80,5 anni nell’OCSE. Nel 1970 l’aspettativa di vita negli USA era superiore di uno anno rispetto alla media OCSE. L’obesità, l’asma, il diabete ed altre malattie cronache sono più diffuse nei Stati-Uniti.

In conclusione notiamo due paradossi: 

a) Il sistema privato per i beni pubblici spreca, ma lo spreco appare come crescita del PIL rovinando così l’economia reale. E un pericoloso artefact contabile marginalista, se non altro perché queste fasulle statistiche marginaliste informano le equazioni mainstream, per primo quella del reddito nazionale di Blanchard et al. Si crede fare « crescita » e si arriva ad una spirale socio-economica negativa. Ho detto altrove, ad esempio nel mio Compendio di Economia Politica Marxista (vedi Sezione Livres-Books, www.la-commune-paraclet.com ) che il marginalismo è ontologicamente incapace di distinguere tra economia speculativa e economia reale, semplicemente perché non sa distinguere tra interesse e profitto e meno ancora tra interesse classico – legato, tramite il ratio prudenziale, all’andamento del sistema economico – e l’interesse speculativo. Con l’egemonia di questo ultimo, l’intermediazione bancaria-finanziaria diventa autonoma. in modo che il suo interesse speculativo gioca il ruolo di profitto settoriale. In tal modo tramite l’equalizzazione del tasso di profitto causato dalla mobilità del capitale in regime capitalista, l’interesse speculativo cannibalizza l’economia reale. In realtà, l’interesse è sempre una parte del profitto, mentre il settore più produttivo determina i prezzi relativi di tutto il sistema. Così l’intermediazione bancaria-finanziaria ponendosi come settore economico autonomo, e godendo di una composizione organica del capitale più forte, appare come il più produttivo e di conseguenza detta la sua logica all’intero sistema.   

b) Il sistema più sprecone diventa il modello da copiare in Italia e nella UE. Questo include oramai il modo di pensare – il « mind set » – come illustrato dalle parole chiave importate dall’anglo-sassone, ad esempio public policy, spending review, output gap, software di monitoraggio e gestione ecc.

2) MONETARISMO NEOLIBERALE E FEDERALISMO FISCALE.

a) La controriforma monetarista neoliberale scatenata da Volcker, Reagan e Thatcher nel 1979-82 fu messa in opera in Italia.

Ecco il riassunto delle principali tappe. Il primo grande cambiamento in tal senso in Italia fu segnato dalla privatizzazione di Bankitalia al inizio degli anni 80. Ma la situazione fu contenuta fine al sabotaggio interno del PCI alla Bolognina. Seguì subito dopo il famigerato Patto sociale del 1992. Nel 2001, arrivò il federalismo fiscale imposto senza nessuno studio di impatto preliminare. Il 20 aprile 2012 venne cambiato l’Articolo 81 della Costituzione per sanctuarizzare la parità di bilancio in Costituzione in modo da impedire ogni cambio di rotta in caso di una reale alternanza politica provocata dalle politiche di austerità che ne discendevano inevitabilmente. Va sottolineato che questo Articolo 81 è molto più dannoso del cosiddetto Fiscal Compact europeo – Two e Six Pack – se non altro perché quest’ultimo è solo un trattato dunque suscettibile di essere rinegoziato, oltre a non potere contraddire gli articoli del Trattato di Lisbona, tra i quali quelli che definiscono le competenze nazionali esclusive, in particolare gli affari sociali.  

b) La Logica congiunta del Patto sociale del 1992 e del Trattato di Maastricht (1991-1992).

Inizia in quelli anni la ristrutturazione del mercato comune europeo per adattarlo all’apertura al libero-scambio ed alla concorrenza internazionale sotto egemonia della « private global governance », cioè delle aziende transnazionali. 

Il grande economista walrasiano classico, Maurice Allais, aveva chiesto la creazione di Preferenze comunitarie iscrivendosi in una logica di concorrenza internazionale regolata dalla costituzione di blocchi commerciali. All’interno di questi blocchi, le imprese nazionali – incluse quelle pubbliche – potevano crescere per raggiungere una taglia sufficiente per difendere i loro interessi al livello internazionale, rafforzando nel stesso tempo la potenza industriale-economica della Comunità europea. La proposta non fu ritenuta ma la presidenza e il governo socialisti francesi fecero includere nel Trattato di Maastricht, oltre al principio di sussidiarietà, delle clausole di protezioni per le imprese pubbliche (Articolo F, 3, 3b) e per gli affari sociali. Per guadagnare il referendum François Mitterrand e Jacques Delors furono costretti a promettere un secondo round di negoziazione per fare emergere l’Europa sociale.

Tutto questo fu poi dimenticato a favore dell’armonizzazione monetarista. In effetti, mentre il Trattato di Maastricht veniva ratificato, l’Uruguay round formalmente lanciata a Punta del Est nel 1986 stava per concludersi – in effetti il trattato fu firmato al vertice di Marrakesh il 15 aprile 1994 – trasformando il Gatt in Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel quadro dell’OMC furono smantellate le barriere tariffarie residuali per tutti i scambi internazionali, all’eccezione dei servizi.

Dietro il Patto Sociale del 92 ed il Trattato di Maastricht c’era la logica sotto-giacente al libero-scambio globale. I suoi due punti cardini sono : 

  • Prima, privilegiare il salario capitalista individuale smantellando progressivamente le due altre forme del « reddito globale netto » dei focolari, cioè il « salario differito » (ammortizzatori sociali e pensioni) e i trasferimenti ai focolari sotto forma di accesso universale garantito ai servizi sociali ed alle infrastrutture pubbliche. Si andava verso un mercato mondialmente flessibile del lavoro, causando la fine della scala mobile e portando alla legge Biagi, alla cosiddetta Trentatreu, ecc. per arrivare agli esodati della Fornero ed al disastroso Jobs Act di Gutgeld-Renzi-Poletti.

  • Secondo, questa concorrenza internazionale al ribasso era inquadrata dalla definizione dell’anti-dumping all’OMC. Essa scarta ogni referenza ai diritti del mondo del lavoro, incluso i diritti minimi sanciti dalla Organizzazione Internazionale del Lavoro. Ne risulta che il costo del lavoro ridotto al solo salario individuale sostituiva il costo di produzione al livello mondiale. Similarmente, la definizione dell’anti-dumping esclude ogni referenza ai criteri ambientali. Non viene neanche considerato il principio di precauzione.

E ovvio che tale scelta crea uno forte tasso di disoccupazione mal mascherato con la  crescita del precariato. Di conseguenza, la concorrenza al ribasso sul mercato del lavoro globale distrugge i contributi sociali, forzando lo smantellamento e la privatizzazione di numerosi servizi. Inevitabilmente distrugge pure la fiscalità generale dato che una parte sempre più consistente dei lavori viene retribuita con salari così miseri da essere in effetti esentati di Irpef – attorno al 50 % in Francia. La Public policy monetarista ha comunque previsto che lo Stato nazionale deve sgomberare il campo per lasciare posto alle iniziative private apolide incluso nell’offerta dei servizi essenziali … con l’eccezione dei bailout delle banche e delle industrie come GM, Chrysler ecc.

c) Una questione legittima consiste nel chiedere cosa succederebbe con il TTIP.

In effetti, possiamo già predire che le cose peggiorerebbero molto. Questo perché i tariffi sono già quasi interamente smantellati nel quadro della OMC. Il TTIP concerna i servizi ed in particolare i servizi sociali ancora pubblici ed i servizi finanziari. 

Le norme oggi in vigore nella UE verrebbero modificate senza nessuno rispetto per il principio di precauzione. Non si tratta solo di pollo trattato con candeggina o di protezione delle marche e denominazioni dei formaggi o del vino. Le norme concernano anche i protocolli per l’introduzione dei nuovi farmaci. Il soggetto è abbastanza serio. Basta ricordare la posizione americana relativa agli OGM o all’introduzione di nuovi materiali, ad esempio quelli che includono nanotecnologie. Pochi anni fa il professore Séralini allertò sull’azione nefasta degli OGM sui perturbatori endocrini sulla base di uno studio durato attorno a 2 anni, mentre gli altri studi, spesso finanziati dai privati, durano attorno a qualche settimane!

A questo pericolo si aggiunge quello del Tribunale di risoluzione dei conflitti ideato per proteggere le prerogative delle imprese private transnazionali contro i doveri regaliani degli Stati. Tale tribunale, con tutti i suoi difetti di gran lungo superiori a quelli degli interventi, a volta ultra vires, della Corte del Lussemburgo a favore del settore privato, opera già nel quadro del trattato Nafta. 

d) Federalismo fiscale ovvero istituzionalizzazione delle derive monetariste.

  • Con l’affermazione del libero-scambio monetarista, il progetto di costruzione di una Europa Sociale fondata sull’Europa delle Nazioni fu scartato. Si ritornò all’idea spinelliana di una Europa atlantista nella quale i Stati-nazioni devono lasciare posto alla regionalizzazione. In questo quadro, l’armonizzazione federalista dovrà essere fondata sulla Public Policy monetarista, cioè sul smantellamento dello Stato sociale europeo, incluso la regolamentazione e la concertazione economiche sancite dalla Costituzione. La libera concorrenza globale rafforzata dalla nuova definizione dell’anti-dumping dell’OMC deve regnare suprema, incluso con l’aiuto, a volte fuori mandato, della Corte del Lussemburgo.

  • La Costituzione della nostra Repubblica « una e indivisibile », i suoi principi cardini (diritto al lavoro, solidarietà nazionale, tutela della salute, educazione pubblica, economia mista, concertazione sociale istituzionalizzata nel CNEL ecc ) fu riformata per inserire il federalismo fiscale senza nessuno studio di impatto preliminare. A dire vero questa riforma era stricto sensu a-costituzionale ma fu legittimata in modo abusivo alludendo alla conformità con i trattati internazionali secondo l’Articolo 11, uno vero e proprio rovesciamento logico. In realtà, secondo questo importantissimo articolo della Costituzione, lo Stato italiano non potrebbe firmare trattati internazionali che escono fuori delle regole stabilite dalla Costituzione stessa e dalla Carta fondamentale delle Nazioni Unite, scritta appunto come complemento internazionale alle costituzioni democratiche nate come essa dall’alleanza anti-Nazifascista.

  • Non sorprende che questo federalismo fiscale alla italiana fu e continua ad essere un fallimento clamoroso.

    – gli articoli 117 e 119 risultano contraddittori.

    – in effetti, dato che la logica della regionalizzazione aumenta le disparità regionali, risulta difficile rispettare i LEA.

    – l’autonomia finanziaria conferita alle regioni (addizionale IRPEF, IRAP, IVA) è subordinata alla disparità regionale!

e) Il fallimento è sotto gli occhi di tutte/i

Non fu mai risolto il problema dei costi standard versus i costi storici. Il problema dell’impossibile applicazione non era solo metodologico, rimandava alla problematica irrisolta della perequazione nel quadro di disparità regionali crescenti.  

Ecco i fatti essenziali sulla correlazione LEA/PIL regionale per il 2007:

Lombardia Calabria

PIL pro capite: 31 600.00 euro 15 800.00 (ovviamente è una media …)

Incidenza povertà: 3,7% 23,3%

Tasso di occupazione: 65,5 % 44,6% (oggi è del 42,3 % secondo il POR)

Il fallimento dei sistemi sanitari regionali si verifica facilmente con la moltiplicazione dei Piani di Rientro (PdR) e con il loro carattere permanente con la singola eccezione della Liguria.

f) Riapertura del Capitolo V della Costituzione: sbagliare è umano, perseverare è diabolico!

    • La logica di questa revisione viene riassunta con i termini « federalismo differenziato » oppure, come preferisco personalmente, con l’espressione « federalismo competitivo », proprio la deriva che fu recentemente rifiutata dallo Stato tedesco, anche se è già uno Stato federale. L’obbiettivo ben descritto da Gutgled – il tizio di origine israeliana che scrisse il programma per il non-eletto Renzi, vedi la sezione Books review del sito www.la-commune-paraclet.com – e già messo in applicazione dalla Madia, consiste nel rimpatriare temporaneamente certi poteri regionali in modo da potere privatizzare sistematicamente al livello locale, incluso i beni comuni e i servizi ai cittadini usualmente devoluti alla PA (outsourcing ecc.), senza dovere incorre la ribellione dei cittadini come fu il caso ad esempio a Napoli. Al livello locale ci sono oltre 8000 imprese pubbliche o partecipate tra le quali una centinaia valutate oltre 2 miliardi euro. Fanno gola alla finanza speculativa apolide sopratutto in un mondo occidentale dove le opportunità di investimento sono diventate scarse. Le grandi aziende spendano montagne di cash nei cosiddetti « buybacks » in modo da favorire gli azionari sostenendo i dividendi piuttosto che rischiarsi in nuovi investimenti in uno contesto caratterizzato da una domanda interna al ribasso per causa della generalizzazione del precariato.

    • Si prevede anche la fine dello Patto di stabilità interno ma solo per le regioni capaci di strumentalizzare il loro accesso al credito ed ai derivati per fare apparire un bilancio sostenibile. Ora sapiamo tutti come Draghi utilizzò questi strumenti quando lavorava per il conto della Goldman Sachs per massaggiare i conti nazionali della Grecia e farla entrare nella Eurozone. Questo in un contesto nel quale le regioni italiani sono già per la più parte sull’orlo del fallimento. Il più grave sta nel fatto che questa modifica del Patto di stabilità interno fu scritta per poi permettere la devolution dei poteri, temporaneamente centralizzati, per favorire la privatizzazione assieme a quasi tutte le altre competenza dello Stato nazionale a favore delle Regioni con un bilancio sotto « controllo ». Per questa basterà farne la domanda. Trento e Bolzano sono il modello da generalizzare … almeno per alcune Regioni del Nord. (Vedi l’Articolo 116 della contro-riforma.) Questo ammonta a distruggere lo Stato nazionale italiano, la nostra « Repubblica, una e indivisibile». Se il federalismo fiscale fu un disastro sopratutto per il Sud possiamo immaginare facilmente quello che accaderà con il federalismo competitivo! Altro che LEA!

    • Infine, per essere brevi, menzioniamo la fine della concertazione sociale con l’abolizione del CNEL dopo l’adozione del catastrofico e costoso Jobs Act e l’abolizione dello Statuto 18. Qui si tratta di cambiare tutto il sistema di relazioni industriali ed economiche a favore della Public policy monetarista. Il risultato ha già portato alla precarizzazione generale – part-time, vouchers, apprendistato ecc ) sopratutto nel Mezzogiorno. Gli ultimi numeri sulla popolazione attiva in Calabria sono del 38,6 % !!! Ora, senza o con pochi contributi in busta paga, i sistemi pubblici – pensioni, ammortizzatori sociali, educazione, trasporti e sanità – non possono reggere. Dato che non regge neanche la fiscalità generale, l’autonomia regionale finanziaria produrrà solo terzo-mondializzazione. Oscar Lange, riassunto da Lippincott, fece notare anni fa : « Se esiste mai oggi un luogo dove questa tirannia prevale è proprio nel quadro dei Stati democratici nei quali predomina la proprietà privata dell’industria. Qui il potere è esercitato in modo autocratico e senza nessuno stato di anima. E verro che la proprietà privata dei mezzi di produzione farà ostacolo alla possibilità per il governo di tiranneggiare l’industria; nel stesso tempo, permette all’industria di dominare il governo e di tiranneggiare gli operai. Dato questa realtà, la proprietà governativa delle industrie essenziali create dal governo democratico offrirà il mezzo per sopprimere l’autocrazia nell’ambito dell’industria. » ( Vedi Oskar Lange, Fred M. Taylor, On the Economic Theory of Socialism, edited by Benjamin Lippincott, First McGraw-Hill Paperbacks, 1964, pp 32-33. La traduzione è mia.) 

Il problema di fondo può essere riassunto con questa alternativa: Federalismo monetarista atlantista (cioè, una Europa delle regioni aperta alla « private global governance ») oppure ritorno all’integrazione europea intergovernativa classica, cioè ritorno alla necessaria costruzione dell’Europa sociale fondata sull’Europa delle Nazioni.  

III) PUBLIC POLICY MONETARISTA, LEGGI DI STABILITÀ E TAGLI STRUTTURALI.

A) La Public Policy attuale fu ideata in gran parte nella Chicago University (i vari emuli di von Mises come von Hayek, Milton Friedman ecc.) Il pretesto per questa vera e propria contro-riforma socio-economica e culturale fu la costatazione che i piani di rilancio detti keynesiani non funzionavano più – a parte il disastroso cosiddetto « Keynesianesimo militare » che diede  luogo al costoso programma di riarmamento reaganiano noto come Star Wars. 

Di fatti, questo era in parte vero, ma era una conseguenza della sconfitta di Keynes contro l’Americano H. White alla Conferenza di Savannah del 9 marzo 1946 quando nacque il sistema di Bretton Woods e delle sue gemelle, il FMI e la Banca Mondiale. In breve, l’apertura delle Formazioni sociali nazionali con lo smantellamento dei tariffi – Gatt, Kennedy Round – portò all’esternalizzazione del Moltiplicatore economico. Questa tendenza era stata aggravata negli anni 70 – inizio anni 80 per l’Italia – con la privatizzazione delle Banche centrali che saranno in seguito sempre più sottomesse ai mercati globali dominati dalle politiche della Federal Reserve (FED), almeno fin alla crisi del 2007-2008. Con questa crisi la FED è meramente diventata reattiva segnalando un cambiamento di fondo dell’ordine economico mondiale.  

Invece di ri-internalizzare il Moltiplicatore creando una nuova coesione della Formazione sociale nazionale o sovranazionale compatibile con un fair trade globale – ad esempio con una buona definizione dell’anti-dumping, oppure con la logica dei blocchi commerciali contenuta nelle Preferenze comunitarie consigliate da Maurice Allais – si preferì ridurre il ruolo dello Stato. Questo fu fatto in nome di teorie irrazionali ed oggi ridicolizzate dai fatti, ad esempio la teoria del crowding out di Laffer, oppure quella del « efficient market ». A parte che Laffer confessò avere disegnato la sua curva sopra un tovagliolo in un ristorante, era falso pretendere che l’intervento dello Stato tramite le imprese ed i servizi pubblici nuoceva agli investimenti; di fatti, oggi, malgrado le varie iniezioni di liquidità per agevolare i mercati e le banche primarie ed altre si ottiene solo un credit crunch. 

Per quello che riguarda il « mercato efficiente », basta osservare che l’apertura del globo al capitale, incluso il capitale sotto forma elettronica – Big Bang borsistico ecc – non portò a nessuna stabilizzazione ma, al contrario, rese il mercato globale più erratico e con crisi più pericolose a causa della nuova interdipendenza di istituzioni dette « sistemiche ». Dopo il rialzo drammatico dei tassi di interessi con Volcher-Reagan, si ebbe la crisi del Mexico (82), poi il Plazza Accord (86), la Savings & Loan crisis (86-95) e così via fino alla crisi del baht (97), del rublo (98), dei New Techs o dot-com bubble (2001) e finalmente dei subprime (2007-2008) seguite dal mondo caotico attuale… 

Se non altro, la capitalizzazione borsistica e la potenza incrociata delle grandi banche primarie aumentano il carattere gregario – moutonnier – del capitale globale rendendo tutto più caotico e più pericoloso. In oltre, come dimostrato dalla crisi dei subprime nemmeno la Banca dei Regolamenti Internazionali – la banca centrale delle banche centrali – conosceva l’esatta magnitudine dei derivati e dei loro montages. In effetti, la conclusione tirata dall’esperienza del 2007-2008 sta tutta contenuta nella semplice precauzione consigliata da Stephen G. Cecchetti, un impiegato della BRI. Propose pragmaticamente di fare una pausa di almeno 2 settimane in caso di problemi seri all’interno delle banche sistemiche per dare il tempo necessario per analizzare i dati e per reagire in modo da non fare scoppiare la catena dei CDS. Malgrado le nuove regole di Basilea III – e del Dodd-Frank Act del 2010 – questo temporeggiamento concordato rimane l’unica regole operatoria di controllo … ex post, per essere chiari.

Le ricette della Public Policy monetarista portarono allo smantellamento dello Stato sociale e dei suoi servizi pubblici, incluso il sistema sanitario. Le ricette erano e rimangono: deregolamentare e privatizzare; smantellare il codice del lavoro (come pure i principi cardini della Costituzione) e dunque, secondo la ricetta originale dei Chicago Boys messa in opera nel Cile di Pinochet, sacrificare la domanda interna dei focolari con il commercio interno, in modo da abbassare il debito pubblico. Senza nemmeno badare al fatto che tale ricetta non poteva razionalmente essere applicata da tutti i Stati nel medesimo tempo. Di fatti, tutti i Stati della Eurozona hanno sacrificato i salari e i contributi causando una spirale economica verso il basso mentre le loro posizioni commerciali relative hanno cambiato poco, ma sopratutto a favore dei Stati più ricchi, tra cui la Germania.

B) Ecco un riassunto dei risultati di questa politica di austerità muro-a-muro sul piano domestico.

  1. Il PIL è negativo sin dal 2011. La pseudo ripresa a virgola qualcosa non tiene conto del recente cambiamento della contabilità nazionale. Questa aggiungendo una piccolissima parte dell’evasione fiscale, la droga, la prostituzione e certe spese per gli armamenti doveva causare un aumento contabile automatico attorno al 3 % e più del PIL!

  2. Il tessuto industriale è distrutto in media dal 22 % al livello nazionale ma molto di più nel Sud. Dato la fuga di FIAT e la privatizzazione rampante dei nostri ultimi grandi conglomerati come Finmeccanica e Fincantieri, il cosiddetto Modello del Nord-est, fondato su piccole imprese, si trova in modo crescete a dovere sopravvivere con subappalti tedeschi o austriaci. 

  3. Al livello della bilancia commerciale il piccolo surplus è dovuto ad uno calo più drastico ancora delle importazioni – una tendenza anche favoreggiata dal basso prezzo del petrolio. 

  4. L’Avanzo primario, l’aspetto vantato come un pregio dai nostri dirigenti scelti col profiling imperiale, appare positivo. Purtroppo, in una economia in stagnazione o quasi, è chiaro che fu principalmente dovuto ai tagli lineari ed alle privatizzazioni. Quando fu lanciato il Fiscal Compact al livello europeo rimanevano suppergiù 600 miliardi da privatizzare in Italia ma in realtà non più di metà contando le imprese locali. (http://www.sinistrainrete.info/europa/2293-giorgio-gattei-la-germania-contro-tutti.html , 20 settembre 2012). E vero che l’israeliano-italiano Gutgeld, ideologo-capo del PD del non-eletto Renzi, aveva già cominciato a valutare gli introiti della privatizzazione non solo della gestione dei musei ed altri siti culturali ma dei siti stessi! In modo che gli avanzi primari italiani del 3 % o 4 % del PIL diventano più difficili da raggiungere, anche con lo sforamento dei parametri europei che già da due anni potevano valere una penalità del 0,2 % del PIL al nostro Paese. Fu solo dato un poco di corda – flessibilità- in più per permettere le privatizzazioni residuali e imporre le riforme senza sollevare le popolazioni.

  5. L’Equilibrio dei conti grazie alla spending review ed ai tagli vari viene riassunto così dal DEF 2016 (p 21) Si stima una spending review per 25 miliardi di euro; una riduzione a 35 delle centrali di acquisto con una Consip che distingue tra 19 categorie di beni. Inoltre, e privatizzazioni previste per 2016/2017/2018, dovranno sfruttare 0,5 % del PIL l.

C) Impatto per la Sanità? Spese bloccate attorno a 111 miliardi di euro.

  • La previsione del PIL per 2016-2019 conta su una crescita del 2,8%. Ma la spesa sanitaria non potrà crescere oltre il 1,5%. In modo che i tagli previsti sono 1,783 miliardo per il 2016; 3,5 miliardi per il 2017 e di 5 miliardi per il 2018.

  • In tale contesto può solo crescere la spesa sanitaria privata. Dal 2010 al 2014 mentre la spesa pubblica diminuì da – 0,6 % quella privata aumentò del + 2,1 % e si ammonta a 23 % del totale (Ticket ecc )

  • Non sorprende allora il degrado del quadro epidemiologico, ad esempio l’aumento delle incidenze delle malattie croniche tali l’obesità, il diabete ecc. Si nota pure il numero altissimo di parti cesari rispetto alla media europea, che nel Sud è una vera e propria vergogna.

    I dati generali parlano di se. Così dal 2005 al 2013, l’aspettativa di vita è aumentata da più di 2 anni. Ma l’aspettativa di vita in buona salute è diminuita da 5,8 anni, mentre l’aspettativa di vita non in buona salute è passata dal 13,6 anni a 21,4 amni cioè un aumento di 7,8 anni.

    La rinuncia a curarsi tocca in media 9,5 % delle cittadine/i in Italia, 3 % nell’Alto Adige e il 15 % in Calabria. Questo in un cotesto generale nel quale gli operai muoiono in media da 6 a 11 anni prima dei loro dirigenti dipendendo delle attività considerate!

    I tempi di attesa per 11 prestazioni più il laboratorio è di qualche settimane a 2 mesi in media! Con tutto cioè il ministro Lorenzin istituì, nel maggio 2016, 203 visite e esami a pagamento, incluso il laboratorio e la specialistica, e con il ticket in presenza di determinate condizioni.

    Questa logica porta il ministro a adottare interventi emergenziali ad hoc in contraddizione con i tagli ma sovra-determinati da essi. Ad esempio, si parla di 850 milioni di euro per la copertura dei nuovi LEA; 650 milioni per il piano vaccinazione; 500 milioni per l’introduzione di nuovi farmaci e per contrastare l’Epatite C; 500 milioni per il rinnovo dei contratti dei dipendenti.

    Mi sembra che la così vantata medicina preventiva lascia il posto per il ministro alla medicina cosiddetta difensiva – più il testamento biologico per liberare i posti letto ? – ideata per proteggere i medici e i chirurgici da eventuali cause, visto il quadro sanitario degradato in una cosi tragica maniera.

D) Leggi di bilancio e Fiscal compact = un esercizio di comunicazione pubblico per mascherare lo spreco organizzato delle ricchezze pubbliche a favore del 1 % e del 20 % più ricco (Secondo vari rapporti in particolare Oxfam 2016, 10 persone in Italia sono più ricche dei 3 milioni meno agiati; il 20 % più ricco detiene il 67,7 % delle ricchezze nazionali …) Questo spreco va letto nel quadro dello sforamento dei parametri europei che portò la UE a conferire al nostro paese un margine eccezionale di 0,85 % del PIL, subito sprecato. Ecco alcuni dettagli più vistosi:

  • Il Jobs Act costò 18 miliardi di euro nel 2015

  • i famigerati 80 euro in busta paga per ragioni volgarmente elettorali – i contratti pubblici rimangono bloccati da oltre 7 anni – costarono 10 miliardi.

  • L’IMU cancellata per i 2/3 più agiati che la pagavano ancora senza problema (mentre la fiscalità locale è aumentato dal 22 % )

  • L’IRAP e l’IRES

  • La voluntary disclosure – cioè il bianchimento dell’evasione – rapportò 3 miliardi.

  • La riforma dei giochi : 1 miliardo.

  • Secondo la Corte dei conti, le spese fiscali – tax expenditures – passarono da 254 miliardi di euro nel 2015 a 330 miliardi nel 2015.

  • L’evasione fiscale difficile da valutare è almeno uguale o superiore alle tax expenditures.

Tutto questo in un contesto favorevole ma mutabile: euro/spread/petrolio bassi con un rating ancora del BBB …

Si pone perciò la questione delle alternative. Alcuni i propagandisti del TINA – there is no alternative –  pretendono che non esistono alternative. Altri, fortunatamente meno mainstream, sottolineano l’impatto disastroso dell’attuale definizione dell’anti-dumping che impone una corsa verso il basso sulla sola base del salario individuale – distruggendo così tanto i contributi quanto la fiscalità generale, vedi sopra. Questi insistono sull’esperienza emblematica della RTT, cioè la riduzione del tempo di lavoro in Francia col governo Jospin. La RTT costò solo 23 miliardi di euro per generalizzare le 35 ore legali settimanali con uno accordo quadro. Furono creati più di 350 000 posti di lavoro permanenti ristorando i programmi sociali con i contributi e la fiscalità generale. 

In effetti, grazie alla RTT, il buco della Sécurité Sociale stava per sparire in solo due anni – rimaneva 4 miliardi in negativo, una questione di mesi; il tasso di disoccupazione da quasi il 11 % si abbassò a un poco meno del 8 %. Questo consolidò la fiscalità generale in modo che dopo due anni di governo della « gauche plurielle » il debito francese era sceso al 59 % del PIL, cioè sotto la sbarra del 3 % del Trattato di Maastricht. Le ore lavorative includevano in media 4 ore supplementari dunque maggiorate. Si sviluppò così spontaneamente una nuova sociologia del divertimento. Nel setto tempo, con una settimana legale di 60 ore, le ore effettivamente lavorate in media nei Stati Uniti con impieghi sempre più precari erano di 33,8 ore. Si aggiunge che il tessuto industriale francese fu rafforzato non solo con la rivitalizzazione delle imprese pubbliche ma anche con l’arrivo degli investimenti stranieri diretti, la Francia essendo allora una delle prime destinazioni malgrado tutti i cliché ideologici circolati.

Si può così giudicare dei sprechi e dell’irrazionalità dell’attuale politica trasversale italiana. Con questi sprechi si poteva implementare almeno 2 RTT alla francese!   

4) MONETARISMO E FEDERALISMO FISCALE APPLICATI AL LIVELLO PROVINCIALE.

Senza grande sorpresa la congiunzione tra il monetarismo neoliberale e il federalismo fiscale condusse al collasso del sistema sanitario provinciale. 

Questo spinse la Regione a chiedere un Piano di Rientro (PdR) sanitario al governo nazionale. (4) Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) nominò un Advisor. Il processo portò rapidamente al commissariamento ed alla redazione di un PdR interamente impregnato da una logica economica finanziaria unicamente mirata al riassorbimento del disavanzo.

Il PdR del 2007 va preso sul serio perché rimane tutt’ora la base della riorganizzazione attuale. Ecco cosa scriveva il Piano di Razionalizzazione e Riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale (2010): « Il piano, dunque, da mero strumento tecnico-amministrativo ”di rientro ” economico-finanziario, diventa leva e occasione per un ripensamento complessivo del sistema sanitario regionale. » (5)

Non vi è nessun dubbio sullo spirito che informa la ristrutturazione del sistema sanitario calabrese. Questa logica viene fortemente assistita ed inquadrata dalla moltitudine di agenzie di monitoraggio e di controllo tanto nazionali quanto regionali (LEA, AGENA, ANAC, SUA, ecc …) 

Come si poteva prevedere questa logica economica-finanziaria accentuò tutti i problemi e tutte le inappropriatezze già presenti nel nostro sistema regionale.

Formalmente parlando, il PdR fece quasi sparire i disavanzi. Ad esempio, nel 2014, il disavanzo regionale era di 68 milioni di euro ridotto poi a 28 milioni di euro dopo « coperture e rettifiche ». Basta conoscere alcuni dei trucchetti mascherati da questa frase eufemistica per rimanere lucidamente  pessimista. Pero la privatizzazione aumentò benché fosse già grottescamente fuori norma. La norma era di 30 % massimo per il settore privato. Nel 2007, su 73 presidi regionali, 37 erano pubblici e 36 privati. La situazione peggiora con rapidità, incluso per la cosiddetta compartecipazione dei cittadini, cioè il ticket e le varie spese di tasca propria per i farmaci e per una lista crescente di test e di esami. A Cosenza, il settore privato supera quello pubblico. A Crotone, su 6 case di cura una sola è pubblica. Ben inteso, molti servizi offerti dal settore privato sono rimborsati con soldi pubblici mentre i sevizi più pesanti e dunque più costosi tendono a rimanere l’appannaggio del settore pubblico. Per parafrasare Malbranche la redditività sanitaria ha le sue ragioni che la ragione ignora. Forse qualcuna/o ricorderà quello che abbiamo accennata all’inizio citando il film di Peter Sellers. 

Nonostante questa diagnosi la raccomandazione del PdR fu di identificare una ventina di presidi pubblici da riconvertire in Lunga degenza, in residenze sanitarie ed in case della salute. Si nota che queste funzioni riservate al settore pubblico sono le più costose dunque usualmente ignorate dal privato eccetto quando i pazienti sono al di sopra di una confortevole soglia dei redditi. Se il PdR accennava agli ospedali di montagna, questa considerazione, tra l’altro resa necessaria dall’Articolo 44 della Costituzione, fu poi totalmente ignorata come dimostra la quasi definitiva chiusura dell’ospedale di Acri e di quello di San Giovanni in Fiore (mia città). Basta guardare attorno per capire che la chiusura di certi presidi, incluso di montagna, mira sopratutto a fare fruttare i posti letti spesso privati nei grandi centri più vicini.

Da questa raccomandazione scaturisce l’attuale riorganizzazione in Hub, Spoke, Ospedali generali e case di cura private accreditate. E un processo molto travagliato: a parte la questione degli ospedali di montagna, la disorganizzazione patologica e l’incontrollabile indebitamento reggino e quello di Catazarao rivelarono tutto il marcio di un settore alla deriva malgrado il commissariamento. Ad esempio, il debito 2014 del Renato Dulbecco di Catanzaro è stimato a 85 milioni di euro; quello di Reggio, spesso dato come il caso peggiore, non è nemmeno conosciuto! 

Il collasso del sistema sanitario calabrese non si ferma qui. Malgrado l’Accordo di Programma Quadro sottoscritto con il MEF, su 608 milioni di euro disponibili per investimenti in tecnologia e per la costruzione di nuovi ospedali, 258 milioni non sono ancora utilizzati. (Vedi  « #FOCUS | Sanità in Calabria, le falle del sistema nel report della Corte dei conti » di ILARIA LENZA, https://www.zoom24.it/2016/03/30/focus-sanita-calabria-sistema-rapporto-finanza-pubblica-corte-conti-12952/. ) Poco fa si parlò della costruzione di un nuovo ospedale a Cosenza probabilmente in chiava elettoralistica ma senza dire una parola sugli ospedali di montagna…

Peggio ancora ecco come il Piano di Rientro ha previsto la riorganizzazione del nostro sistema, in particolare l’uso dei posti letto. Fu pianificato a freddo il taglio triennale di 65 000 ricoveri in meno nel settore pubblico e di solo 7 000 in meno nel settore privato. Non stupisce affatto l’enormità della mobilità passiva: cioè, nel 2014, più di 60 000 calabresi si curarono fuori per un costo esorbitante di 214 256 688 euro.    

 

I risultati sono palesi. Con una tale gestione aziendale e con la privatizzazione crescente, l’utente cittadino diventa un cliente degno di attenzione solo se è solvibile. 

In termini della soglia LEA, la Calabria si ritrova all’ultimo posto. Fatta la media italiana a 160, il Piemonte esibisce un punteggio di 200 e la Calabria di 137. 

In termini di posti letto la norma del 2014 era di  3,7/000. Prima del PdR il punteggio regionale era di 3,9/000 mentre oggi è di solo 2,77/000. Il PdR prevedeva un obbiettivo di 3,8/000.

Per quello che riguarda la mobilità passiva abbiamo già dato i numeri principali qui sopra. Aggiungiamo che questa mobilità passiva riguarda principalmente cure del tipo oncologico, ortopedico, interventi alla tiroide ecc. L’ortopedia assieme alle protesi contano per il 50 % della mobilità totale. Il tasso di ospedalizzazione fuori è del 31/000. Se il Piano di Rientro viene chiaramente bocciato da questi numeri, dobbiamo sottolineare che la sua logica non cambia, cosicché si parla di recuperare solo il 30 % di questa mobilità passiva nel futuro.(6) 

Le percentuali di parti cesarei sono l’emblema di tutte le derive di una società arcaica, ancora endogama ed asserragliata nella povertà monetarista. Sembra che, in questo caso, i medici usualmente uomini siano ancora più affrettati dell’ordinario. Se queste percentuali rimangono fuori norme in Italia rispetto agli altri Paesi, la norma è ancora più violata in Calabria. Il PdR stesso menziona un tasso di 70 % in certe strutture. (7) 

In termini di compartecipazione, la spessa sanitaria privata aumenta ovunque nel Paese e più ancora nel Sud, provocando un grave deterioramento del quadro epidemiologico. Il risultato immediato si legge nel numero crescente di cittadine/i che rinunciano alle cure.(8) Già nel 2014, il Rapporto Meridiano notava che se l’aspettativa di vita era cresciuta di 2 anni dal 2005-2013, contemporaneamente gli anni in buona salute erano scesi di 5,8 anni mentre gli anni in non buona salute erano cresciuti di 7,8 anni passando da 13,6 a 21,4 anni. Basterebbe aggiungere che gli operai, secondo la loro professione, muoiono 6 o 11 anni in media prima dei loro dirigenti. 

Con tutto ciò, visto la struttura sempre più disuguale dei redditi, le coperture private non decollano in Italia – fondi sanitari, assicurazioni, ecc. Questa tendenza è facilmente analizzabile perché queste coperture sono per lo più legate al lavoro dipendente, più o meno stabile. Avere inserito la tutela delle assicurazioni private assieme alla promozione della concorrenza nella controriforma costituzionale sembra perciò fuori luogo. In effetti, si sancirebbe la distruzione costituzionale dei programmi sociali fondati sui principi di ripartizione e di solidarietà nazionale in violazione frontale con i principi cardini della nostra Costituzione. Va sottolineato che questi non sono modificabili e perciò, non direttamente oggetto dalla controriforma. 

Il commissariamento non ha fine ovviamente perché i poteri del Commissario ad acta sono limitati al contenuto indicato dal giudice che pronuncia il commissariamento, in modo che la funzione del Commissario non può portare al risanamento oltre al riassorbimento dei disavanzi, senza nemmeno purgare il sistema. (9) In oltre, il ruolo del Commissario si trova costretto dalla spartizione delle competenze tra livelli governativi. A volte, succede che il commissariamento sia strumentalizzato dai politici per salvare il loro sistema clientelistico perché la funzione pubblica, spesso infiltrata dalla malavita, non viene minimamente toccata. Come tutti sappiamo, la burocrazia è concepita come il vero « governo permanente » sopratutto in regimi sottomessi a scadenze elettorali. Lo stesso problema si incontra con il commissariamento dei comuni, il ruolo del Commissario limitandosi il più spesso a stabilire una lista di soggetti da pagare in priorità, spesso senza minimamente questionare la legittimità delle spese e degli appalti per i comuni caduti in dissesto … Perciò, con un Piano di Rientro che risale al 2007, non stupisce a fatto che la ristrutturazione, anche se malintenzionata per la parte fuori norma affidata al settore privato, non sia ancora finita, e che le inappropriatesse ed i sprechi non diminuiscono.

Come vedremmo più sotto il personale sanitario fu e continua ad essere sacrificato a questa peculiare ristrutturazione. Viene spesso sottomesso a condizioni di lavoro improprie. Se questo rimanda ad una condizione generale nella pubblica amministrazione regionale – si parla di attorno a 1000 lavoratrici-lavoratori precari non-stabilizzati – in questo caso non si mette soltanto a repentaglio i servizi offerti alle cittadine/i utenti e contribuenti, ma anche la loro salute.

Il quadro epidemiologico generale, già fortemente compromesso dalla nostra tradizione sanitaria e dalla crisi, peggiora ancora. Questa osservazione è valida per tutta l’Italia ma ovviamente con derive molto più importanti nel Mezzogiorno ed in Calabria. Così, stano prendendo forme epidemiche l’obesità ed il diabete, oltre alle malattie cardiovascolare, quelle legate al sistema digestivo ed al sistema respiratorio ecc.  

4b) POLITICA DEL FARMACO. 

Abbiamo già accennato alla crescita recente della compartecipazione delle cittadine/i alla spesa sanitaria, oltre al loro contributo fiscale. Vediamo un può più in dettaglio. In effetti, una delle peculiarità interessante della spesa per i farmaci in Italia era il suo contenimento realizzato senza compromettere la salute dei pazienti. A questo contribuirono principalmente due fattori: prima, il fatto che i medici godevano spesso di un statuto pubblico non legato alla logica mercificatrice delle grande aziende del farmaco; secondo, il sistema pubblico privilegiava giustamente i farmaci generici. 

Sfortunatamente le cose stanno cambiando.

In percentuale della spesa totale, la spesa farmaceutica era di: 1985 (17,8%); 1995 (10,7 % ); 2007 (11,4 %) ; 2008 (10,25 % ); 2009 (9,8 % ); 2014 (7,6 % ); 2015 (secondo la Corte dei conti 7,6 %).

Pero, la Corte dei conti 2016 nota che la spesa farmaceutica aumentò di + 2 % al lordo dei payback, cioè del meccanismo di rimborsi previsti per le aziende del farmaco quando viene superata una certa soglia. Si apprende allora che i rimborsi dovuti nel 2013-2015 furono utilizzati nel bilancio 2015, mascherando così i veri impatti dei tagli e delle privatizzazioni. 20 % dell’aumento è dovuto alle cure per l’Epatite C. Il nuovo farmaco per l’Epatite C guarisce in più di 90 % dei casi; il suo costo di produzione è di 100 euro; il suo prezzo di vendita è di 41 000 euro, una cosa propriamente intollerabile. (10) Questo rivela un altro problema strutturale della nostra politica attuale del farmaco, cioè il mantenimento dei costi con un ristretto accesso alle innovazioni in un’epoca di rivoluzione teorica e tecnica nella biologia, la farmacia e la genetica. 

In generale, quindi la spesa farmaceutica tende ad esplodere per ragioni tecniche e di privatizzazione ma viene comunque mantenuta a scapito dei pazienti con l’uso del ticket. Questo è falsamente visto come un fattore di moderazione del consumo rispetto ai tassi di rinuncia alle cure ed al degrado dell’aspettativa di vita in buona salute o tout court. 

I rimedi pensati nel quadro della logica monetarista sono peggiori del male (abbiamo già denunciata qui sopra il pensiero regressivo in materia formulato dal ebreo-fascista austriaco von Mises, il padre di tutte le regressioni neoliberali monetariste attuali (11). Von Mises, benché fuggito in America dopo l’Anschluss, non ha mai rinnegato le sue idee di quando era consigliere del Cancelliere fascista austriaco. In Italia andava anche benissimo per Margherita Sarfatti et al. fino al 1938 … anzi, il fascismo filosemita di Mussolini era il modello preferito da questa gentaglia, modello di fatti oggi perseguito nuovamente ma in modo cosiddetto più « soft »,cioè più insidioso). 

Ad esempio, vengono accelerati i ricorsi alla vendita diretta in quasi tutte le regioni mentre si passa alla deregolamentazione delle farmacie. Si usa metodi e software puramente anglo-sassoni, dunque più adatti a sistemi privatizzati – rimando di nuovo al film con Peter Sellers menzionato in introduzione. Di fatti, il vocabolario operativo è quasi tutto inglese – payback, monitoring ecc. Qui, il benchmarking in questione viene fortemente appoggiato delle agenzie di monitoraggio e di controllo già menzionate, tra le quali l’AGENA, l’ANAC, la SUA ecc. Non stupisce che il Ministro Lorenzin, invece di mettere l’accento sulla medicina preventiva, privilegia i tagli e la medicina difensiva mirata a proteggere i medici contro l’aumento prevedibile dei processi per le inappropriatezze indotte dalla privatizzazione del sistema. (12)  

In questo contesto vediamo già emergere un problema molto serio legato alla scarsa introduzione dei nuovi farmaci innovativi. Nel 2014, il loro consumo era inferiore di 91,2 % rispetto agli altri grandi paesi europei come Germania, Francia, GB. Fra poco dovremo auspicare il rimpatrio di Emergency!

Ci vogliono, in genere, 5 anni prima di vedere questi tassi di consumo migliorare. Ad esempio, il consumo per i nuovi farmaci introdotti nel 2013 era inferiore al 81,6 %; per il 2012 al 66,7 %; e per il 2010 (cioè 5 anni) al 16,5 %.

L’OSCE sottolinea un paradosso italiano: la parte dei generici fu moltiplicata da 4 sin dal 2000. In 2013, contavano per il 19 % dei volumi e 11% del valore della spesa farmaceutica totale. La media OSCE era di 48 %.

La spesa farmaceutica è sempre stata una parte importante della spesa sanitaria totale. Questa voce è sempre portata a crescere almeno finché non si sceglierà la strada della socializzazione come fu fatto fine a poco fa con la spesa ospedaliera. Perciò, queste derive monetariste, già chiaramente percettibili per la spesa farmaceutica, come pure per le apparecchiature e i macchinari, i software ecc., dimostrano un’assenza totale di strategia industriale ed economica, nonostante il fatto che il Paese spende attorno a 7 % del PIL per il settore sanitario. Il settore farmaceutico rimane comunque importante in Italia. Si potrebbe perciò pensare, oltre a privilegiare i generici, a introdurre una lista prescelta di farmaci innovati a prezzi quasi di generici, negoziando i volumi ed la durata degli acquisto, compensando in parte con agevolazioni per la R&S. In effetti, questa strategia sarebbe positiva per i pazienti, per le finanze pubbliche e per le agenzie farmaceutiche dato che per esse la R&S è una questione di sopravvivenza, mentre condiziona fortemente i costi. Se si aggiunge a questo il risparmio in termine di marketing per i farmaci scelti in Italia, allora non ci sarebbe da esitare. Lo stesso argomento può e dovrebbe essere proposto per le attrezzature sopratutto le più sofisticate. Esse implicano una forza di lavoro molto qualificata, dunque sbocchi per le nostre università e collegi, tanto a monte quanto a valle delle catene economiche.     

In questo quadro poco rilucente, la situazione in Calabria presenta ancora un andamento peggiore alla media nazionale. Una volta ancora – vedi la spartizione dei presidi ospedalieri –, se consideriamo la spesa pubblica e privata pro capite, la Calabria dimostra come sarebbe urgente un vero e proprio risanamento secondo una tutt’altra logica, cioè una logica pubblica rispettosa della legalità e della Costituzione. Il nostro sistema sanitario regionale è patologicamente malato di malaffare a tutti i livelli. La ragione è semplicissima visto che il sistema sanitario rappresenta la più grande voce di spesa regionale, e quindi in una fonte di malaffare parassitario che distrugge senza sapere creare molto, l’unico modo per arricchirsi consistendo nel trasferimento di soldi pubblici nelle tasche dei privati. Con questa logica parassitaria, oggi ancora estesa all’accesso senza nessuna pianificazione strategica ai fondi europei, lo sfascio sarà presto irreversibile. Si sta preparando la stessa scellerata deriva con la gestione dei rifiuti …  Ecco i numeri:

Spesa pro capite pubblica e privata:

Per l’Italia: totale (2263 euro); privata (435 euro, cioè 19, 22 % del totale); pubblica (1829 euro)

Per il Val d’Aosta: (2648 euro); privata (648 euro, cioè 24, 4 % del totale); pubblica (2000 euro)

Calabria: totale (1945 euro); privata (274 euro, cioè 14 % del totale); pubblica (1671 euro)

La Calabria è nelle tre ultime. La spesa totale per la Sicilia è di 1912 euro; in Campania è di 1900 euro.

Tiriamo la nostra conclusione dall’eccellente Rapporto Meridiano 2014:

« Nel Gruppo di Regioni (8) che spendono meno rispetto alla media nazionale figurano le Regioni del Sud, ad eccezione del Molise e le Regioni sottoposte a Piani di Rientro ad eccezione del Molise, Piemonte, Lazio. » 

Sappiamo che la sola Regione uscita del suo Piano di Rientro fu la Liguria, per ragioni contabili. Quello che fu detto sopra spiega le ragioni di questo insuccesso, sopratutto per i pazienti vittime di questo modo di risanarne i conti mettendo la priorità sulla logica della privatizzazione e del riassorbimento prioritario dei disavanzi. Abbiamo spiegato che questa deriva è frutto del federalismo fiscale imposto in Italia senza nessuno studio di impatto preliminare, e senza nemmeno avere sviluppato una metodologia per il calcolo del « costo standard », ergo senza vero fondo di perequazione a parte i tagli lineari imposti dalle Leggi di stabilità, e dunque con LEA finti fortemente correlati ai PIL regionali. Immaginare allora l’effetto sul sistema sanitario del « federalismo competitivo » contenuto nella scellerata controriforma costituzionale di Renzi-Gutgeld! 

4c) POLITICHE DEL PERSONALE. 

In Italia, nel 2016, un anno prima la redazione del PdR, il costo per il personale era di 33,1 % della spesa sanitaria complessiva. In Calabria, era del 39,2 % del totale. Con il PdR, le politiche del personale sono inquadrate dalla logica  dell’austerità regionale.

i) Ristrutturazione : Abbiamo visto sopra come il PdR prevedeva la riconversione di una ventina di piccole strutture ospedaliere. Le ristrutturazione hanno sempre un grande impatto sulla forza di lavoro e sopra la loro rappresentanza sociale. Per una persona non ancora abituata a certe pratiche calabresi, a dire verro intollerabili e totalmente illegali, stupisce che non sia possibile ottenere un’idea, anche approssimativa, della forza del lavoro e dunque degli effetti della riorganizzazione. Sembra ci sia una gestione più o meno occulta. Sapiamo, più o meno, che esistono attorno a 1000 lavoratrici-lavoratori precari in attesa di stabilizzazione al livello della PA regionale. Quando ho verificato sulle pagine Internet delle sezioni regionali dei sindacati no ho trovato assolutamente niente disponibile sul soggetto, e molto spesso neanche sulla sanità in generale. Esiste qualcosa come una connivenza sistematica e/o uno scoraggiamento. Il Commissario ad acta non sembra neanche turbato dal fatto, né alla conoscenza del fatto che – come mi fu detto – sarebbe facile stabilire numeri esatti a partire delle paghe erogate … In queste condizioni, parlare di Piano di Rientro è molto azzardato e diventa ancora più azzardato attendere buoni risultati dalla riorganizzazione prescritta. 

Sappiamo pure dell’eufemismo utilizzato dal PdR per riassumere le sue politiche del personale. Stabilì chiaro e tondo che si doveva procedere con « il blocco mirato del turn over » fornendo pure le percentuali per categorie. Cioè: Amministratori (5 %). Professionali (5 %). Personale sanitario (50 %). personale tecnico (10 %). 

Nella sua peculiare logica contabile, il PdR precisò i risparmi a titolo dell’IRAP che tale blocco permetteva di raggiungere, cioè 7,5 % del costo del personale totale! Abbiamo visto che la diminuzione dei posti letto (65 000 più 7000 in tre anni) aggravò il costo della mobilità passiva. Questa riduzione del personale si traduce in turni massacrati e nel aumento delle inappropriatezze già troppo presenti nella nostra regione, se non addirittura l’aumento dei casi di malasanità. Le conseguenze pratiche di queste scelte non possono essere mascherate con il ricorso alle partite IVA, anche nel caso degli infermieri … 

La storia non finisce qui. Dobbiamo aggiungere il blocco generale del rinnovo dei contratti da ormai più di 7 anni. L’allineamento forzoso del costo per il personale alla crescita del costo dei standard nazionali è notoriamente difficili da stabilire. 

Ma il più grave nel nostro contesto calabrese mi sembra essere la calcolata non-obbligatorietà per le procedure normali che « disciplinano » gli appalti. In chiaro, non è obbligatorio il ricorso alla Stazione Unica Appaltante Regionale o SUA secondo la legge del 7 dicembre 2007. Le soglie di non obbligatorietà sono calcolate ad arte, basta solo moltiplicare gli appalti sotto queste soglie per trasferire milioni e milioni nelle tasche private senza nessuno controllo. 

Così, la soglia di non-obbligatorietà è di 150 000 euro per contratti di lavori. E di 20 000 euro e meno per i contratti di servizi e forniture. E di 20 000 euro e meno per i contratti misti (servizi e forniture). Finalmente è di 75 000 euro e meno per i contratti misti (lavori-servizi-forniture.)

Questo sistema aggrava considerevolmente tutte le derive delle pratiche di esternalizzazione (outsourcing) nel pubblico e nel privato. Nel contesto calabrese, qui risiede una delle fonti maggiore della corruzione pervasiva denunciata dalla Corte dei conti come abbiamo ricordato all’inizio di questa analisi. Questo stato di (mal)affare viene ancora peggiorato da due pratiche italiane incomprensibile se non nel quadro dell’aggiramento delle leggi dal interno del sistema. La prima riguarda non solo la trasparenza dell’attribuzione degli appalti ma pure la mancanza di un autentico cahier des charges, ovvero la lista dei criteri da rispettare per vincere la gara, e sulla basa della quale procedono in seguito i controlli o audits. Senza questo cahier des charges non ci può essere competizione legale tra le ditte appaltanti e sopratutto non ci può essere nessuno controllo sula qualità dei servizi soggetti degli appalti. Secondo, i vincitori degli appalti possono farla franca perché non esiste nessun obbligo di pubblicare il cahier des charges ed i costi dei vincitori degli appalti. Il Freedom of Information Act italiano non permette nessuna verifica e la class action italiana non ha denti. Per colmo, a mia conoscenza, non esiste nessuna Ombudsperson nel sistema sanitario. Queste sono mancanze gravissime con effetti disastrosi per tutto il Paese e particolarmente per la Calabria. Andrebbero corrette d’urgenza con leggi quadro. 

ii) Demografia (età) del personale.

L’invecchiamento del personale, già troppo pronunciato, viene ancora aggravato dall’assurdo aumento dell’età pensionistica in Italia. In realtà, già con il governo Prodi, l’Italia, anticipando gli altri paesi europei, aveva assorbito una gran parte del costo pensionistico dovuto alle tendenza demografiche. Se è vero che a quell’epoca, il sistema assorbiva attorno a 14 % del PIL, è anche vero che lo Stato ne traeva grandi vantaggi anche perché attorno a 20 miliardi di euro servivano già per finanziare il sistema di assistenza (13). Anni fa avevo protestato contro le inutili e nocive politiche di allungamento dell’età pensionistica. La ragione era chiara: mantenere artificialmente al lavoro attorno a 4 milioni di senior voleva dire aggravare la disoccupazione dei giovani di almeno la meta o dei 2/3 di questa cifra, impedendo il necessario rinnovo delle qualifiche, in particolare nelle burocrazie pubbliche nell’epoca dell’introduzione delle TIC. Per i lavori usuranti le conseguenze sono assai peggiori. E sappiamo tutti che i lavori nell’ambito ospedaliere non sono tra i più riposanti! 

Il risultato è disastroso almeno per quello che si riesce a capire dai numeri disponibili. Nel 2014, il 50 % del personale ospedaliere italiano aveva oltre 55 anni. La media OCSE era del 16 % !!! Basta guardare al 2007 in Calabria. Il 50 % aveva oltre a 50 anni e il 10 % oltre ai 60 anni.

iii) La percentuale dei dirigenti rispetto al personale totale racconta un altro aspetto di questa storia di gestione azzardosa, ma mirata, del sistema e delle sue risorse. Se, in Italia, i dirigenti formavano il 20 % del personale totale, la percentuale corrispondente in Calabria era del 24 %.

iv) Precarizzazione sistemica. Abbiamo già menzionato i più o meno 1000 precari non stabilizzati nella PA regionale. Nel quadro delle privatizzazioni anche nelle aziende pubbliche locali – legge Madia, riforma costituzionale Renzi-Gutgeld, forse anche il TTIP ecc., vedi l’analisi sulla controriforma costituzionale disponibile su questo medesimo sito –  i lavoratori esternalizzati saranno sottomessi alla logica del Jobs Act, almeno se sono « fortunati » di poter goderne, cioè ad una precarietà permanente rinnovata da 36 mesi a 36 mesi finché ci saranno le de-contribuzioni sufficienti agli occhi degli (im)prenditori. Come queste de-contribuzioni crollano già, i contratti a tempo indeterminato calano pure. E per colmo, il Jobs Act permette un licenziamento senza causa. (14). In modo palese, l’entrata in vigore del Jobs Act provocò una fortissima impennata dei voucher che da alcuni decina di migliaia ammontavano poco fa a oltre 1,4 milioni!!! Se tutto questa non bastava, la controriforma costituzionale Renzi-Gutgeld aggrava le ultime leggi scellerate sulla rappresentanza dei lavoratori e dei loro sindacati e prevede la fine della concertazione sociale istituzionalizzata con l’abolizione del CNEL (15).

Va ricordato che la UE ha adottato una direttiva che permette il passaggio delle 40 ore settimanali alle 48, 60, 65, e anche alle 72 ore settimanali, secondo i bisogni delle aziende. Nel passato, quando fu adottata in Francia la legge delle 48 ore settimanali, questa legge fu presentata e difesa all’Assemblea nazionale da Jules Guesde; questi si fondava su un dossier stabilito dal grande marxista Paul Lafargue, genere di Karl Marx e dottore in medicina di professione. Lafargue dimostrò come, oltre alle 48 ore di lavoro, la forza del lavoro era così usurata che la sua produttività diminuiva. Nel quadro della nuova regressione filosemita nietzschiana – regressione che sporca il nostro Paese per la seconda volta sin dal 1922 – questi argomenti saldamente fondi sulla scienza non significano più niente. La forza del lavoro, incarnata in una cittadina/o vale meno di un robot. Rosa Luxemburg poneva così l’alternativa : socialismo o barbarie. In altre parole o lavorare tutte/i lavorando meno grazie alla Riduzione della settimana lavorativa con la stessa paga originale ma con servizi sociali bonificati – dunque fondata su una nuova anti-dumping all’OMC –, oppure condividere la povertà tra le lavoratrice ed i lavoratori, mentre il 10 % più ricco della popolazione si arricchisce ancora. 

Nel suo rapporto del 2016, Oxfam notava che 62 persone erano più ricche della meta degli abitanti del Pianeta, mentre l’1 % era più ricco del 99 % rimanente. Queste inuguaglianze sono osservabile anche in Italia dove il 10 % possiede già il 63 % delle ricchezze nazionali. (16) Nel Sud queste inuguaglianze sono ancora più esagerate. Secondo il Piano Operativo 2016 della Calabria il tasso di occupazione nella nostra provincia era di 42,3% mentre le persone povere o a rischio erano del 45,8. (17) Quando scrivevo questo testa il tassi di occupazione era caduto al 38,6 %. 

5) CONCLUSIONI

Sarebbe forse il caso di trarre alcune conclusioni di quest’analisi. Preme farlo in un modo non tanto formalmente normativo quando operativo.

a) Sintetizzare, aggiornare e diffondere l’informazione. Oggi anche le vittime del Piano di Rientro pensano che sia necessario portarlo a termine senza nemmeno sapere cosa questo PdR monetarista raccomanda in termini di ristrutturazioni e di privatizzazioni. Siamo tutti convinti che il sistema va risanato ma deve esserlo mettendo la salute delle cittadine/i al centro del processo. Oggi abbiamo tutti sotto gli occhi i risultati della catastrofica scelta di riconvertire una ventina di presidi ospedalieri e di diminuire di 65 000 i ricoveri nelle strutture pubbliche e solo di 7000 nelle strutture private. L’enormità della mobilità passiva non necessita altri commenti. Forse l’elemento più emblematico dell’ignoranza mantenuta dal sistema al soggetto riguarda l’impossibilità di determinare il numero di impiegati nella sanità calabrese e dunque le loro condizioni di lavoro ecc. Questo non succede nemmeno nei paesi del Terzo Mondo.

b) Trasparenza e obbligazione di seguire un processo pubblico per tutti gli appalti. Abbiamo visto come le soglie per gli appalti esonerati di ogni obbligatorietà sono determinate ad arte causando uno immenso trasferimento di soldi pubblici nelle tasche private senza nessuna possibilità di controllo. Perciò, tutti gli acquisti, indipendentemente delle somme considerate, debbono imperativamente far l’oggetto di appalti pubblici con dei cahiers des charges verificabili e pubblicati. La competenza della SUA deve essere estesa a tutti gli appalti con verifica dell’ANAC. La divulgazione deve essere automatica anche se, in generale, il Freedom of Information Act italiano deve essere esteso. 

c) Creare una Ombudsperson regionale dedicata al settore della Sanità e rafforzare la class action. Tutti i rapporti, incluso il PdR stesso, insistono sopra quello che viene chiamato eufemisticamente « inappropriatezze ». Questo stato di affare risulta solo dalla mancanza di responsabilizzazione nel settore, almeno per quello che riguarda i servizi ricevuti dai pazienti. E vero che le Standard Operating Procedures (SOP) sono importantissime per il buono funzionamento delle burocrazie e dei sistemi sociali complessi. Queste vengono introdotte assieme alle nuove tecnologie nell’ottica della privatizzazione o del monitoring delle spese. Si dimentica l’essenziale, cioè la relazione con i pazienti. Solo creando canali istituzionali di responsabilizzazione si potrà sperare uscire dal drammatico quadro disfunzionale attuale. 

d) Modificare il mandato ed i poteri del Commissario ad acta. Oggi il Commissario ad acta è legato alle decisioni giuridiche preliminari alla sua nomina. In oltre, rimane prigioniero della spartizione delle competenze tra livello nazionale e regionale. Questo rimane vero nel caso del commissariamento dei comuni in dissesto. In effetti, il Commissario ad acta vede la sua funzione circoscritta al riassorbimento dei disavanzi. Si limita il più spesso a stilare una lista di debitori da rimborsare in priorità. Questo viene fatto senza nessuno auditing che sarebbe di rigore per tutti i contratti visto l’opacità degli appalti, per mettere fine al malaffare che troppo speso li caratterizzano. Alcuni vengono rimborsati in priorità invece di finire in prigione. In effetti, la funzione del Commissario ad acta, specialmente nel Mezzogiorno, consiste nel salvare il sistema, sopratutto il più marcio, senza mai pulire le stalle di Augia. I politici hanno subito capito come sfruttare questa inappropriata istituzione, hanno capito che se gli eletti vengono a volte sospesi tutta la burocrazia rimane intatta, ovviamente con tutti i suoi collegamenti clientelari ed altri. Per essere efficace, il Commissario ad acta deve basarsi sopra un auditing completo e rigoroso ed avere il potere di sanzionare tutti quelli che non hanno rispettato l’interesse pubblico e le leggi, senza nessuna eccezione. Altrimenti, diventa fatalmente il garante del sistema di malaffare e la sua migliore legittimazione anche se al suo malgrado.    

e) Cambiare il paradigma economico di referenza. Abbiamo dimostrato qui sopra il legame di causa a effetto tra monetarismo neoliberale e federalismo fiscale, e tra questi ed il collasso del sistema sanitario italiano come pure dell’intero sistema Paese. Non si può più pensare in termini di eccezioni, ad esempio per l’Articolo 107 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea. Questo articolo permette misure diverse ma teoricamente transitorie in caso di forte disaggio strutturale in termini di disoccupazione, di disparità regionale ecc. Oppure per quello che riguarda l’Articolo 44 della Costituzione, ad esempio per gli ospedali di montagna. Oggi, il libero-scambio globale e la speculazione egemonica hanno drasticamente ridotto l’efficacia di queste eccezioni. Basta aggiungere che il marginalismo, particolarmente il marginalismo speculativo monetarista, è solo una cinica narrazione a-scientifica. Il suo scopo è di imporre il « ritorno forzoso ad una società della nuova domesticità e della nuova schiavitù ». Rimando per la dimostrazione a 1) Hi-Ha. Le asinesche allucinazioni visuali degli economisti borghesi (2009); 2)  Compendio di Economia Politica Marxista. Ambedue nel sito www.la-commune-paraclet.com, il primo disponibile in Download Now nella Sezione Livres-Books ed il secondo nella stessa Sezione.

f) Per finire può essere utile dire quale sarebbe il modello sanitario ideale. Le percentuali del settore sul PIL dimostrano che il sistema è più razionale, più efficace e molto meno costoso quando è pubblico. Nel contesto attuale, il sistema pubblico è spesso insidiosamente spinto a diventare disfunzionale per legittimare la sua privatizzazione. Gli esempi nazionali e regionali sono molteplici. Basta citare la recente sparizione di attorno a 50 milioni di euro in Calabria Verde senza che nessuno se ne sia accorto (!), per capire il trucchetto. Il altre parole, quando un sistema pubblico non funziona basta mandare tutti i dirigenti a casa e riorganizzarlo per rendere il sistema nuovamente operazionale ed efficiente senza privatizzarlo. In questo modo, si evita di dovere affrontare i sprechi del sistema privato e la tragica trasformazione degli utenti in clienti. Detto questo, il sistema pubblico sanitario dovrebbe  seguire le linee strategiche seguenti:

  • Primo e Secondo livelli. Il primo livello è quello posto in prima linea: include gli uffici medici ed i laboratori. E ben inteso le cliniche di prima linea da non confondere con i proto soccorso. Con una medicina socializzata si può facilmente raggruppare i medici mettendo a loro disposizione dei laboratori di prima linea e le cliniche di prima linea. Questo favorirebbe la medicina preventiva. In oltre, la professione medica è fra le più propense ad utilizzare le nuove tecnologie, incluso per il monitoraggio epidemiologico e per quello relativo alle prescrizioni. La centralizzazione di queste informazioni nel rispetto della privacy, permetterebbe una migliore pianificazione nazionale e regionale. Di più, favorirebbe la ricerca: in effetti, le banche dati così costituite sarebbero di una grandissima utilità per i medici di medicina generale ma specializzati in ricerche epidemiologiche, dunque conoscitori sul terreno. Questo implica che siano prese in linea di conto le ore lavorative, quelle destinate ai pazienti e quelle destinate alla ricerca. Il tutto potrebbe essere coordinato al livello universitario, non solo nazionale ma internazionale.

  • Il secondo livello include quello che il PdR chiama Hub, Spoke e ospedali generali senza dimenticare gli ospedali di montagna o quelli delle isole poco accessibili. Non serve chiudere l’ospedale di San Giovanni in Fiore con il suo importante bacino silano solo per rendere profittevole certi ospedali privati, situati nelle grandi città più vicine, ma difficilmente accessibili in meno di 60 minuti con l’ambulanza. Precisiamo che l’elisoccorso è necessario ma non può giustificare la chiusura degli ospedali di montagna perché l’elicottero non può sempre decollare. In montagna o in mare le turbolenze sono spesso importanti, per non parlare delle condizioni invernali. Il problema dell’urgenza non va affatto risolto con lunghe attese dissuasive, contrarie allo spirito del sistema per non dire allo Giuramento di Ippocrate. Basta prevedere un buono triage all’Urgenza negli ospedali e prevedere a fianco una clinica di prima linea attrezzata con un laboratorio di prima linea. In questo modo si prende cura dei pazienti e del loro disaggio favorendo pure la costituzione di una banca dati relativa a questo tipo di visite. Per risolvere problemi reali o presunti si deve prima studiare la loro genesi.

  • Sviluppare ricerche e servizi di gerontologia, di geriatria e di mantenimento a domicilio. La popolazione invecchia. Il mantenimento a domicilio, oltre a preservare l’autonomia dei senior, costa molto meno. Perciò, la ripartizione degli ospedali sul territorio non può prescindere dei specifici bacini da servire in tempi rapidissimi, in particolare nelle zone montagne e nelle isole. Da sottolineare che il turismo costituisce un investimento importante: di fatti, secondo le infrastrutture disponibili, il Moltiplicatore settoriale si aggira attorno a 4 o 7 euro per un euro investito. I senior costituiscono una grande fetta della clientela turistica. Di più, dato l’invecchiamento generale, le cure di geriatria rappresenteranno oltre a 4 % del PIL mondiale, una fonte da sapere sfruttare.

  • La socializzazione dei farmaci, con il pagamento all’atto dei medici rimane una delle voci più costosa del sistema sanitario. La scelta di fondi sanitari e assicurativi privati costa molto più caro perché non risponde alla logica mutualistica pura, ma al contrario a quella dell’ottimizzazione dei dividendi per gli azionari. Di più risulta antitetica alla logica odierna della generalizzazione della precarietà. La precarietà diminuisce i contributi sociali e le entrate della fiscalità generale. Questo vale pure per il ticket detto moderatore. Ripetiamo che il fallimento annunciato, e oggi già vistoso, della Obamacare fu proprio dovuto alla scelta di favorire Big Pharma e le grande compagnie di assicurazioni. In modo transitorio, prima di arrivare alla totale socializzazione della politica del farmaco, si può pensare ad estendere l’uso dei generici ed a favorire l’introduzione dei nuovi farmaci di ultima generazione quando questi sono stimati necessari, ma farlo a prezzo quasi di generico. Ne abbiamo già parlato sopra. Questo può essere fatto negoziando volumi di acquisti per un tempo determinato – garantendo così ricette assicurate per le aziende, più i risparmi sul marketing ecc – ed adeguati compensi per il finanziamento delle loro attività di R&S, il nervo della « guerra » in questo dominio. Va sottolineato che i Stati sovrani hanno il diritto, sancito dalla Organizzazione Mondiale per la Salute, di sospendere i brevetti in caso di emergenza sociale. In breve, se lo Stato decide di tutelare la salute delle sue cittadine/i, le aziende farmaceutiche hanno interesse a negoziare. (Nota aggiunta il 15 giugno 2016: vedi l’importante articolo di Médecins du monde e la loro petizione da emulare in Italia: Prix des médicaments : la campagne que les labos ne veulent pas voirEntretien réalisé par Alexandre Fache Lundi, 13 Juin, 2016, L’Humanité http://www.humanite.fr/prix-des-medicaments-la-campagne-que-les-labos-ne-veulent-pas-voir-609422 )

  • La stessa cosa può essere detta per la socializzazione delle apparecchiature medicali e ospedaliere visto l’importante percentuale di denaro pubblico speso nel settore. In altre parole, difendere un settore industriale di punta, settore che necessità una forza di lavoro spesso molto qualificata e dunque propensa a dare sbocchi ai giovani.   

NOTE:

1)HealthTumori così la crisi economica ha fatto aumentare la mortalità, Secondo la ricerca la crisi economica ha fatto aumentare i casi di tumore.

Tra il 2008 e 2010 oltre 260mila decessi in più per cancro nei paesi Ocse e circa 160 mila nell’Unione europea. Ma è un fenomeno non limitato a quel biennio: al crescere della disoccupazione aumentano le vittime. A meno che la sanità non sia universale. La ricerca pubblicata su The Lancet,di TINA SIMONIELLO 26 maggio 2016 http://www.repubblica.it/salute/medicina/2016/05/26/news/mortalita_per_cancro_e_crisi_economica_una_relazione_pericolosa-140584166/?ref=HREC1-4

2)Vedi in http://www.washingtonpost.com/blogs/wonkblog/post/did-the-stimulus-work-a-review-of-the-nine-best-studies-on-the-subject/2011/08/16/gIQAThbibJ_blog.html ; vedi pure http://www.letemps.ch/Page/Uuid/49105d0e-c67f-11e4-959d-74804f4bcbe7/La_bonne_et_la_mauvaise_austérité (questi links furono dati da Jean-Charles nel sito di G. Ugeux site il 11 marzo, 2013). Vedi pure: «  La commission européenne de plus en plus keynésienne ! » Crédits : Reuters) Ivan Best | 05/03/2015, 10:02 – 1396 mots http://www.latribune.fr/actualites/economie/union-europeenne/20150304tribcdbd1e118/la-commission-europeenne-de-plus-en-plus-keynesienne.html. e http://www.la-commune-paraclet.com/EPI%20TWOFrame1Source1.htm#feddilemma . L’estroversione del Moltiplicatore è uno degli elementi che sottolineo da tempo, ad esempio nel mio « Tous ensemble » (1998) e nel mio « Keynesianism, Marxism, Economic Stability and Growth» (2005) ; preventivamente Livre I e Livre III in Download Now, Sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com

3)USA vs Ocse http://www.oecd.org/unitedstates/Health-at-a-Glance-2015-Key-Findings-UNITED-STATES.pdf

4)http://regione.calabria.it/sanita/allegati/piano_di_rientro.pdf e http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?id=1993&area=pianiRientro&menu=calabria

5)http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1224_allegato.pdf (2013)

6)http://regione.calabria.it/sanita/allegati/piano_di_rientro.pdf, p 15

7) Idem, p 17.

8)Health 2016 06 08 Censis 11 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure. Pesano le liste d’attesa. Sono due milioni in più rispetto a 2012. Anziani quasi un quarto di chi salta o rinvia esami e terapie. La spesa privata aumenta del 3%.08 giugno 2016 http://www.repubblica.it/salute/2016/06/08/news/censis_11_milioni_di_italiani_hanno_rinunciato_alle_cure_nel_2016-141551883/?ref=HREA-1

9)Commissario Ausiliare del giudice che ne dispone l’investitura (ecco il blocco sugli aspetti penali) (v. http://www.gazzettaamministrativa.it/opencms/opencms/_gazzetta_amministrativa/_permalink_news.html?resId=4fe7423c-a9fa-11e2-8ddc-5b005dcc639c ) e https://it.wikipedia.org/wiki/Commissario_ad_acta  e http://www.spiaaldiritto.it/articolo.php?id=236

10)http://www.medecinsdumonde.org/actualites/presse/2016/06/13/medecins-du-monde-devoile-une-campagne-choc-pour-denoncer-le-prix-des-medicaments

11) Vedi von Mises Socialism https://mises.org/library/socialism-economic-and-sociological-analysis . L’ebreo-austriaco fascista von Mises afferma che il sistema sanitario pubblico crea la malattia che altrimenti è una questione psicologica e di volontà. (p 475-476 ecc.) In effetti, con una aspettativa di vita attorno a 40 anni il mezzo milione di compagni Dalits in India non ha il lusso di potere ammalarsi … Oggi in Occidente i discepoli rabbinico-nietzschiani di von Mises fanno del meglio per abolire la malattia abolendo la sanità pubblica!!! Per von Mises ogni tipo di intervenzionismo dello Stato era considerato una forma di socialismo, incluso la pianificazione di guerra tedesca durante la prima guerra mondiale, oltre al keynesianesimo e alle teorie della regolamentazione – regulation – economica.

12)http://www.aboutpharma.com/blog/2015/03/26/medicina-difensiva-lorenzin-al-via-commissione-ad-hoc-per-studiare-soluzioni/

13)http://formiche.net/2015/02/22/inps-pensioni-previdenza-assistenza/  e http://rivincitasociale.altervista.org/la-500-scassata-di-boeri-ed-il-miracolo-pensionistico-della-precarieta/

14)Vedi le critiche al Jobs Act in questo medesimo sito. Vedi pure la « Guida al Jobs Act. CGIL » http://www.fisac-cgil.it/wp-content/uploads/2015/04/Guida-Jobs-Act.pdf

15)L’Articlo 99 della Costituzione che sanciva il CNEL viene cancellato dalla contro-riforma renzi-gutgeldiana. Vedi gli articoli sulla controriforma in questo medesimo sito.

16)« Una economia per l’1% », Oxfam 2016, http://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2016/01/Rapporto-Oxfam-Gennaio-2016_-Un-Economia-per-lunopercento.pdf e Poletti: “Reddito minimo di 320 euro al mese per un milione di poveri con minori”(ansa) http://www.repubblica.it/economia/2016/02/01/news/giuliano_poletti_il_ministro_del_lavoro_spiega_il_piano_per_gli_indigenti_e_conferma_l_impegno_del_governo_a_dare_fles-132453506/?ref=HREC1-1

17) POR Tasso di occupazione (2007-2013, p 2/150 = 44,5 % http://regione.calabria.it/calabriaeuropa/allegati/prog_2007_2013/por_fse/por_calabria_fse_2007_2013.pdf ; POR Tasso di occupazione (2014-2020, p 13 = 2013 39,0%. http://www.regione.calabria.it/calabriaeuropa/calabriaeuropa/images/archivio/Programme_2014IT16M2OP006_1_3_it.pdf

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