Commenti disabilitati su (Nonostante la Banca Popolare di Bari) IL MES VA BENE, LA PONDERAZIONE DEI TITOLI NO: il cinismo anti-nazionale dei dirigenti, 14 dic. 2019.

Si ricomincia con il salvataggio della Banca Popolare di Bari con le sue oltre 20 % di sofferenze. (1) Fondi pubblici per i privati ma, come al solito, senza nessuno controllo nazionale. La botte delle Danaidi dei salvataggi neoliberali monetaristi da mettere in confronto con la nazionalizzazione a basso costo, ma facendo tesoro della leva finanziaria, della Northern Rock in GB all’inizio della crisi. (2)

I nostri dirigenti e ricconi sono preoccupati dalla proposta di ponderazione dei titoli, cioè dal loro patrimonio e dal loro portafoglio ma non dalla prossima messa sotto tutela ad vitam aeternam della nostra Repubblica con la riforma del MES, del SRF e dei Cacs. La modifica del SRF e dei Cacs generalizza il bail-in oggi ristretto dall’Unione Bancaria Europea alle sole banche sistemiche. Firmare questa riforma è doppio masochismo.Vogliono premunirsi contro il “haircut” ed il “bail-in” ormai inevitabili nel nostro Paese, anche se, al contrario della Grecia, si cercherà di farlo senza drammatizzazione e con toni rassicurati, visto il pericolo di rivolta del nostro popolo in un Paese membro che rappresenta ancora attorno a 16-17 % del PIL della Zona Euro. (Vedi: http://rivincitasociale.altervista.org/haircut-bank-run-bail-litaliana-2-dic-2019/)

In un mondo dominato dalla governance globale privata delle banche speculative e delle aziende transnazionali, i dirigenti considerano lo Stato, culla della democrazia, come una entità superata a parte la sua funzione di controllo dell’ordine pubblico capitalista. Purtroppo, in questa deriva che risale almeno alla Bolognina del 1992 ed al Vertice del 1993 sul Britannia, i nostri dirigenti filosemitici nietzschiani e spinelliani, sono in prima linea …!

Sul singolare ed egoista timore dei dirigenti, vedi ad esempio:

1 ) Pier Carlo Padoan: “Il Mes? No, il problema è la proposta tedesca sui titoli di Stato italiani” 3 Dicembre 2019 https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13539953/pier-carlo-padoan-mes-proposta-germania-rischio-titoli-di-stato-debito.html

2 ) Visco (Bankitalia) a Berlino: «Sui bond serve offrire alle banche un’alternativa» https://www.msn.com/it-it/money/mercati/visco-bankitalia-a-berlino-sui-bond-serve-offrire-alle-banche-un-alternativa/ar-BBXHJNw

Secondo il suo mandato, la BCE non può agire come prestatore di ultima istanza – lender of last resort – né per lo Stato né per le banche.

Quando i titoli di Stato sono dichiarati junk o spazzatura dalle agenzie di rating, questo giudizio puramente soggettivo si impone alla BCE e a tutti gli investitori istituzionali, ad esempio i fondi di pensioni, che non possono più comprarli. Nemmeno sul mercato secondario come è oggi il caso per la BCE. Il nostro Paese è a due dita di tale declassamento. Non serve a niente tacerlo oppure sperare in un trattamento di favore pure sacrificando servilmente gli interessi superiori della Nazione e dei cittadini.

Per le banche questi titoli degradati conterebbero come sofferenze, peggiorando la loro vulnerabilità e la difficoltà già risentita di rispettare i criteri di Basilea III, senza parlare degli stress test. Gli investitori stranieri hanno già disertato il nostro Paese in modo che, a parte qualche centinaia di miliardi di euro di titoli italiani posseduti dalla Germania e dalla Francia, la stragrande maggioranza si ritrova in pancia delle banche italiane.

In caso di declassamento, lo Stato stesso non avrebbe più accesso ai mercati finanziari per finanziare il suo debito pubblico. Dato che il ricorso al credito pubblico viene escluso per pure ragioni tanto ideologiche quanto poco fondate costituzionalmente, rimarrebbero solo le ricette di ristrutturazione del debito tipo FMI per i paesi africani, sud-americani – ad es. per il Cile di Pinochet o l’Argentina di Macri – e asiatici. Questo metodo micidiale è già praticato oggi dalla UE in Ungheria, a Cipro e, peggio ancora, in Grecia.

La proposta di ponderazione dei titoli è solo un tentativo di prendere atto preventivamente del degrado annunciato del credito italiano, mentre si libererebbe più spazio alla BCE per comprare titoli di paesi più solidi, ad esempio la Germania. Nei suoi programmi di acquisti dei titoli degli Stati membri sul mercato secondario, la BCE non può andare oltre alla quota proporzionale al PIL dei Paesi membri, quota già quasi esaurita per i Bund tedeschi. Per i nostri dirigenti suona come una anticipazione del loro rating come junk. Emblematicamente, la proposta tedesca di rafforzare, anzi di concretizzare, la garanzia di Stato per i depositi individuali fine a 100 000 euro, oggi abbastanza illusoria, non è nemmeno discussa dai nostri dirigenti. Anche perché, in tal caso, si dovrebbe innalzare i ratio di copertura – fissati al ribasso con la riforma di Moscovici ed altri – mentre, come già detto, le nostre banche fanno già fatica a rispettare i criteri prudenziali di Basilea III.

Per loro importa solo salvare le banche, mettendosi al riparo di bail-in troppo onerosi, senza badare troppo alla prossima messa sotto tutela del Paese, oppure alle fusioni bancarie a beneficio di banche straniere. Con la conseguente perdita di controllo sul credito.

Messa sotto tutela dello Stato italiano? Si, e come! Anche perché il nuovo MES riafferma la necessità di abbassare il debito oltre il 60 % del PIL da 1/20 ogni anno come il defunto Fiscal Compact, una prodezza che non è più alla portata del nostro Paese. Prima di partire Moscovici ha di nuovo fatto notare che l’Italia aveva già utilizzato tutti i margini budgetari disponibili senza potere rispettare gli obbiettivi in termine di contenimento e di abbassamento del debito strutturale – anche con l’insignificante e contro-produttivo DEF del ministro Gualtieri. Di fatti, anche Cottarelli sa che  per stabilizzare i conti nazionali all’interno di questi parametri neoliberali monetaristi, ci vorrebbe un avanzo primario di oltre 3 % del PIL per un numero indeterminato di anni, cioè più austerità, più tagli lineari e più svendite di tutto quello che rimane da svendere, dunque i beni comuni, anche al livello municipale, ed il demanio. Proprio quello che si richiede dalla Grecia …

Questo sentiero di consolidamento fiscale neoliberale monetarista è fallito ovunque. Ho già spiegato altrove la sua assurdità. Ad esempio, la falsificazione del PIL sin dal 2014 (3) aggiunge in modo fallace da 3 % a 3,5% contando la droga, la prostituzione, l’evasione, certi armamenti e certi diritti di proprietà intellettuale. Oppure il fatto che le spese pubbliche, per i servizi pubblici essenziali garantiti dalla Costituzione che esibiscono un grande Moltiplicatore economico, vengono contate nel debito pubblico senza tenere conto del loro contributo al PIL; questo perché, essendo servici pubblici, non hanno un “prezzo di mercato”. Al contrario, la privatizzazione dei servizi pubblici – ad esempio la Sanità, con 11 milioni dei nostri concittadini costretti a rinunciare alle cure – conta come crescita del PIL perché allarga lo spazio del “mercato”!!!

Gli armatori e i ricchi non furono direttamente lesi dalle riforme draconiane imposte alla Grecia. Anzi, come ovunque nei paesi sottomessi al regime neoliberale monetarista, si sono arrochiti continuando a spostare soldi a Londra e nei vari paradisi fiscali. Perciò per Visco, Padoan e tanti altri, il problema non è il MES riformato o la necessaria garanzia dei depositi, ma bensì l’allusione tedesca di ponderare il rischio dei titoli di Stato.

Ci sono oltre 10 piccole banche italiane considerate in pericolo. (4) Ma è solo la punta emersa del iceberg. Non per niente la Unicredit sta tagliando in modo drastico nelle sue succursali e nei ranghi dei suoi impiegati. Anche banche regionalmente importanti sono in pericolo. Oggi, guarda caso, nel Mezzogiorno impoverito e spopolato, è il turno della Banca Popolare di Bari con i suoi 20 % di crediti deteriorati in pancia. E appena stata commissariata da Bankitalia mentre si discuta – Renzi, Lega ecc. – se operare o meno il salvataggio dei privati con fondi pubblici. La discussione urgente dovrebbe invece portare sulla necessita di nazionalizzare queste banche vulnerabili ritornando al credito pubblico per garantire i depositi dei risparmianti e il credito alle imprese.

Quando un Paese vede i suoi titoli valutati come junk, la Bce non può più comprarli sul mercato secondario e il mercato finanziario esige tassi molto più elevati – lo spread – mettendo l’economia e il finanziamento del debito in difficoltà. Questo processo porta direttamente alla messa sotto tutela dal nuovo MES istituito come prestatore di ultima istanza che pero non rende giuridicamente conto a nessuno. Per la mia analisi del MES vedi: http://rivincitasociale.altervista.org/riforme-privatizzazione-della-governance-economica-europea-mes-srf-la-politica-economica-budgetaria-serve-un-referendum-nazionale-27-nov-2019/ .

Quando il rischio sovrano di un paese è giudicato spazzatura, benché le valutazioni delle agenzie di rating siano ufficialmente soggettive – per prevenire eventuali contestazioni giudiziari degli investitori –, non di meno tutti gli investitori istituzionali devono rispettarle. Nel contesto attuale, la fuga degli investitori stranieri dal debito pubblico italiano fa sì che sono ormai le banche italiane a detenerne la stragrande quantità.

Il credito pubblico con controllo pubblico non è anatema. E implicato dagli articoli della Costituzione, ad esempio l’Articolo 47 che tutela il credito e il risparmio, oppure gli Articoli che concernano l’economia mista e la garanzia dell’interesse sociale quando il settore privato non è adempiente. Sottolineo che la Germania ha giustamente ristretto il raggio dell’Unione Bancaria Europea – dunque dell’applicazione del bail-in stricto sensu – al centinaio di banche considerate sistemiche. E anche questo che ha permesso l’intervento statale a favore delle banche private con i Fondi Atlante 1 e 2. Ma la Germania difende con intelligenza le sue Sparkassen, ovvero le sue banche pubbliche regionali strettamente collegate al suo efficiente apparato industriale ed economico. Il ritorno al credito pubblico permetterebbe ricapitalizzare le banche italiane vulnerabili a costo modico utilizzando la leva finanziaria media per salvare il risparmio dei cittadini, per comprare il debito pubblico direttamente sul mercato primario e per sostenere le aziende pubbliche e private.

Alcuni propongono di innalzare la soglia del debito pubblico stabilita dal Trattato di Maastricht a 60 % del PIL al 90 %. (5) Si tratta di una proposta che darebbe solo un poco più di corda senza risultato tangibile poiché manterrebbe la logica speculativa dei QE della BCE sul mercato secondario senza ridurre la vulnerabilità bancaria italiana e senza rimettere in causa la logica deleteria della riduzione annua di 1/20 del debito pubblico oltre questo 90 %. Un semplice aumento dello spread abolirebbe ogni eventuale vantaggio per il budget statale.

Senza il ricorso al credito pubblico per comprare e cancellare il debito pubblico anno dopo anno, liberando margini budgetari per gli interventi sociali e economici dello Stato e per garantire credito a buon mercato alle nostre aziende pubbliche o private, non vi è nessuna soluzione, a parte la schiavitù volontaria della nostra Repubblica.

Finché Bankitalia operò come una banca centrale sottomessa al Tesoro, il debito pubblico e para-pubblico rimase molto basso. (Vedi la seria derisoria fine agli anni 70, cioè malgrado la ricostruzione del dopo-guerra e il colossale finanziamento del “miracolo economico italiano” in https://it.wikipedia.org/wiki/Dati_macroeconomici_italiani )

Vostro,

Paolo De Marco.

NOTE:

1 ) Non dobbiamo dimenticare le misure molto efficaci di salvataggio bancario e di ripresa di controllo del debito pubblico con il ricorso alla nazionalizzazione in Islanda oppure nell’Argentina dei Kirchner. In questo ultimo paese, il debito pubblico era sceso attorno a 8 % del PIL prima di esplodere di nuovo con il governo, oggi sconfitto, di Macri e dei suoi maestri a Washington e nel FMI.

 

2 ) Bankitalia commissaria la Banca Popolare di Bari

https://www.msn.com/it-it/money/mercati/bankitalia-commissaria-la-banca-popolare-di-bari/ar-AAK75Iu?ocid=spartandhp . Le istanze di supervisione e di controllo sembrano sempre agire all’ultimo momento, forse per permettere ai grandi azionisti di mettersi al riparo prima della ristrutturazione o del bail-in …

3 ) Per l’assurdità del sentiero di consolidamento fiscale, vedi http://cotroneinforma.org/credito-debito-pubblico-e-tagli/ e http://rivincitasociale.altervista.org/credito-debito-pubblico-tagli-golpe-costituzionale-24-febbraio-2019/ . Notare che in materia di tagli e di svendita del Paese, l’Italia ha fatto da sola fin qui quello che la UE dovette drammaticamente imporre alla Grecia … Ogni ristrutturazione dal MES dovrà perciò intaccare le ossa.

4 ) Risparmi a rischio: in Italia ci sarebbero 10 piccole banche in difficoltà, 30 Novembre 2019, di Leopoldo Gasbarro https://www.wallstreetitalia.com/risparmi-a-rischio-in-italia-ci-sarebbero-10-piccole-banche-in-difficolta/

5 ) Riforma del Fondo salva Stati, fermate quel mostro, http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2019/11/22/riforma-del-fondo-salva-stati-fermate-quel-mostro/ . Questa soglia del 90 % sembra rinviare alla tesi, ridicola ed oggi totalmente confutata, di K. Rogoff e Reinhart, vedi La controverse “Reinhart-Rogoff” est loin de mettre fin au débat dette/croissance, Par Michael Boskin  |  28/05/2013,  https://www.latribune.fr/opinions/tribunes/20130527trib000766784/la-controverse-reinhart-rogoff-est-loin-de-mettre-fin-au-debat-dettecroissance.html

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