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COME CREARE UN COMITATO CITTADINO PER IL LAVORO DIGNITOSO, 16 Marzo 2017

  1. Raggruppare un piccolo numero di cittadine e di cittadini disoccupati e precari o semplicemente interessati. Tra questi possono essere persone che non lavorano sia che siano già in pensione o altrimenti disponibili ma comunque disposti a dare una mano in quanto cittadini rispettosi dei principi cardini della nostra Costituzione, in primo luogo il diritto al lavoro ed alla solidarietà nazionale. Deve essere chiaro sin dall’inizio che la mobilitazione dovrà durare più mesi.
  2. Indirizzare l’azione sulla base di due principi: 1) « No sussidi, lavoro dignitoso »; 2) Il Comitato svolgerà le sue attività in modo pacifico, civile e costruttivo. Il primo principio scaturisce dall’Articolo 1 della Costituzione. Il secondo rimanda all’Articolo 99 della Costituzione il quale garantisce una autentica concertazione socio-economica. In oltre, parte dal presupposto che, nell’Italia attuale, la richiesta del rispetto della Costituzione e della legge, incluso per quello che riguarda la concertazione sociale con i gruppi della società civile, sia diventata la richiesta la più rivoluzionaria possibile. Oggi, in Italia, preme la certezza della legge per tutti e non solo la certezza della pena per i più deboli.
  3. Sopra questa base chiedere l’attualizzazione nazionale e europea dell’intervento obbligatorio dello Stato, a tutti i suoi livelli, per garantire l’utilità sociale ed eventualmente il rispetto delle zone montane. Ad esempio, con la creazione di cooperative pubbliche, con appositi comitati operai, capaci di procurare il co-finanziamento necessario per attingere ai fondi regionali e/o europei. Non si può pretendere che i disoccupati siano in grado di farlo! Nel bilancio della Regione esiste una voce dedicata specificamente a questi co-finanziamenti. Se i fondi destinati a questa voce non sono adeguati, allora si perdono miliardi di euro di fondi europei che in realtà risultano essere una parte dei fondi italiani totali versati all’UE, una vera e propria assurdità. Si può anche presentare progetti concreti adattati alla situazione locale da valutare insieme con il Comune ed con la Regione.
  4. Scegliere un posto per iniziate la mobilitazione – usualmente davanti al municipio. A volte, i sindaci rimangono sufficientemente vicini della loro popolazione e non esitano ad offrire l’uso della sala consigliare per le riunioni, in particolare d’inverno. Così il municipio è « occupato » ma sulla base di un accordo tacito. I primi mesi, la presenza deve essere giornaliere – se necessario organizzando turni – per dimostrare ai media ed ai dirigenti la propria determinazione. Poi si potrà funzionare chiamando una Assemblee Generale una o due volte a settimana – o secondo i bisogni – per decidere il da fare e organizzare le mobilitazioni necessarie davanti la Prefettura e/o la Cittadella. Quando non c’è un accordo tacito con le autorità si deve sempre dare avviso alla questura almeno 3 o 4 giorni prima.
  5. Invitare tutte le altre cittadine e cittadini a partecipare numerosi assicurando rispetto mutuale e rispetto del processo democratico. Ad esempio le decisioni principali dovranno essere prese in Assemblea generale. Evitare come la pesta, i piccoli comitati decisionali perché porteranno solo a divisioni ed a strumentalizzazioni diverse. (Vedi lo Statuto del CCLD di San Giovanni in Fiore nella Categoria Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso in http://rivincitasociale.altervista.org )
  6. Chiedere un incontro alla Regione per discutere di un Piano di sviluppo locale da inserire in uno Piano di sviluppo regionale. Le tematiche attuale del POR o del PSR non rilevano di nessuna pianificazione strategica. In questo modo, non solo non si sfruttano né le sinergie esistenti né dell’effetto cumulativo, anno dopo anno, dei progetti messi in opera. Al contrario, in modo più grave, si continua a trasferire i soldi pubblici nelle tasche dei privati nel modo più anomico immaginabile. Spesso questo modo di fare causa uno doppio spreco: quello dei fondi erogati e quello dei terreni utilizzati. Ora, in Calabria, si spreca più terreno che nelle altre regioni e gli elefanti bianchi sono legioni. In effetti, ci vorrebbe d’urgenza una legge per restringere questo uso ogni volta che si potrebbe utilizzare terreni già disponibili, ovviamente con i fondi necessari per ammortire le bonifiche dovute. Si prenderebbe due piccioni con una fava sola.
  7. Fare rete con tutti gli altri Comitati di cittadini, in Calabria e in Italia. Questa rimane la questione essenziale per pesare sul sistema decisionale calabrese, oggi troppo lento e troppo dipendente della vecchia logica delle cordate spezzo neanche legalmente presentabili.

Paolo De Marco

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