Il debito della PA verso le imprese.

Posted: 11th Marzo 2014 by rivincitasociale in Economia
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Il debito della PA verso le imprese.

Normalmente sopra un debito si paga l’interesse – almeno dopo un periodo che non sembra esistere legalmente in Italia per la PA.

Dunque la Pubblica Amministrazione deve oltre 100 miliardi di euro alle imprese (Il governo non è neanche capace di fornire una cifra esatta). Se le imprese non pagassero le tasse per compensare, le entrate sparirebbero  – come pure i nuovi ordini da parte del governo, visto che gli acquisti statali, o « procurments », costituiscono sempre una bella fetta dell’attività per chi ne gode. Sparirebbe anche l’avanzo primario così artificiale come risulta già essere: il Paese sarebbe istantaneamente rovinato. Meglio lasciarle « l’uovo di Colombo » – dixit La Repubblica – a chi pensa che l’Italia sia un zoo (cioè, M5S ed altri.)

Comunque, oggi lo Stato paga questo debito a rata, una ventina di miliardi all’anno, ma con ritardo penalizzando in questo modo l’attività economica generale. In effetti, lo Stato paga questo debito con l’emissione di nuovo debito e con tagli lineari contro-produttivi che rafforzano la spirale economica negativa dell’austerity.

Le grande imprese non hanno problemi di credito. Il loro cash flow è attorno a 500 miliardi di euro e più in Europa, attorno a 120 miliardi in Francia, con cifre più base ma comunque alte anche in Italia. I dividendi versati dalla grande imprese agli azionisti sono oggi a livelli record. Non esiste nessuno problema di offerta sotto forma di investimenti – se non, ovviamente, al livello degli investimenti realmente produttivi : retooling, R&D, infrastrutture che esigono investimenti a lungo termine, ecc.

Le PMI invece soffrano per il scarso accesso al credito, il cosiddetto « credit crunch ». Dunque, il governo può garantire il credito necessario, a luongo termine ed a zero tasso di interesse, alle PMI presso le banche per l’ammontare del debito loro dovuto – per le banche ci sarebbe la garanzia dello Stato e dunque questo aiuterebbe a consolidare i loro bilanci, un vantaggio supplementare di peso nel vulnerabile contesto attuale. Questa operazione si farebbe tramite un swap sugli interessi ovviamente a carico dello Stato ma includendo una clausola per modificare i contratti con le banche senza penalità, cioè quando il governo sarà capace di pagare – o di anticipare il pagamento – delle fette di debito dovuto. Lo farebbe allora ricomprendo i prestiti fatti dalle banche alle imprese. Ma comunque si dovrà sempre fornire un calendario sicuro dei rimborsi, se non si perderà il controllo e sarà peggio di oggi.

In questo modo, il costo immediato per lo Stato ammonterebbe solo agli interessi su questi speciali prestiti bancari alle imprese, cioè costerebbe in toto meno di una tranche di rimborso attuale effettuata con nuovo debito e con nuovi tagli. Supponiamo 100 miliardi di debito della PA così gestito, l’ammontare annuo del costo degli interessi garantiti dalla Stato sarebbe attorno a 3.5 miliardi più o meno, secondo il tasso di interesse prevalente al momento del negoziato con le banche. Si guadagnerebbe così un enorme margine nel budget quasi simile ad una mini finanziaria. Di più, invece di nutrire la spirale economica negativa, questa operazione indurrebbe crescita e impiego.

In questo modo si inietterebbe credito nell’economia reale senza che il tasso di interesse gravasse sulle imprese sprovviste di cash flow, e si rilancerebbe fortemente le attività economiche anche perché si attiverebbe il Moltiplicatore economico, oltre all’influsso diretto del credito nel sistema. Intanto, per gestire i bisogni di credito in proprio a basso costo delle imprese, si dovrebbe creare un fondo pubblico di investimento e di credito, incluso con l’aiuto del fondo di garanzia esistente. Questo tipo di fondo pubblico esiste altrove e cerca di massimizzare l’uso dei fondi disponibili tramite il Fondo di investimento europeo.

Di più, va sottolineato che l’Italia contribuisce attualmente più all’Unione Europea di quanto ne potrebbe ritirare con i fondi europei messi a  sua disposizione. Fatto sta, che l’Italia non è capace di utilizzare più di un terzo dei fondi europei disponibili; ogni anno attorno a 20 miliardi di euro disponibili vengono così sprecati!!! Perciò, ci vuole una agenzia statale realmente capace di suscitare e di coordinare con le Regioni i progetti urgenti da sviluppare con la totalità dei fondi disponibili in modo da massimizzarne le sinergie. Questo coordinamento non può essere opera del settore privato. Oggi, esiste uno spreco intollerabile a questo livello, oltre all’uso inefficace di quello piccolo terzo utilizzato.

Tramite questi prestiti bancari garantiti, in sei mesi si potrebbe iniettare nell’economia la somma immensa del debito dovuto dalla PA alle impresse, sapendo che il lag, in termine di effetto sul PIL, è al massimo di 3 mesi. Il disastroso taglio al cuneo fiscale senza controparte per i lavoratori non servirebbe più: anzi, i miliardi di preziose e rare risorse che gli si vuole allocare andrebbero per finanziare un abbassamento dell’età pensionabile nei settori disastrati, o con lavori più duri, e nella PA (ad esempio comprando gli anni mancanti degli oltre 55-57 anni.) Questo permetterebbe un accesso anticipato ai giovani ad impieghi dignitosi, contribuendo simultaneamente così a sostenere la domanda sociale ed a consolidare la base fiscale e contributiva dello Stato, oggi ambedue disastrate. Sarebbe una parte importante del vero « jobs act » …

Tale sistema potrebbe essere accettato dalla UE – i.e., senza procedure di infrazione – e non graverebbe troppo sul debito statale – cioè, graverebbe molto meno del rimborso oggi effettuato con l’emissione di nuovo debito e con tagli lineari ai servizi sociali.

Il vero problema è che il governo usa cinicamente il debito per privatizzare al beneficio di affaristi parassiti che rovinano il Paese e lo svendono a prezzi di garage sale.

Paolo De Marco.

6 febbraio 2014

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