Commenti disabilitati su Commento rapido dell’articolo « Evasione, i record dell’Italia: in fuga dal Fisco 111 miliardi all’anno »

COMMENTI RAPIDI

Si invita tutte e tutti a contribuire e a commentare in modo da creare un dibattito pubblico idoneo a cambiare i termini della discussione oggi intrappolata nella logica neoliberale e spinelliana.

1) Commento rapido dell’articolo « Evasione, i record dell’Italia: in fuga dal Fisco 111 miliardi all’anno » L’inchiesta. Dall’Unità a oggi 80 condoni. Il Paese ha deciso che la lealtà nel pagare le tasse non è un valore. Esattori in tilt: incassano solo l’1,13% delle somme da riscuotere contro il 17% Ocse, di SERGIO RIZZO 04 Ottobre 2017 http://www.repubblica.it/economia/2017/10/04/news/evasione_i_record_dell_italia_in_fuga_dal_fisco_111_miliardi_all_anno-177304834/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P3-S1.8-T1

Citazioni:

« Anno dopo anno, infatti, il maltolto aumenta: 107,6 miliardi nel 2012, 109,7 nel 2013, 111,7 nel 2014. »

« Si scoprirebbe, per dirne una, che la propensione a evadere l’Irpef da parte del lavoro autonomo ha raggiunto nel 2014 un impressionante 59,4 per cento. Significa che entrano nelle casse pubbliche solo quattro euro su dieci delle imposte sul reddito dovute da chi esercita un’attività non dipendente. Il 3,5 per cento non viene versato, ma il 55,9 per cento neppure dichiarato. »

« Per non parlare dell’Iva. Qualche giorno fa da Bruxelles è arrivata la brutta notizia che l’Italia è il Paese europeo che detiene il record dell’evasione di questa imposta. Ma purtroppo non è una notizia nuova, perché è così da sempre. Il differenziale fra l’Iva dovuta e quella effettivamente pagata sfiora il 30 per cento: 29,7, esattamente. Altri 40,1 miliardi sfumati. Cinque anni prima erano 37,4. È colpa della crisi, deduzione ovvia. Ma fino a un certo punto. Perché la crisi da sola non spiega il fatto che l’Italia rappresenti quasi un quarto dell’evasione Iva dell’Unione europea, contro il 15,3 per cento della Francia e il 3,9 per cento della Spagna, che dalla stessa crisi non sono state certo risparmiate.»

« Sul fatto che in Italia l’imposizione fiscale sia per tutti troppo pesante, davvero non ci piove. La stessa Corte dei conti certifica un dato mostruoso che era stato già calcolato da Confartigianato: su un’impresa di medie dimensioni grava un carico fiscale complessivo del 64,8 per cento, superiore di quasi 25 punti alla media europea (40,6). Né le cose vanno meglio per il cuneo fiscale, che con il 49 per cento oltrepassa di dieci punti il valore medio continentale (39). E se la pressione del fisco, che statisticamente si è aggirata negli anni più recenti intorno al 43 per cento (decimale più, decimale meno), risulta inferiore a quella di Danimarca, Francia, Belgio, Finlandia e Austria, non si può non considerare che a sostenerla è una platea di contribuenti in proporzione nettamente più ridotta. Per non parlare della qualità dei servizi offerti con quel costo ai cittadini italiani. Ma ciò non può giustificare affatto quanti si sottraggono ai propri obblighi verso la collettività. Né, a maggior ragione, giustificare chi li giustifica. »

Commento rapido:

La situazione attuale è complessa e disastrosa. E aggravata dall’evoluzione neoliberale della struttura fiscale: se dopo la 2 guerra mondiale vi fu una generalizzazione dell’IRPEF su basa progressista, oggi si ritorna senza nessuno stato di anima all’eliminazione regressiva dell’IRPEF e delle tasse municipali sulla proprietà e il patrimonio e sul capitale. Le tasse indirette regressive per natura prevalgono con l’aggravio dei paradisi fiscali. Si tratta di una scelta globale distruttiva perché prende per base una falsificazione, quella del « razor-hedge equilibrium » su scala globale, cioè la competizione globale sul solo « costo (individuale) del lavoro – scelta che rovina la previdenza e l’assistenza sociali pubbliche e la fiscalità generale dello Stato. Questo costo di lavoro è una base irrazionale e economicamente distruttiva del calcolo economico perché fa astrazione della riproduzione della forza del lavoro nei focolari, fatalmente di taglia diversa; fa anche astrazione del costo del finanziamento della sanità e dell’educazione pubblica. Bisognerebbe dunque rimediare a questa logica flat tax che favorisce le tasse indirette che pesano di più sui 90 % meno ricchi.

Questa logica neoliberale spiega la psicologia cieca dei commercianti e autonomi italiani: gridano su tutti i toni che ci sono troppo tasse solo perché non riescono più ad essere produttivi e cercano sempre di abbassare i salari, perdendo così i loro mercati locali assieme al moltiplicatore locale che ne segue. Sono genti che segano tipicamente il ramo sul quale sono seduti. Ma nessuno parla di cambiare l’attuale definizione dell’anti-dumping a l’OMC, la quale instaura la competizione sulla base del salario individuale messo in competizione globale ma in astrazione dei criteri ambientali più minimi almeno rispettosi del principio di precauzione. Invece si va a cercare 3 o 4 miliardi dalle Gafa et al (1), per continuare la stessa politica neoliberale suicida nel quadro del Fiscal Compact – cioè, finché sia privatizzato tutto quello che rimane d privatizzare! Vedi in questo sito l’articolo: « Debito pubblico e sciocchezze marginaliste: Il caso italiano », http://rivincitasociale.altervista.org/debito-pubblico-sciocchezze-marginaliste-caso-italiano-3-marzo-2017/ _

Il carico fiscale delle imprese, ad esempio quello riferito in questo bello articolo, è un carico formale senza nessuna realtà. E dato in astrazione non solo dell’evasione fiscale ma anche dell’ottimizzazione dei « tax ruling » che svuotano il Paese dei profitti delle imprese, telematiche o meno. Le stime di queste perdite gigantesche andrebbero aggiunte alla valutazione dell’evasione fiscale.

Come rimediare? Certo non con altri esoneri alle imprese ed ai commerciati. In effetti, si deve fare entrare nell’usanza quotidiana del mondo degli affari e della cittadinanza un fatto semplice ed essenziale: Invece di evadere si deve dedurre le spese ammissibili legate al funzionamento delle imprese e dei commerci, incluso il costo del marketing. Questo permetterebbe di frenare e eliminare l’evasione e di creare un circuito più virtuoso perché tutta la catena delle imprese e dei professionali implicati si troverebbe ufficialmente potenziata e pagherebbe le tasse sui benefici e redditi indotti. Questa scelta creerebbe anche lavoro ufficiale – cioè, non lavoro nero, per il quale per definizione le deduzioni non sono possibili – anche se per le deduzioni delle spese ammissibili si dovrà mettere dei paletti in particolare per quello che concerna l’impiego, ad esempio contratti a tempo indeterminato con un massimo di 20 % di part-time ma con almeno 21 ore settimanali – 3 giorni – e con tutti i contributi sociali. Eliminando così le altre tipologie di lavori a termine o atipici e consolidando il finanziamento dell’Inps.

La secondo misura urgente consisterebbe nella generalizzazione del pagamento elettronico. Tanto per le paghe quanto per gli scambi – vendite e acquisti. Tutti sarebbero obbligati a offrire la possibilità dell’uso – si può agevolare i più piccoli soggetti in diversi modi per generalizzare l’introduzione del sistema anche se oggi con Internet risulta più facile e meno oneroso. In questo modo, come per il lavoro dipendente, si prende il dovuto « à la source ». (Rimane il problema, frequente nella mia Città e altrove, di buste paghe fasulle dalle quali i dipendenti ricavano solo super giù la meta !!! Cioè, un racketing generalizzato. Ma almeno se le transazioni sono elettroniche, le tasse saranno pagate alla sorgente sul totale della paga e non a carica del dipendente oggi rubato due volte.) Idem per gli acquisti nei bar, commerci, ristoranti ecc. qui le tasse sono prelevate durante l’acquisto sul scontrino, le truffe possibili risultano limitate. Rimane la mania italiana della doppia contabilità interna e delle doppie casse che permette oltre l’evasione fiscale, di bianchire i soldi della droga. (In certe località il numero di bar e commerci vari rispetto al bacino di consumatori è del tutto irreale; in oltre, molte attività non dichiarano fallimento perché non potrebbero pagare il dovuto sul giacente, dunque immagino modi di sopravvivere !!!) Ma queste truffe sono poi verificabili con il controllo dello stile di vita. Il beneficio non è solo il prelievo assicurato sulla gran parte delle attività di scambio ma anche la verifica delle spese da dedurre come detto qui sopra.

Questo fornirebbe la prima consolidazione del sistema.

Poi, da quello che comincio a capire, c’è tutto il disastro accumulato del catasto e dei piani regolatori del territorio. Difficile agire senza cautela qui perché gli abusi sono infiniti, ad esempio per il catasto. Pesa pure la conseguenza della divisione all’infinito delle proprietà e patrimonio secondo la legge – giustamente – dell’eredità. In pratica, il passaggio dal notaio per la vendita delle particelle di proprietà che toccano, è spesso più alto del prezzo della proprietà stessa; così molti borghi e quartieri sono spopolati e mandati lentamente alla rovina. Sotto 20 000 o 30 000 euro le porzioni di casa e di proprietà dovrebbero potere scambiarsi senza tasse, a parte un bollo municipale per ufficializzare le transazioni e consolidare il catasto. Per salvare il patrimonio delle case contadine o cantonali oggi ovunque trasformate in ruderi, basterebbe legiferare l’esenzione IMU per seconda casa per 25 anni a condizione di restaurale rispettosamente almeno per l’apparenza esterna: non si perderebbe niente sul ricavo IMU attuale ma si salverebbe così il cachet delle nostre campagne contribuendo alla beautification restaurazione del paesaggio ed alla sua salvaguardia. Si potrebbe aggiungere un trattamento fiscale generoso per le hobby farm, almeno per una superficie residenza e terreno media per limitare gli abusi. Queste misure permetterebbero la beautification delle città e dei nostri borghi ma a condizione di mettere paletti contro la speculazione edilizia la quale dovrebbe rispettare l’attribuzione funzionale dei quartieri in particolare rispetto alla designazione come quartieri di residenza con almeno 20 % di alloggi sociali secondo i casi.

Oggi questo disastro ontologico del catasto italiano viene aggravato terribilmente con la soppressione dell’IMU sulla prima casa e dunque dei servizi pubblici essenziali: Va sottolineato che l’IMU è la fonte di finanziamento principale delle municipalità in un contesto di restringimento drastico dei trasferimenti dello Stato agli Enti locali. La scelta rinvia di nuovo alla politica perdente dell’austerità centrata della riduzione del cosiddetto « costo di lavoro », invece di quella della concorrenza ancorata sul « costo di produzione », sulla R&S e sulla pianificazione strategica.

Le implicazioni disastrose di questa scelta sono infinite. Ad esempio, il piano di consolidamento antisismico crea ufficialmente l’obbligo della regolarizzazione per poterne usufruire. Mentre le case più deboli sono in possesso di lavoratori, pensionati e disoccupati fuori o quasi della tassazione sul reddito, la cosiddetta « no tax area » !!! L’ISE per il reddito di inclusione attivo è passato dal grottesco 3000.00 euro annui familiari al altrettanto grottesco 6000 euro, soglia che non copre neanche la maggioranza dei 4,5 milioni di Italiani in situazione di povertà assoluta !!! Poi i crediti per ristrutturazioni, verde o varie, sono disponibili nel modo più ingiusto e regressivo possibile tramite le detrazioni dall’Irpef, una grande ingiustizia e una sciocchezza dal punto di vista dell’efficienza dei programmi.

Si tratterebbe dunque qui di favorire la regolarizzazione catastale a prezzo modico, fondato ad esempio sull’ISEE. Dopo di che, si potrà confezionare piani regolatori del territorio degni del nome e da fare rispettare – sopratutto in Calabria dove si spreca 4 volte più terreno in un terra strapiena di cattedrali nel deserto, di costruzioni abusive e di mancanza di recupero e bonifica del territorio.

In oltre, si deve trovare modo di riparare l’ingiustizia delle detrazioni disponibili solo su Irpef. Questo può essere fatto aprendo agli altri redditi e sopratutto stabilendo una ristorna sulle imposte indirette degli individui. Questo perché il passaggio all’elettronico generale consoliderà i prelievi permettendo il finanziamento di questi programmi. Questo finanziamento potrà anche essere consolidato prelevando dalle detrazioni attuali di 50 % o 60 % , uno 10 % per un Fondo nazionale destinato a chi non può usare le detrazioni attuali fondate appunto sull’Irpef. Questa scelta lancerebbe i settori industriali e di servizio implicati, che esibiscono tutti un grande moltiplicatore locale.

Sottolineiamo che il passaggio all’elettronico generale permetterebbe di eliminare gran parte dell’evasione e di consolidare la base fiscale dello Stato. Ma, inoltre, permetterebbe di sviluppare le statistiche scientifiche da me richieste nel mio Compendio di economia politica marxista. (vedi sezione Livres-Books di www.la-commune-paraclet.com ) Si farebbe online e potenzialmente per tutte le tappe, produzione, circolazione, stoccaggio, vendita, consumo. La pianificazione diventerebbe scientificamente operativa e controllabile in tempo reale, online.

Paolo De Marco.

Nota:

1 ) Sulla questione oggi essenziale della tassazione delle Gafa e altre transnazionali nel contesto della globalizzazione e di Internet vedi

a) « Taxer les GAFA, c’est possible et impératif ! » Par Olivier Passet, Xerfi  |  03/10/2017, 10:04  |  788  mots http://www.latribune.fr/opinions/tribunes/taxer-les-gafa-c-est-possible-et-imperatif-752604.html

b ) Vertice Ue di Tallinn, Gentiloni spinge sulla Web Tax, Il premier Gentiloni ha incontrato la cancelliera Merkel in un bilaterale a Tallinn (lapresse). Il presidente del Consiglio: “Non possiamo accettare l’idea di tassare i grandi del web come in epoche passate”. Pronti ad andare avanti con una cooperazione rafforzata: non tutti i 28 Paesi, ma solo chi ci sta, 29 settembre 2017 http://www.repubblica.it/economia/2017/09/29/news/vertice_ue_di_tallinn_gentiloni_spinge_sulla_web_tax-176843306/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P10-S2.2-T1

Citazione: . Sul tavolo c’è l’idea di estendere la base imponibile unica (Ccctb), presentata l’anno scorso per le società attive in più di un paese, anche al mondo digitale, “per esempio con un ulteriore aggiustamento delle regole sulla presenza permanente, in modo da farvi rientrare le attività digitali”, aveva spiegato il vicepresidente Valdis Dombrovskis. Altri indicano di utilizzare come base imponibile il fatturato anzichè i profitti delle società, altri ancora di calcolare i redditi delle pubblicità online o di trattenere le imposte dalle transazioni su internet.

c ) « C’è bisogno di nazionalizzare Google, Facebook ed Amazon. Ecco perché » di Nick Srnicek *  http://contropiano.org/news/politica-news/2017/09/04/ce-bisogno-nazionalizzare-google-facebook-ed-amazon-perche-095281

d ) (aggiunto il 5 ottobre 2017) Fisco, Ue a Amazon: “Restituisca 250 milioni a Lussemburgo” L’Antitrust comunitario chiede al Granducato di recuperare il vantaggio fiscale illecitamente concesso all’azienda: “Tre quarti dei profitti dell’azienda non sono tassati”. Irlanda deferita alla Corte di Giustizia sui 13 miliardi non richiesti ad Apple. Dublino replica: “Passo non necessario” 04 Ottobre 2017 http://www.repubblica.it/economia/finanza/2017/10/04/news/la_commissione_ue_deferisce_l_irlanda_non_ha_recuperato_i_13_miliardi_da_apple_-177326198/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

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