Commenti disabilitati su Secessioni : Europa delle regioni sottomesse al capitale o Europa sociale fondata sull’Europa dei suoi Stati nazioni o multinazionali? 6 ottobre 2017

Va pensiero!

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1 ) Commento rapido a: « Il referendum catalano svela le ambiguità di Podemos e Colau » di Marco Santopadre  http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/09/10/referendum-catalano-podemos-colau-095442 (scritto il 10 settembre 2017)

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2) Commentaire rapide de l’article: « Les huit questions que pose une éventuelle déclaration d’indépendance de la Catalogne » LE MONDE | 04.10.2017 à 11h35

Mis à jour le 04.10.2017 à 17h34 | Par Anne-Aël Durand http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2017/10/04/les-huit-questions-que-pose-la-future-declaration-d-independance-de-la-catalogne_5195953_4355770.html (rédigé le 6 octobre 2017)

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1 ) Commento rapido a: « Il referendum catalano svela le ambiguità di Podemos e Colau » di Marco Santopadre  http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/09/10/referendum-catalano-podemos-colau-095442 (scritto il 10 settembre 2017)

Machiavelli ha sicuramente fatto un salto nella sua tomba, lui che dava ai numerosi principati italiani gli esempi di unità nazionale della Spagna e della Francia!

Secondo la tesi marxista, lo Stato-nazione fu l’espressione politica della conquista del potere di Stato da parte della borghesia: si creava un perimetro nel quale si implementava la Riproduzione Allargata di una data Formazione Sociale secondo la legge del valore con la mediazione, inizialmente ristretta ma sempre presente, dell’inserzione della detta Formazione Sociale nell’Economia Mondiale Capitalista.

Questa forma si perfezionò con lo Stato sociale o la sua versione anglosassone il Welfare State anche chiamato Stato keynesiano. Il posto relativo nella catena della sovrappiù mondializzata rimaneva determinato dalla pianificazione strategica nazionale, ufficialmente implementata o meno. In oltre, la creazione del sistema sociale metteva in atto dei circuiti virtuosi di risparmio istituzionalizzati – programmi sociali ecc. – , nel medesimo tempo stabilizzando l’operazione del modo di produzione capitalista e accrescendo lo standard di vita dei cittadini. Cittadinanza e coerenza della Riproduzione Allargata vanno di pari passo.

Il sistema del socialismo reale fu straordinariamente efficace nella creazione di un vero e proprio Stato multinazionale proprio perché, malgrado tutte le differenze – linguistiche, culturali ecc -, naturalmente riconosciute come parte dell’uguaglianza ontologica socialista tra individui e tra popoli, seppe mantenere e ampliare progressivamente i diritti sociali fondamentali di tutti i cittadini al livello federativo sopranazionale. Questo nel quadro di una divisione sociale socialista del lavoro intra-nazionale e intra-federazione delle nazioni socialiste. In effetti, i cittadini sovietici non hanno mai votato contro il sistema: tutte le elezioni dopo il 1991 furono truccate, lo documentò pure il giornale Le Monde all’epoca, senza parlare del bombardamento del Parlamento nel mese di ottobre 1993 da un criminale e avvinazzato Eltsin con l’aiuto della Quinta divisione interna direttamente appoggiata dagli Americani.

E proprio questo che la Unione europea non ha saputo compiere, cioè la creazione di uno Stato multinazionale rispettoso dei diritti fondamentali dei cittadini e dei popoli membri. Questo può essere compiuto tramite la costruzione dell’Europa sociale fondata sull’Europa dei suoi Stati-nazioni o multinazionali. Solo così si potrà creare uno nuovo spazio allargato per la Riproduzione sapendo che la preservazione dei diritti sociali non è solo una necessità socio-economica ma anche il fattore principale di coesione socio-nazionale e multinazionale.

Il mercato globale non può giocare questo ruolo da per se. L’Europa neoliberale attuale da la preminenza ad una microeconomia irrazionalmente sbarazzata dalla macro-economia, malgrado la formazione del valore di scambio, cioè la realizzazione della Riproduzione Allagata, non sia concepibile fuori del quadro macroeconomico. E questo il cuore pulsante della regressione federalista spinelliana oggi egemonica tra le cosiddette elite europee. (Vedi, ad esempio, il Rapporto dei 5 presidenti.)

Un’economia ridotta alla microeconomia serve solo gli interessi delle banche e delle imprese transazionali private. Così facendo, i Stati repubblicani o i Stati-nazioni tout court appaiano come un ostacolo all’accumulazione del capitale (speculativo globale). Similarmente, il cittadino viene ridotto allo statuto di mere fattore di produzione valutato unicamente secondo il « costo del lavoro » individuale, facendo così astrazione del carattere umano del lavoratore. Questi deve purtroppo riprodurre la sua forza di lavoro all’interno di un focolare, fatalmente di taglia variabile. Detto in modo lapidario, un’economia fondata sul solo salario capitalista individuale nel quadro di una competizione globale non permette di finanziare i programmi sociali – contributi su busta paga ecc. – o il ruolo dello Stato nella preservazione degli interessi generali. Alla fine aggrava la crisi strutturale del capitalismo alimentando una spirale negativa. Questo perché attizza la contraddizione sotto-giacente tra sovrapproduzione e sotto-consumo.

Perciò, il grande economista walrassiano classico Maurice Allais denunciava l’Europa neoliberale e difendeva il concetto di Preferenze Comunitarie, cioè una armonizzazione verso l’alto dei diritti sociali dei cittadini dei paesi membri. Il mercato globale neoliberale sa solo creare disuguaglianze insostenibili, non sa ottimizzare la divisione sociale del lavoro nel rispetto dei diritti sociali dei cittadini. Obbiettivo che potrebbe pero essere raggiunto con una nuova definizione dell’anti-dumping capace di proteggere i tre componenti del « reddito globale netto » dei focolari. Questo ci rimanda all’Europa dei Stati-nazioni e all’Europa sociale.

Non sorprende dunque che dopo la firma del Uruguay Round e quella del Trattato di Maastricht si scatenarono forte tendenze centrifughe, aggravate da manipolazioni demagogiche populiste, xenofobe e razziste. Queste tendenze mettono pure a male i Stati europei già federali, ad esempio il Belgio e i Paesi Bassi, oppure quelli che riconoscono già certe autonomie locali storiche come l’Italia. Scampa per ora la Germania visto la tenuta della sua economia … La logica della devolution aveva già mostrato i suoi limiti nelle rivendicazioni della Scozia, del Galles e presto dell’Irlanda del Nord ma più ancora nel alto tasso di disoccupazione e di zero hour jobs fuori del Grande Londra particolarmente fuori della parte Ovest, oppure nella longevità ridotta – 54 anni per i maschi … – dei cittadini di Glasgow, l’antica metropoli industriale del Regno Unito.

La vera posta in gioco riguarda i diritti sociali dei cittadini e dunque la coerenza della Riproduzione Allargata. Europa del capitale, con Stati e Regioni sottomessi al neoliberalismo dalle loro borghesie oramai trasversali e apolide, oppure Europa sociale nel quadro dell’Europa dei Stati-nazioni? Questa sembra essere la questione fondamentale.

Paolo De Marco

(Traduzione della NB al commento in francese qui sotto:

La crisi attuale in Spagna è il frutto del lento marcire della situazione dovuto alla collusione delle elite regionali e nazionali mirata allo smantellamento dello Stato sociale ed alla privatizzazione muro a muro – Pujol è un neoliberale peggio di tanti altri. Queste elite spinelliane cercarono pure di creare l’illusione di una secessione compatibile con l’Europa, ovviamente l’Europa del capitale. La sinistra, trascinata da questo populismo, non ha nemmeno saputo difendere il progetto di Europa sociale fondato sull’Europa di Stati-nazioni!!! (rimando qui agli articoli pertinenti disponibili nella sezione Economie Politique Internazionale/International Political Economy del sito www.la-commune-paraclet.com )

In Italia siamo oggi alle prese con un simile marcire in un squallido contesto etico-politico. Così i progetti di trasferimento – devolution – qui quasi tutti i poteri alle regioni costituiva il cuore della riforma anticostituzionale della Costituzione italiana proposta da Gutgeld-Renzi, progetto ripudiato da oltre 59 % delle elettrici ed elettori italiani durante il referendum del 4 dicembre 2016. (vedi la Categoria « Costituzione » di questo medesimo sito ). Buttati fuori dalla porta tentano di entrare dalla finestra: sono proprio questi trasferimenti anti-costituzionali che sono oggi illegalmente riproposti nel Veneto e in Lombardia come pure – prova se c’è n’era ancora bisogno dell’ampiezza di questo marcire – in Emilia Romagna, regione fine a poco tempo fa considerata come il simbolo dell’attualizzazione possibile della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Perciò, i cosiddetti « referendum » del 22 ottobre non hanno nessuno carattere legale e non possono certo essere finanziati con fondi pubblici ecc. Non possono avere nessuno altro valore se non quello di sondaggi di marketing. Ci troviamo confrontati alle derive grezze dei « son padron a casa mia » caratteristiche di società ancora arcaiche, patriarcali e a volte primitivamente endogame, tale quelle denunciate da Goldoni nella sua magnifica opera teatrale « I rusteghi » ( vedi : https://www.youtube.com/watch?v=c-E72r2DoAs .)

Il governo e la magistratura dovrebbe chiarire queste evidenze prima che sia troppo tardi. Devono nuovamente intervenire le associazioni che il 4 dicembre dell’anno passato hanno salvato la Costituzione. Purtroppo questa era già stata « flessibilizzata » oltre misura sin dal 2001 con un federalismo fiscale distruttivo e implementato al solo beneficio del capitale speculativo senza il minimo studio di impatto preliminare. Devono d’urgenza tirare le cose al chiaro, mentre tutta la sinistra deve rifare con massima serietà i suoi compiti rispetto all’uguaglianza cittadina nel quadro della spazio nazionale, europeo ed anche onusiano.

Il commento in francese segnala come i nodi siano arrivati al pettine per questa Europa del capitale speculativo egemonico.

Brano tradotto: « Cosi il sistema, del quale il Rapporto dei 5 presidenti aveva già previsto l’evoluzione ultima, si rivela in crisi:

A ) Pochi mesi fa, l’Unione bancaria europea ha rivisto le sue ambizioni autorizzando i salvataggi nazionali per l’Italia e dunque per i singoli paesi membri. Grazie alla Merkel era stata ristretta alla nascita a più o meno 130 soggetti detti sistemici ma i dirigenti europei influenzati dal settore finanziario speculativo, si erano forzati a generalizzarla contro gli interessi dei cittadini per farli pagare il costo dei salvataggi con i bail in.

B ) Dopo avere distrutto l’Africa del Nord e la Libia e aggravato i flussi migratori, la Francia ha de facto fatto saltare in aria il trattato di Schengen e con lui ha messo in grave pericolo uno degli elementi chiave dell’integrazione europea caro a tutti i suoi popoli membri, cioè l’Articolo 63 del mini-Trattato di Lisbona. Questo garantisce la libera circolazione all’interno delle frontiere comune. La libera circolazione delle merci non bastava per fare l’Europa e, di fatti, il mercato comune andava di pari passo con il GATT e con la pianificazione statale, cioè una integrazione parziale.

C ) Il caso della Catalogna mette ora un temine alla regionalizzazione anti-nazionale: la Spagna sarebbe marginalizzata se si lasciasse smembrare in molteplici regioni in una Europa neoliberale infeudata al suo Centro di gravità e nella quale anche l’Italia sarebbe ancora più marginalizzata di oggi – vedi i referendum nel Veneto, Lombardia ecc. La stessa Francia risulterebbe marginalizzata. Al contrario, per la Spagna e la Francia, la UE doveva essere un spazio o blocco socio-economico più vaste nel quale fare valere le rispettive zone di influenza culturali ed economiche oltre Europa per il bene comune.

Ovviamente la microeconomia senza macro-economia responsabile di queste nuove contraddizioni è una inettitudine senza avvenire.

Non è neppure vero che il diritto internazionale ha priorità sulle costituzioni interne. Quelli che danno il caso di Danzica come illustrazione di questa preminenza commettano un controsenso; hanno probabilmente dimenticato che Danzica – come Gerusalemme negli Accordi onusiani del 1947 – aveva acquisito lo statuto di Città internazionale. Per colmo sono poi obbligati pretendere che questo non si applica ai paesi democratici!!! Per parlare delle cose nostre, è vero che in Italia post-1992 c’è un abuso permanente del Articolo 11 in questo senso anche quando non vi era conformità con la Carta onusiana. In effetti, tale preminenza sarebbe contraddittoria con la Carta fondamentale della ONU la quale sancisce la sovranità dei Stati membri e il principio della non-ingerenza negli affari interni. I popoli possono ovviamente disporre di loro stessi ma nel quadro legale, benché secondo il gioco delle Potenze questo quadro possa a volte essere imposto a posteriori – Iugoslavia ecc . Conviene comunque vietare la confusione tra « popolo », termine utilizzato nella Carta onusiana che rimanda alla cittadinanza, e « nazione », cioè un’entità sociologica. Logicamente parlando si tratta di categorie distinte non di categorie opposte.

In effetti , il diritto internazionale in questa materia ha seguito l’evoluzione del carattere di legge naturale implicato nella riconoscenza delle minoranze nazionali. Cosa assai diversa. Cosa che ci rimanda alla questiona del trattamento democratico delle minoranze nazionali e, al limite, alla questione della Stato multinazionale, a volte tenendo conto delle autonomie storiche riconosciute nella Costituzione.

Ritorniamo così alla questione di base : Cioè, cosa costituisce la cittadinanza oppure, meglio ancora, che senso dare all’uguaglianza tra tutti i cittadini, indifferentemente dal genere, uguaglianza che la cittadinanza impone per definizione? Il termine popolo utilizzato dall’ONU, creatura anch’essa della Resistenza al nazifascismo, è compatibile con la cittadinanza e permette di inglobare le nazioni, sia tramite lo Stato multinazionale sia tramite i diritti delle minoranze nazionali.

Questa uguaglianza cittadina rinvia ai diritti democratici formali ma non solo; rinvia anche alle basi materiali necessarie per attualizzare l’uguaglianza formale, cioè all’estensione progressiva del « reddito globale netto » dei focolari – dunque ai diritti sociali fondamentali – visto che la riproduzione socioeconomica non può essere abbandonata nelle mani dei soli attori privati. »

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2 ) Commentaire rapide de l’article: « Les huit questions que pose une éventuelle déclaration d’indépendance de la Catalogne » LE MONDE | 04.10.2017 à 11h35 • Mis à jour le 04.10.2017 à 17h34 | Par Anne-Aël Durand

LE MONDE | 04.10.2017 à 11h35 • Mis à jour le 04.10.2017 à 17h34 | Par Anne-Aël Durand http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2017/10/04/les-huit-questions-que-pose-la-future-declaration-d-independance-de-la-catalogne_5195953_4355770.html (rédigé le 6 octobre 2017)

Commentaire rapide: (Voir plus haut mon commentaire en italien sur fédéralisme spinellien néolibéral versus Europe sociale fondée sur l’Europe des Etats-nations. )

L’UE spinellienne est en crise du fait des contradictions du néolibéralisme – lequel en éliminant les purges par les sauvetages permanents de la finance et des transnationales élimine le seul mécanisme existant de feedback capitaliste, le ratio prudentiel des banques ne suffisant pas ; en effet, le marginalisme ne sait pas faire la différence entre profit, intérêt classique et intérêt spéculatif donc entre économie spéculative et économie réelle ; le marginalisme n’a pas d’autre théorie de la monnaie que celle ridicule des courbes offre-demande, établies de manière illogique puisque pour trouver l’offre on donne la demande en prix (!) et idem pour trouver la demande on fournit les barèmes de l’offre en prix !!!

«Une fois encore » nous sommes dans le cadre d’un capitalisme philo-sémite nietzschéen, un corporatisme fascistoïde. Or, ce système fait eau de toute part, bien que les bidouillages de la comptabilité nationale – plus de 3 % ajouté en 2014 en comptant drogue, prostitution, armement etc. – ainsi que ceux de l’output gap, du déficit structurel etc. tentent de le masquer. En fait, cette Europe-là, outre qu’elle n’a aucun sens démocratique, ne respecte pas sa propre Histoire et ses différences culturelles-nationales. Fruit du capital apatride, elle est en faveur d’une fragmentation régionale fortement hiérarchisée – Elle repose sur les âneries de la microéconomie dépourvue de toute macroéconomie, c’est-à-dire sur l’idéologie des banques et des firmes transnationales privées globales et de ses servi in camera.

Or, la micro ne fonctionne pas sans macro et la macro impose un espace géographique et démographique pour la formation de la valeur d’échange et pour la reproduction dynamique du système social. Avec la micro hégémonique, il y a bien sûr une reproduction dynamique, pas forcément positive, mais elle est aléatoire et post-hoc selon l’ « équilibre des cimetières » ainsi que démontré dans mon Précis d’économie politique marxiste et déjà dans mon Livre III de 2005 intitulé Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance: i.e., un équilibre constaté après coup et déterminé par une allocation des ressources selon la logique inégalitaire découlant de la taille économique donc du poids décisionnel des banques et des transnationales. Ceci sans tenir compte des réels besoins sociaux ni de l’intérêt général, et en considérant la force de travail comme un simple facteur de production comme un autre. Or, cette force de travail, outre qu’elle doit se renouveler dans des ménages forcément de tailles différentes, a aussi comme vecteur des hommes et des femmes en chair et en os sous forme de citoyennes et citoyens dont on peut bien entendu abuser avec le système électoral soumis au capital et à ses médias et ses faiseurs d’opinion, mais pas toujours et partout.

Ainsi le système dont le Rapport des 5 présidents avait prévu l’évolution paroxystique est aujourd’hui en crise:

a)     L’Union bancaire européenne fut heureusement restreinte à son origine grâce à Mme Merkel. Elle ne concerne plus que quelque 130 sujets dits systémiques. Cependant, les élites européennes, flanquées de leurs soutiens et maîtres financiers, avaient voulu en généraliser la portée contre les intérêts des citoyens pour mieux leur faire payer les bail-in. Cette tentative pris fin avec la nécessité d’ouvrir la voie aux sauvetages nationaux devenus aussi urgents que nécessaires, comme ce fut le cas voilà peu pour l’Italie.

b)    La France, après avoir détruit l’Afrique du Nord et la Libye et aggravé les flux migratoires, a de facto fait sauter Schengen et avec lui elle a mis en péril un des éléments clé de l’intégration européenne cher à tous ses peuples membres, à savoir l’Art. 63 du mini-Traité de Lisbonne qui garantit la libre circulation dans les frontières communes. La libre circulation des marchandises ne suffisait pas à faire l’Europe et de fait le marché commun allait de pair avec le Gatt et la planification étatique. Ce n’était que le tout début du processus d’intégration dans la lignée de la CECA et Euratom.

c)     Le cas de la Catalogne met fin à la régionalisation anti-nationale : L’Espagne serait marginalisée si elle se laissait désintégrer en multiples régions dans une Europe neoliberale inféodée à son Centre, une Europe où la France et l’Italie seraient elle-même marginalisée. Pour l’Italie plus encore qu’aujourd’hui – voir les référendums  en Vénétie, Lombardie etc. Au contraire, pour l’Espagne comme pour la France, l’UE devait être un espace ou un bloc économique plus vaste dans lequel faire valoir leurs zones respectives d’influence culturelle et économique hors UE.

On le voit la microéconomie sans macro est une ineptie sans lendemain.

Il n’est pas vrai non plus que le droit international prime sur les constitutions internes. Certains donnent à contresens le cas de Danzig comme exemple; ils ont probablement oublié que Danzig – tout comme Jérusalem dans les Accord onusiens de 1947 concernant le mandat de la Palestine – avait acquis le statut de Ville internationale. Pour comble, ils se voient ensuite obligés de prétendre que cette primauté ne s’appliquent pas aux nations démocratiques !!! Si on s’en tient aux choses italiennes, il est vrai que l’Italie moderne post-1992 abuse en permanence de l’Article 11 en ce sens, y compris lorsqu’il n’y a aucune compatibilité avec la Charte de l’ONU.

En vérité, une telle primauté violerait la Charte onusienne laquelle repose sur la souveraineté des Etats-membres et sur le principe de non-immixtion dans les affaires internes des Etats. Les peuples peuvent disposer d’eux-mêmes mais dans le cadre légal, bien que, selon le jeu des puissances, ce cadre puise parfois être imposé a posteriori – Yougoslavie etc. Il convient donc de ne pas confondre « peuple », i.e. citoyenneté et « nation », i.e. entité sociologique. Logiquement parlant ce sont des catégories distinctes, non des catégories opposées.

En fait, le droit international en cette matière a suivi l’évolution du caractère de loi naturelle impliqué dans la reconnaissance des minorités nationales. Ce qui est très différent. Et nous renvoie à la question du traitement démocratique des minorités nationales et, à la limite, à la question de l’Etat multinational, voire dans certains cas à l’autonomie régionale historique reconnue par la Constitution.

On revient donc à la question de base : A savoir qu’est qui constitue la citoyenneté ou mieux encore, qu’est-ce qui est imposé par l’égalité citoyenne entre tous les citoyens indépendamment du genre. On se rend compte que le terme peuple utilisé par la Charte de l’ONU est compatible avec la citoyenneté et peut englober les nations – de l’Etat multinational ou les minorités nationales des Etats-nations.

L’égalité renvoie non seulement aux droits formels mais également aux bases matérielles de l’égalité, soit au « revenu global net » des ménages – c-à-d, les droits sociaux fondamentaux – puisque la reproduction socio-économique ne peut être abandonnée aux seuls acteurs privés.

Les arrangements peuvent alors être multiples mais les objectifs égalitaires doivent primer. Par exemple, on peut donner des droits linguistiques, touristiques et d’administration locale aux minorités nationales ou aux nations membres d’un Etat multinational. Ceci suppose un partage de la fiscalité, avec présument une collecte nationale et reversement aux diverses entités pour des raisons de rationalité et d’épargne.

Peut-on transférer le financement économique et social ? Pas sans normes nationales minimum. Ce qui devrait également valoir tendanciellement dans l’Europe sociale – voir mes articles dans la section Economie politique internationale de www.la-commune-paraclet.com . Idem pour l’éducation et les autres pouvoirs dans le partage des pouvoirs, sauf ce qui doit par nature demeurer en commun, routes nationales, moyens de communication et de télécommunication, intra espace national ou international, sécurité etc.

Ces normes nationales peuvent bien entendu reposer, ou mieux encore être consolidées par l’adoption d’une nouvelle définition de l’ anti-dumping par moi demandée depuis des années. Cette nouvelle anti-dumping protégerait les 3 éléments du « revenu global net » des ménages, à savoir, le salaire individuel, le salaire différé – pensions et assurance-chômage etc. – ainsi que les transferts aux ménages via l’accès universel collectivement garanti aux infrastructures et aux services sociaux publics.

Tous les Espagnols et les autres peuples des Etats membres de l’UE devraient y penser sérieusement, car l’actuelle anti-dumping reposant sur le seul coût du travail réduit au salaire individuel, élimine de fait tous les droits du travail – qui, on le rappelle, sont des droits sociaux fondamentaux inscrits dans la Déclaration Universelle des Droits – ainsi que les critères environnementaux minimum, enclenchant ainsi une compétition globale au moins disant, donc très destructrice pour les peuples et pour les citoyens.

Les sécessionnistes inégalitaires – Lega etc. et autres Pujol transversaux – veulent accélérer la déconstruction des droits sociaux. De façon démagogique ils se battent pour la récupération des droits qui devraient être en réalité rester communs – en particulier la fiscalité aujourd’hui partout régressive ; ils le font en instrumentalisant les aspects culturels dont un fond progressiste républicain hérité de l’histoire mais aujourd’hui détourné par eux contre la République espagnole qui reste à réinstaurer. Par exemple, par la convocation d’une assemblée constituante espagnole.

Il y a tout de même plus de 12 % de chômage en Catalogne – dans le sens du BIT i.e. qui inclut uniquement celles et ceux qui ont travaillé une seule heure durant la période de la dernière enquête statistique … Le taux réel, toutes catégories confondues, est au moins le double. On ne peut s’en gargariser tout en brisant la solidarité socio-économique qui est au cœur de la citoyenneté. C’est de la régression pure et simple. D’où les discours frauduleux sur la péréquation, sans rien dire sur les privilèges dont on a joui jusqu’ici du fait de la tendance lourde capitaliste qui favorise automatiquement le Centre, puisque ce dernier est plus outillé pour attirer plus de capitaux et d’autres facteurs de production et d’échange selon la logique inégalitaire purement marginaliste du PIB. On le sait, cette logique est mal corrigée par la péréquation capitaliste et par la reconnaissance des disparités régionales. C’est pourquoi des normes nationales égalitaires très strictes s’imposent.

Mais, comme on le voit aujourd’hui, la collusion spinellienne entre dirigeants nationaux voulant démanteler l’Etat social et les élites spinelliennes philosémites nietzschéennes régionales se heurtent finalement à la difficulté de détruire l’Appareil d’Etat central qui tente pour sa part d’échapper au suicide. Avec des tentations corporatistes fascistes lorsque la gauche ne pèse pas lucidement de tout son poids dans le débat.

C’est pourquoi la gauche doit arrêter d’être brouillonne en ces matières et refaire ses devoirs consciencieusement. Ce qui revient à remettre le développement de l’Etat social au cœur du problème, donc l’élargissement du « revenu global net » des ménages qui est l’expression de la récupération citoyenne d’une partie croissante de la « plus-value sociale », voir mon Précis op. Cité. Ceci doit se faire grâce à la RTT protégée par une nouvelle définition de l’anti-dumping.

En effet, la citoyenneté comprise comme droit des peuples, donc englobant les minorités nationales et les nations, est le seul moyen de faire l’Europe sans tenter vainement de nier sa nature – ses différences nationales – et sa longue histoire d’émancipation égalitaire. Pensez simplement à ce qu’implique la citoyenneté dans un Etat multinational fédéral. Remarquez que, à l’inverse de la logique de la devolution, la dernière réforme fédérale en Allemagne réunifiée a consolidé le rôle de Berlin et que la Cour de Karlsruhe est très jalouse, à bon droit, des compétences et des prérogatives du parlement allemand. Y compris vis-à-vis d’une BCE œuvrant souvent hors mandat. Remarquez également que malgré les inepties proférées à la lueur du Fiscal compact etc, les droits sociaux restent des compétences nationales exclusives. C’est bien de volonté politique et de luttes de classe qu’il s’agit.

Lorsque les savants européens communiquaient entre eux à travers le Père Mersenne ils ne remettaient pas en cause leur appartenance nationale, même s’ils utilisaient souvent une ou plusieurs lingua franca. Dans ces réseaux renaissait l’Europe en tant qu’Europe donc hors de la conception impériale centraliste désormais dépassée. Même dans le cadre de l’Empire romain – mais ceci constitue un aspect universel comme en témoigne l’histoire des empires sumérien, akkadien et babylonien et autres – la contradiction intenable entre exclusivisme et universalisme fut un des moteurs qui influèrent sur la lutte des classes, ce qui mena in fine au développement de la laïcité et du droit naturel.

Ne faisons pas marche arrière. En ce domaine, le droit naturel selon Vico ou Kant vaut mieux que celui ébauché par Leibniz – ou celui voulant aujourd’hui concilier, de manière purement crapuleuse la Déclaration Universelle des droits individuels et sociaux ainsi que nos constitutions nées de la Résistance à un exclusivisme théocratique d’un autre âge, le crime par excellence contre l’égalité humaine.

Paul De Marco

NB: La crise espagnole actuelle est le fruit du pourrissement de la situation dû à la collusion des élites régionales et nationales pour mieux démanteler l’Etat social et privatiser à tour de bras – Pujol est un néolibéral pire que tant d’autres. Cette collusion transversale vise également à légitimer l’illusion d’une sécession en compatibilité avec l’Europe du capital. La gauche, entraînée par ce populisme démagogique, n’a même pas su défendre l’Europe sociale reposant sur l’Europe des Etats-nations !!!

En Italie on assiste à un dangereux pourrissement de la même espèce. Ainsi les projets de transfert – devolution – de quasiment tous les pouvoirs aux régions constituait le cœur de la réforme anticonstitutionnelle de la Constitution italienne proposée par Gutgeld-Renzi. Ce projet fut rejeté par plus de 59 % des électrices et des électeurs italiens lors du référendum du 4 décembre 2016.

Or, ce sont précisément ces transferts anti-constitutionnels qui sont remis illégalement sur le tapis en Vénétie et en Lombardie et également – ce qui montre bien l’étendue de ce pourrissement – en Emilia Romagna, région considérée jusqu’à peu comme le symbole de l’actualisation possible des droits sociaux prévus par la Constitution née de la Résistance.

Les « référendums » du 22 octobre ne sont donc pas légaux, ils ne peuvent pas être financés par argent public etc. Ils ne peuvent avoir d’autre valeur que celle de sondages marketing. Nous sommes ici confrontés aux dérives primaires des « son padron a casa mia » caractéristiques des sociétés encore archaïques, patriarcales et parfois primitivement endogames, telles celles dénoncées dans la magnifique pièce théâtrale de Goldoni « I rusteghi » ( vedi : https://www.youtube.com/watch?v=c-E72r2DoAs .)

Le gouvernement et la magistrature doivent clarifier ces évidences avant qu’il ne soit trop tard. De même, les associations qui ont sauvé la Constitution le 4 décembre 2016 doivent intervenir de nouveau. Comme on sait la Constitution italienne a déjà été flexibilisée outre mesure mais uniquement au bénéfice du capital par le fédéralisme fiscal entériné en 2001 sans aucune étude d’impact préliminaire, et par la modification des Articles 81 – parité budgétaire – et  99 – pacte reaganien de stabilité interne. Ces associations doivent remettre les choses au clair, avec l’aide de toute la gauche qui doit refaire ses devoirs au sujet de l’égalité citoyenne dans l’espace national, européen, voire onusien.)

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