Commenti disabilitati su ROSATELLUM = SISTEMA ELETTORALE, TRANSFORMISMO CRONICO E ROVINA NAZIONALE.

( Vedi : Rosatellum = Rilettura e conclusioni dopo l’approvazione della legge, 10 nov. 2017.)

)

Vedi :

1 ) Rosatellum bis: ecco cosa prevede (la scheda) Coalizioni, sbarramenti, una parte maggioritaria e una proporzionale, ma divieto di voto disgiunto che di fatto obbliga l’elettore a scegliere quale delle due parti privilegiare, di ALESSIO SGHERZA

22 settembre 2017, http://www.repubblica.it/politica/2017/09/22/news/rosatellum_bis_scheda-176193741/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-L

2 ) Legge elettorale. Fanno di tutto pur di impedire il sistema proporzionale di Sergio Cararo  http://contropiano.org/news/politica-news/2017/10/12/legge-elettorale-disposti-pur-impedire-sistema-proporzionale-096590

Nell’Italia neoliberale spinelliana del post-1991 si confonde sistema elettorale e campagna elettorale o, più ampiamente, il gioco politico necessario alla democrazia. Questo tentativo di sovra-determinare i risultati delle elezioni con leggi elettorali fatte su misura porta a corrompere il gioco politico (1) mettendo insieme i più eterogenei gruppi con l’obbiettivo di formare un governo mirato a controllare il potere politico a favore dei poteri forti. (2)

Rispetto al Rosetellum, a prima vista conviene ammettere che questa nuova legge elettorale ha per obbiettivo primario di sbarrare la via ad una eventuale vittoria del M5S. Il premio di maggioranza direttamente attribuito non piace più quando rischia di favorire gli avversari.

In secondo luogo, sappiamo che sin dal karakiri del PCI alla Bolognina, Segni and Co distrussero il nostro sistema proporzionale cercando di filtrare ancora di più la libera espressione dell’elettorato a favore dei poteri forti sempre più neoliberali e globalisti, incluso per quello che riguarda l’« integrazione » europea.

Stiamo dunque nuovamente assistendo alla confezione su misura di una ennesima legge elettorale. Essa è concepita per conservare il potere dei partiti che si sono messi d’accordo tra loro all’esclusione degli altri. Intanto, per essere costituzionalmente legittima, una legge elettorale deve raccogliere il più ampio sostegno possibile. Nel specifico, non può antagonizzare nessuno partito, grande o piccolo che sia, senza fare la prova della sua imparzialità nel attuare i paletti costituzionali, notabilmente a riguardo dell’uguaglianza delle elettrici e degli elettori e della trasparenza del processo per cui il cittadino deve potere valutare l’effetto del suo voto. A me non è mai sembrato che il premio di maggioranza, previsto in modo diretto o indiretto, rispettasse questi due paletti costituzionali. Se non altro perché il nostro sistema democratico è un sistema a suffragio universale. Non è più un sistema « censitario » – concedetemi questo gallicismo utile – cioè riservato ai pochi ricchi capaci, ad un’epoca ormai remota, di pagare il censo e le tasse dirette.

Questo tentativo di monopolizzare il sistema elettorale per garantirsi seggi e maggioranze a geometria variabile prosegue senza nessun riguardo per l’assoluta necessità di permettere l’espressione democratica la più fedele ai desideri politici delle elettrici e degli elettori. Prosegue senza il minimo pensiero di adeguamento allo spirito oltre che alla lettera della Costituzione. Da tempo, denuncio le manie regressive di una gran parte delle nostre forze politiche, oggi troppo propense ad erigere in sistema la falsa rappresentanza politica aggravandola con una grottesca e rovinosa sovra-rappresentanza di pochi, auto-selezionati.

Con rispetto alla nuova legge elettorale, le denunce formulate dalla maggiore parte dei critici sono di due tipi:

1 ) Prima, si denuncia il fatto che il governo ha imposto la fiducia malgrado un impegno formale contrario dal Presidente del Consiglio, che risale alla sua nomina. Come scritto nell’ultimo avviso della Corte costituzionale, la Costituzione prevede che i modi di rappresentanza delle cittadine/i, oltre a dovere rispettare l’uguaglianza tra loro assieme alla trasparenza ed alla prevedibilità del voto rispetto al risultato ottenuto, devono pure essere l’oggetto di un vasto consenso democratico, e non solo parlamentare.

2 ) La secondo critica sottolinea che, una volta ancora, la legge elettorale, frutto marcio di accordi trasversali tra alcuni dirigenti, è solo calcolata per conservare il potere di questi dirigenti e dei loro partiti. La democrazia interna di questi partiti non è sempre avverata. Questo avviene con un abuso cinico del questionabile principio di interpretazione della costituzionalista delle leggi principio detto « della continuità dello Stato ». Leggi anti-costituzionali vengono cinicamente votate dal Parlamento e firmate dai garanti con la consapevolezza che la loro anticostituzionalità porterà al cambiamento eventuale di queste leggi senza pero correggerne gli effetti! E il colmo del trasformismo così protetto dalle norme sancite dalla Costituzione stessa (3) Se la costituzionalità delle leggi venisse rigorosamente verificata prima del voto parlamentare, la qualità e l’imparzialità legislative ne uscirebbero ingrandite. Gli avvisi della Corte costituzionale avrebbero un reale valore esprimendosi per fare chiarezza sopra dei punti di divergenza interpretativa legittimi e non per perdere il tempo dichiarando ultra vires leggi che lo sono in modo evidente e che non avrebbero mai dovuto essere presentate al voto del Parlamento e meno ancora alla firma del Garante supremo.

Benché sia in gran parte superata, la divergenza tra il sistema elettorale utilizzato per l’elezione delle deputate/i e quello per l’elezione delle senatrici e dei senatori, questo sistema elettorale misto mira solamente a fare eleggere i partiti che si sono trasversalmente accordati fuori dal Parlamento per poi spudoratamente imporlo con la fiducia. Cioè con una forzatura inammissibile dei processi democratici parlamentari nella specie come denuncia giustamente il M5S.

Il nuovo sistema sarà uninominale per un terzo e per il resto sarà proporzionale. Il terzo dei rappresentanti eletti col metodo uninominale a un turno – first past the post – non mira solo a rafforzare o a creare artificialmente una maggioranza in Parlamento, il suo vero obbiettivo sta piuttosto nel permettere una rappresentanza non trascurabile a certi gruppi – in chiaro la Lega, il partitino di Alfano e i seguaci di Verdini, per quest’ultimi facendo leva sull’elettorato straniero. Purtroppo questi gruppi hanno una importanza locale ma incorrerebbero il pericolo di essere vicini alla soglia di sbarramento o quasi al livello nazionale. La loro reale debolezza elettorale non permetterebbe allora di farli cinicamente giocare il ruolo dell’ago nella bilancia di governi del centro-destra e di centro sinistra, tutti oggi trasversalmente neoliberali e spinelliani. Questa visibilità nazionale ridotta viene accentuata dal fatto che i rimanenti due terzi sarebbero eletti col proporzionale con uno sbarramento al 3 %. Questo modo di fare altro non è che una pagliacciata elettoralistica.

Visto l’impatto della privatizzazione del finanziamento dei partiti e della privatizzazione dei mezzi di comunicazione di massa, oggi questo metodo proporzionale favorisce naturalmente i grandi partiti che condividono lo stesso « mind set » degli attuali poteri forti. In tutta onesta, questi grazie alle manovre del M5S dal tempo di Casaleggio senior stano diventando dei semplici lobbie di ricchi, tagliando fuori i partiti che hanno meno accesso ai fondi privati – inclusi quelli provenienti dalle piattaforme Internet. In effetti, stiamo ritornando ad un sistema nuovamente censitario.

In questo senso questo Rosatellum risulta abbastanza peggiore rispetto al Porcellum. Non cerca solo di creare artificialmente una maggioranza governamentale ( premio di maggioranza indiretto con l’uninominale ad un turno), cerca pure di dettarne i termini ed i risultati. Pero, questi giochetti producono raramente il risultato scontato, se non altro perché l’elettorato e gli altri partiti, avendo capito la struttura e la dinamica del nuovo sistema, si arrangiano per deviarlo al meglio in loro favore.

In questo caso specifico, è possibile che il tentativo di creare uno sghembo sistematico regionale darà luogo a contromosse più locali tramite liste civiche meno compromesse con le caste trasversalmente neoliberali attuali. La stessa strategia porterebbe anche i suoi frutti con i due terzi dei seggi eletti col proporzionale. Ormai, i partiti mainstream sono delegittimati tanto dal punto di vista economico – fiscal compact, PIL del – 7% rispetto a quello del 2007, tasso ridotto di occupazione e crescita drammatica della precarietà e delle disuguaglianze ecc. – quanto dal punto di vista ideologico-culturale ovvero etico-politico: le loro narrazioni filosemite nietzschiane e spinelliane non convincono più nessuno, anzi portano nuovamente ad un istinto di rigetto spesso canalizzato dal populismo più spietato dato che la sinistra autentica non ha ancora saputo ritornare alla scienza per immunizzarsi da queste narrazioni regressive. Non ha ancora capito che deve ritornare ad un nuovo senso comune scientificamente fondato sul quale riaggregarsi. Ad esempio spiegando che non è né democratico né umano stabilire un ISE a 3000 euro di reddito annuo familiare con 5000 euro immobiliare, incluso la macchina …

Abbiamo detto che il trasformismo è il vizio politico-parlamentare il più accentuato ed il più dannoso della politica italiana. Il suo inizio moderno risale addirittura alla diplomazia di Cavour pronto, secondo il suo proprio termine, ad ogni « connubio » pur di raggiungere l’unità dell’Italia. Questo vizio nazionale fu parzialmente messo in parentesi con la Prima Repubblica, almeno per il popolo di sinistra. Ma per contenere questo, le destre, il centro-destra ed i socialisti non-marxisti – Nenni per primo – entrarono in ogni sorte di compromessi compromettenti. Alla fine anche un pitre avverato e atlantista come Enrico Berlinguer, pur di allontanarsi dalla Unione sovietica, era pronte ad attuare il suo proprio compromesso detto storico. La Bolognina aprì le porte al peggiore trasformismo italiano, questa volte in assenza di un blocco contro-egemonico di sinistra abbastanza forte per far da contrappeso al livello parlamentare e nelle società civile. L’harakiri del PCI andò di pari passo col famigerato Patto sociale del 1992 e con la ratifica del Trattato di Maastricht.

Andando da questo passo, l’Italia, già quasi irreversibilmente rovinata, non si rialzerà più. Diventerà un hinterland per la ricca Mitteleuropa, destino che non ha neanche risparmiato il cosiddetto Modello del Nord-Est, oggi ridotto a subappalti subalterni sopratutto per imprese straniere. Destino che avevo annunciato anni fa e che non sarà certo corretto con le nuove pagliacciate referendarie di fin di mese.

Eppure non è vero che il proporzionale – con finanziamento pubblico – creò instabilità politica. Tutto il contrario. Fine alle sciagurate riforme elettoralistiche di Segni and Co., il sistema politico italiano, unico caso in Occidente, non conobbe nessuna alternanza politica. L’instabilità era di facciata, con il solito teatrino italiano dei cambiamenti di governi, non ha mai implicato una vera instabilità politica. (4) Quando il PCI rischiò di diventare l’alternativa di governo , il Gladio e i Stay behind, con le loro ambasciate straniere di referenza, scatenarono gli Anni di piombo.

Quale sarebbe un buon sistema elettorale rispettoso dello spirito e della lettera della Costituzione ma anche capace di tenere conto del trasformismo nostrale, mutando un problema cronico in una pratica più trasparente e democraticamente accettabile ? Ecco una proposta.

Come da me sottolineato altre volte – vedi sezione « Italia » di www.la-commune-paraclet.com – il problema del sistema elettorale non può essere trattato in modo soddisfacente se non si ritorna al finanziamento esclusivamente pubblico dei partiti politici – anche con soglie di rimborso anti-spreco rigide – ed alla parità nella rappresentanza e la visibilità mediatiche. Si devono almeno rispettare le regole di Queensberry senza pretendere legare i due pugni degli avversari.

Per combattere democraticamente il vizio del trasformismo si deve regolamentare la formazione di coalizioni parlamentari anche con la disciplina di partito e/o di coalizione. Le primarie furono ideate per spogliare i militanti del loro potere a favore di iscritti online di ultima ora; ovviamente questo portò anche al cambiamento della basa sociologica del partito come ben sapeva il PDS-PD nei suoi vari avatar tutti « senza anima ». Le primarie non serviranno mai di collante per le coalizioni perché sono contro-natura. Al contrario, la disciplina di partito o di coalizione rafforza naturalmente l’impegno condiviso sul programma. Dovrebbe andare di sé, almeno se si rispettasse l’elettorato, cioè il popolo sovrano. Questo senza modificare il dettato costituzionale che fa dal rappresentante parlamentare italiano un rappresentante diretto del popolo italiano. Il che, va detto en passant, rende un sistema fondato sulla scelta regionale poco costituzionale ... Cioè, la legge detta la disciplina di partito per mo di trasparenza e di rispetto degli elettori; ma il parlamentare che ritiene dovere uscire da un patito o da una coalizione, può sempre farlo diventando indipendente – con gli eventuali oneri parlamentari che ne seguono – ma sapendo di dovere poi rendere conto al suo partito ed ai suoi elettori.

Su questa base basta un sistema proporzionale con sbarramento molto basso – meglio ancora senza sbarramento altro che il numero minimo della circoscrizione elettorale più piccola – tanto per la Camera che per il Senato, ma a doppio turno. Durante il primo turno si vota per i singoli partiti. Lasciando loro la scelta su preferenze o nomina di partito bloccato per ogni circoscrizione. Questo permette di ridare il suo ruolo necessario alla democrazia interna dei partiti. L’elezione al primo turno avviene con il 50 % più un voto. Al secondo turno, due settimane dopo, si possono presentare i partiti oppure le coalizioni di partiti sulla base di un programma di governo così sottomesso all’approbazione dell’elettorato. In questo modo gli elettori sanno cosa scelgono. La parità di genere dovrebbe essere imposta per legge senza la farsa delle quote rose.

Per favorire la formazione di coalizioni – dunque la stabilità governativa ma in questo caso sancita dagli elettori – si può maggiorare il rimborso delle spese elettorali da 10 % a 20 % per i partiti che accettano di partecipare ad una coalizione. Lo faranno sulla base del programma di governo comune, il che significa che non sarà solo una questione di poltrone senza impegno formale preso davanti agli elettori. Certi partiti rifiuteranno di partecipare alle coalizioni per difendere le loro idee ed i loro ideali ma avranno la parte di finanziamento e la visibilità pubblica che tocca loro. Alla fine, una volta riuscito ad avere un consenso più largo, anche loro entreranno nel gioco – forse come lo fecero i partiti della « gauche plurielle » – ma lo faranno senza sacrificare i loro ideali.

Il punto fermo rimane il programma di partito o di governo presentato agli elettori. Con una legge elettorale imparziale ed equa, la democrazia e la politica ritornano a giocare il loro ruolo, cioè quello di articolare le domande dei cittadini in programma nel quadro di dibattiti informati al livello della società civile, a quello della democrazia interna ai partiti ed al livello elettorale. Non dimentichiamo che il governo è il centro comune dove vengono prese le decisioni rispetto alla migliore allocazione possibile delle risorse della Comunità a favore della Comunità. Perciò, la nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, prevede che lo Stato deve supplire quando il settore privato non è in grado di soddisfare le « utilità sociali » e gli interessi nazionali.

Un tale sistema può anche produrre una frammentazione residuale ma a quel punto la formazione del governo darà luogo a trattative portando a governi che saranno formati sulla base di un programma di governo post-elettorale verificato in Parlamento. Questo era già il caso durante la Prima Repubblica. Per il resto, la stabilità viene garantita dalla disciplina di partito, non dal furto sistemico di voti con premi di maggioranza artificiali che la Corte costituzionale non avrebbe mai dovuto accettare poiché ovviamente contrario all’uguaglianza delle elettrici e degli elettori ed alla prevedibilità del risultato del voto dei singoli. Il governo democratico è per natura un « governo responsabile ». Implica dunque la responsabilità dell’Esecutivo di fronte alla maggioranza ed al Parlamento e la responsabilità del governo e della sua maggioranza parlamentare di fronte al intero elettorato.

Nel caso questo sistema non permettesse neanche la formazione di un governo programmatico di coalizione post-elettorale – evento raro, visto la disciplina di partito – allora si formerebbe un governo tecnico per 6 messi, tempo necessario per ritornare alle urne.

Così facendo si avrebbe la certezza che il governo sarà comunque rappresentativo e responsabile. Proprio quello che i dirigenti trasversali attuali tentano di impedire per distruggere la Costituzione e la Nazione come culla della sovranità del popolo – vedi l’ingerenza delle banche durante il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 nella Categoria « Costituzione » di questo medesimo sito – , privatizzando tutto incluso il finanziamento dei pariti – dunque la forma stessa del partito politico – , e mutando questi in meri lobbie per i poteri forti o meglio per il cosiddetto 1 %, mentre la democrazia sindacale viene ridotta e falsata e mentre leggi scellerate trattano il legittimo dissenso politico come delinquenza da sottomettere a fogli di via o peggio ancora come « terrorismo », termine mai definito …

Paolo De Marco

Ex-professore di Relazioni Internazionali -Economia Politica Internazionale.

San Giovanni in fiore (CS), il 12 ottobre 2017. Riletto il 14 ottobre 2017

NOTE:

1 ) Questa strana ottica poco democratico è verificata da questa citazione di Romano Prodi che certo non è un aquila teorica o politica. « Sono 20 anni – ha spiegato Prodi – che ripeto che un sistema elettorale non è fatto per fotografare un Paese, ma per fornire un governo. Quindi sono sempre stato per sistemi non proporzionali ma che, in qualche modo, raggruppino le energie politiche”. In Europa “credo che tutti adesso abbiano bisogno di sistemi elettorali che obblighino ad un consolidamento dello Stato. » Portando questo ragionamento al suo termine logico, si dovrebbe sostituire le elezioni con una partita di dadi da gioco segnati. Conoscendo il personaggio, i dadi vanno forniti dai soliti poteri forti e il gioco a volta avviene su tavoli che si fanno girare ad arte. Il suo compare Parisi sembra più percettivo : « Se penso al Referendum del 18 aprile del 1993 dal quale tutto è iniziato – conclude Parisi – sento che la primavera della democrazia governante che allora sognammo ha incontrato il suo autunno. » Vedi « Sfogo di Parisi sul Pd: “Decennale? Dopo Rosatellum non è festa, ma lutto. Io e Prodi assenti: sciatteria” » di ALBERTO CUSTODERO, http://www.repubblica.it/politica/2017/10/13/news/pd_parisi_decennale_dopo_rosatellum_non_festa_ma_lutto_-178167017/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S2.4-T1 .

2 ) Questa deriva trasversale è confermata candidamente da Renzi, il degno figlio politico di Berlusconi – secondo E. Scalfari: « Renzi: “Se perde il Pd salta il sistema. Coalizione ma senza primarie. Il candidato premier sono io”

Matteo Renzi e il direttore di Repubblica, Mario Calabresi (agf)

Il leader dem: “Noi unico argine ai populisti, possiamo puntare al 40% alleandoci a centristi, europeisti e alla sinistra civica”. Sul Rosatellum: “Non era la mia legge ma è un passo avanti, fiducia necessaria”, di TOMMASO CIRIACO http://www.repubblica.it/politica/2017/10/14/news/renzi_intervista_pd_prodi_governo_premier-178211074/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1

3 ) Fatto salvo che gli avvisi della Corte costituzionale fanno legge dunque vanno applicati, rimane che non è proibito questionarne il razionale. In effetti, non tutti gli avvisi sono unanimi. Similarmente, nel rispetto dei ruoli rispettivi del giudiziario e del legislativo, non si esclude la possibilità di cambiare le leggi e perfino la Costituzione sulle quali reggono gli avvisi, almeno quando non si tratta dei principi cardini secondo me non modificabili senza una nuova assemblea costituente del popolo. Perciò, il principio di interpretazione detto della « continuità dello Stato » fu chiaramente abusato dalla Corte costituzionale nel suo avviso sul Procellum. Se non fu atto cosciente – la maggioranza del personale di alto livello delle nostre istituzioni repubblicane era de facto delegittimata dovendo la sua nomina ad un sistema elettorale giudicato ultra vires dalla Corte stessa – dimostra l’estesa delle derive ideologiche attuali dei dirigenti.

In effetti, la « continuità dello Stato » si applica allo Stato in situazioni drammatiche nelle quali la sopravvivenza stessa dello Stato può essere a rischio; non riguarda il governo. Lo Stato è permanente finché dura la Costituzione sulla quale è fondato; i governi, per natura, sono transitori. La continuità nel loro caso è, per definizione, una assurdità anti-democratica.

E gravissimo perché così confusa la « continuità dello Stato » non permette più nessuna correzione, nessuno ritorno alla normale costituzionale. Il risultato è la messa da parte della Costituzione oggi scomoda a tanti. In effetti, l’avviso costituzionale portò all’Italicum un sistema elettorale peggiore dello Porcellum, proprio per abuso anticipato di questa certezza di farla franca con la scusa della continuità. Invece, se la responsabilità governativa va rimessa in questione, come di norma, allora basta formare un governo tecnico che prepara nuove elezioni dopo di che il parlamento legittimamente eletto riesamina calmamente le nomine amministrative e istituzionali e, dopo rigoroso esame, le conferma o le sostituisce. Si ritorna così alla normale nel quadro costituzionale senza dramma e senza abuso continuo sulla base di un principio di interpretazione ovviamente fuorviante perché se gli elementi a-costituzionali non vengono specificati e corretti, la dinamica di questo principio porta semplicemente a svuotare de facto tutti i dettati costituzionali, annullandoli.

4 ) La stabilità governativa non è antitetica al sistema proporzionale. Anzi col proporzionale l’Italia del dopo-guerra fu il paese politicamente più stabile d’Occidente. Non ci fu nessuna alternanza politica reale visto che il governo fu sempre dominata da coalizioni dirette dalla DC e dal suo manuale Censi. Non si deve confondere il teatrino governamentale – un governo in media ogni due anni – con la stabilità politica, cioè l’assenza di una vera alternanza politica. Stricto sensu, una alternanza politica effettuata nel rispetto della Costituzione non può neanche essere vista come una instabilità: vedi, ad esempio, le elezioni del Presidente Mitterrand e del PS o della « gauche plurielle ». Finché lo stato di diritto è rispettato non si dovrebbe parlare di instabilità. E questione di civiltà democratica. Almeno se non si crede ad una elezione divina esclusiva dei ceti dirigenti – elite, « razze » – superiore alle sovranità dei popoli …

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