Commenti disabilitati su Rapido commento = CONDITIONALITÀ, CRITERI E INDEBITAMENTO AGGEVOLATO CON IL RATING EU: VARIANTE À LA GRECA PER L’ITALIA, 16 aprile 2020

Si tratta solo di un rapido commento. Ritorneremo sull’argomento quando sapremo quali decisioni saranno adottate in sede euro.

Secondo Draghi, l’uomo della Goldman Sachs e del Britannia, dobbiamo fare volare il debito pubblico per cancellare i debiti privati.

Per Prodi, l’uomo del IRI e dell’Ulivo, servono i crononabond, cioè la illusoria mutualizzazione europea del nostro debito nel contesto dell’indebitamento generale dei paesi membri della eurozone e della UE, incluso la Germania.

Per tanti di quelli cari alle commedie di Goldoni si deve riaprire subito costa quello che costa ecc., ecc … e senza troppo badare alle case di riposo, alle condizioni di lavoro, incluso quelle del personale medico e infermiere ..

In entrambi i casi si pensa erroneamente che la crisi attuale sia transitoria. Tanto, per questi, paga sempre Pantalone. Non solo, ma i nostri dirigenti ci stano portando, a gran colpi di misure di controllo filo-semitici nietzschiani e di denunce populiste – in particolare contro Germania e Paesi Bassi – mirate a sviare lo sguardo dalle proprie colpe, verso un scenario greco di ristrutturazione sotto stretta tutela, pure di non introdurre la fiscalità progressiva e il credito pubblico ambedue previsti dall’ordinamento costituzionale. Oltre ad occultare l’univa via percorribile. Cioè, la preservazione dell’indipendenza e della coerenza economico-industriale nazionale, fondata sulla riduzione generale del tempo di lavoro – RTL – appoggiata da un nuova definizione dell’anti-dumping alla OMC, ecc … Questo pieno-impiego raggiunto con la RTL è l’unico strumento suscettibile di fare entrare i contributi sociali e le varie tasse, ridando dignità al nostro Popolo ed alla nostra Patria.

La logica di tutti i programmi discussi fin qui con la UE poggia, al meglio, su pezze temporarie finanziando una minima parte del debito pubblico dai paesi membri in modo da godere, tramite questi programmi, del rating Aaa della EU, invece del nostro spread degradato e oggi nuovamente pronte ad impennarsi.

Il SURE rappresenta pochi miliardi e per poco tempo per sostenere gli ammortizzatori sociali visto che l’impennata della disoccupazione ha fatto volare in aria la Previdenza e l’assistenza sociali. Notati come gli ineffabili vari Ichino, Boeri ecc stano zitti ma pronti a consigliare lo spostamento dell’età pensionabile a 74 anni, anno medio del decesso dei pazienti di Covid-19 … In breve, è un debito pubblico aggiunto ma contrattato con il rating europeo. Niente altro.

Il MES per le spese sanitarie è anch’esso limitato ad una trentina di miliardi di euro per il nostro Paese, cioè un debito pubblico contrattato con l’eccellente rating del MES, che così inizierà il suo « aiuto » al nostro Paese, in chiava greca. Il resto seguirà senza fare onde nella opinione pubblica … Si tratterà ancora qui di un piccolo risparmio derisorio rispetto a tutto il resto che si deve finanziare. Senza condizionalità? Tecnicamente sembra che è quello che sono pronti ad affermare in pubblico. Ma non è quello che fu detto: in realtà, le condizionalità più dure del MES non saranno applicate per questo modestissimo aiuto temporario, a patto che siano rispettati i parametri di stabilità.

Ecco il gatto fuori dal sacco. Il Fiscal Compact, legalmente defunto sin dal 31 dicembre 2018, imponeva al nostro Paese la riduzione del debito pubblico di 1/20 ogni anno della percentuale eccedente al 60 % del Criterio di Maastricht, tenendo conto di due ponderazioni minime, l’output gap – cioè l’andamento reale rispetto a quello previsto – e i margini di flessibilità, attorno a 0,5% del PIL, in caso di circostanze eccezionali come un terremoto etc. Malgrado grotteschi e nocivi tagli lineari, spending reviews e avanzo primario ecc, l’Italia non fu capace di rispettare questo sentiero di consolidamento fiscale quando il suo debito pubblico era attorno a 130 % del PIL. E vero che fu un fallimento gestito « a filo del rasoio » perché la priorità, con complicità europea, era di mantenere una sembianza di equilibrio budgetario per proseguire senza sosta nella strada dell’aggravio delle disuguaglianze, con le politiche regressive centrate sulla deregolamentazione e la privatizzazione muro-a-muro. Chi può pensare sul serio che i nostri dirigenti saranno capaci di rispettare questo sentiero di consolidamento fiscale ora che il debito pubblico sta già levitato attorno a 147 % e forse a oltre 150 % del PlL per i prossimi mesi? Poco onesta, poco competenza, poco serietà.

Gli investimenti europei? Si tratta di una riformulazione del Piano Juncker in salsa Green New Deal. E dunque sempre di partnership EU-settore privato. L’Italia non è nemmeno capace di spendere i 45 miliardi di euro di fondi europei che saranno persi alla fine di questo anno. Immaginarsi!

Rimane la messa in scena per la galleria: chiamare solidarietà europea la corda con la quale impiccare i PIIGS più la Francia di Macron, forse ribattezzandola coronabond. Niente mutualizzazione ma probabilmente il SURE in più grande. Cosa implicherebbe? L’Italia negli ultimi anni doveva rinnovare tra 380-400 miliardi di obbligazioni statali ogni anno. Lo faceva con uno spread relativamente basso. Attualmente ha superato i 200 pb e con un debito a 150 % del PIL è facile capire che il peso più grande del nuovo indebitamento – verso 600 miliardi invece di 380 l’anno scorso – si aggiungerà uno spread nuovamente alle stelle. Ma questa strategia permetterà alla Lega e alla Piattaforma Rousseau pretendere criticare il MES accettando pero di rispettare i parametri di stabilità come descritto sopra; permetterà pure di gridare vittoria salutando questa bella solidarietà europea purché sia bene impacchettata con un buon marketing… Sarebbe un grosso sbaglio visto che la crisi strutturale, oggi scatenata, sarà dura e duratura. Peggio ancora, nata dalla finanza speculativa che cannibalizzò l’economia reale duranti tutti questi anni, non potrà essere risolta con il ricorso alla finanza speculativa.

In chiaro, il nostro Paese è rovinato, anche perché il nostro rating è a poco gradi del rating junk con il quale si metterebbe in moto una catena infernale. Primo, la BCE non potrebbe più comprare il nostro debito pubblico sul mercato secondario, cioè a favore delle banche italiane, le quali già piene di Non performing Loans, andranno sotto. Secondo, il rating anche se soggettivo si impone a tutti gli invertitori istituzionali che non possono comprare junk bonds. Né l’Italia, né la zona euro dispongono di una propria agenzia di rating, malgrado le mie ripetute avvertenze. Rimarrebbero i fondi vulturi! Che il MES riformato rafforza a modo suo …

Ditemi voi se il giochetto della UE, che consiste nel fare beneficiare del suo ottimo rating attuale, fa una grande differenza visto non alleggerirebbe molto il peso del rifinanziamento annuo di un debito pubblico, comunque in salita. Questo senza potere più contare su un grosso avanzo primario anche se la crisi fosse temporaria, e non lo sarà – da 3 % raggiunti a stento anni fa, l’avanzo primario si stabiliva ultimamente attorno a 1 % malgrado tutti i Cotarelli et al., di questo povero mondo. In Italia rimane poco da tagliare e da privatizzare, a parte il patrimonio artistico e archeologico – 1/3 del mondiale – già in parte in mano a gestione privata. Cioè, come per le autostrade con assest in abbandono – musei, autostrade, ponti – ma con grassi dividendi pagati, ogni anno, a scapito dello Stato, a vari azionisti privati …

Non si esce mai di una crisi economica strutturale con i stessi metodi di prima ed ai stessi livelli. La « distruzione creative » è una inettitudine come già sapiamo. Ma, se la prendiamo sul serio, significa che la crisi e le sue centralizzazioni-concentrazioni di capitale distruggono spietatamente tutto quello che non è più produttivo – Italia 500 imprese di alta qualità e 90 % di piccole imprese familiari con salario netto e salario differito già alla corda … – Questa distruzione permette di ripartire su altre basi più produttive, cioè con meno mano-d’opera. Solo che questa volta per quello che riguarda la parte cosi « liberata » non potrà essere assorbita da nuovi settori e da settori intermedi – come fu il caso con il New Deal e con lo Stato Sociale europeo del dopo-guerra – perché, oggi, tutti questi settori sono intensivi in capitale – robot, IA, 5G ecc -, mentre sono emersi altri giganteschi concorrenti, ad esempio, in Asia.

Perciò ci stanno preparando un scenario di uscita di crisi peggiore di quello imposto alla Grecia pur di non toccare ai privilegi della nostra classe di incompetenti spesso corrotti e mafiosi ma ricchi.

Ritorneremo sull’argomento. Basta dire che non esiste nessuna vera via d’uscita senza applicare, al minimo, il programma da me proposto nel mio Appello in questo medesimo sito.

In conclusione, faccio notare che la Banca di Inghilterra, anche se per ora solo in modo marginale, interviene di nuovo sul mercato primario del debito di Stato. E vero che la BCE non lo può fare perché questo è impedito dai Trattati come quello di Lisbona e il Trattato di Funzionamento della UE. Ma è anche vero che esiste una differenza tra moneta e credito. Il suo Statuto conferisce alla BCE la gestione della moneta – stabilità dei prezzi – e, congiuntamente con i paesi membri, la gestione del tasso di scambio dell’euro, e gli impedisce di intervenire sul mercato primario.

Ma il suo Statuto non gli conferisce il credito oggi abbandonato alle banche private con la mediazione della dozzina di banche private dette primarie per semplice volere dei Stati sovrani. Invece l’Articolo 47 della Costituzione conferisce allo Stato la tutela del risparmio e del credito. Dunque, lasciando la gestione della moneta alla BCE, i Stati membri debbono riprendersi d’urgenza l’emissione sovrana e la gestione del credito, al minimo per quello che riguarda il credito pubblico – il finanziamento diretto del nuovo debito pubblico – e para-pubblico, cioè in questo ultimo caso, il necessario finanziamento del debito delle imprese nazionali e locali che operano per l’interesse strategico nazionale – ILVA, Alloggio sociale, Alitalia ecc. – o per i beni comuni, come l’acqua, al livello nazionale e locale.

Paolo De Marco.

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