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Il lungo smantellamento della Riduzione del Tempo di Lavoro e della Legge di modernizzazione sociale della « gauche plurielle.»

Prefazione e aggiornamento del saggio intitolato « Riforme democratiche rivoluzionarie o lamentabile Ronzinante del riformismo » (un capitolo di Tous ensemble, 2002, tradotto e accessibile in questo medesimo sito.)

Indice.

1 ) La Riduzione del Tempo di Lavoro (RTL o « RTT » in francese)

2 ) La Legge di modernizzazione sociale.

3 ) Democrazia formale vs democrazia socialista.

4 ) Ma, a proposito, come mai la « gauche plurielle » perse le elezioni?

Avevamo annunciato la grave regressione sociale, economica e culturale, a dire vero nuovamente filosemita nietzschiana, già nel mese di marzo del 1985 in un saggio intitolato « Les conséquences socio-économiques de MM. Volcker-Reagan et Cie. » (1) Avevamo riassunto l’emergenza e il consolidamento del Welfare State anglo-sassone e dello Stato sociale europeo durante gli anni 1930 e nel dopo-guerra per illuminare la meccanica dello suo smantellamento. Avevamo ugualmente sottolineato la difficoltà inerente a questo tipo di attacco contro le conquiste popolari, semplicemente perché le cittadine e i cittadini ci sono molto legati in modo che questi attacchi non possono essere menati frontalmente.

La RTT e la Legge di modernizzazione sociale della « gauche plurielle » rappresentano un cambiamento epocale delle forme del capitalismo avanzato così come lo abbiamo ricordato in un capitolo di Tous ensemble sulle « riforme democratiche rivoluzionarie ». (2) Dopo un decennio e mezzo, queste nuove conquiste sociali, benché non realmente apprezzate dalla sinistra e poco difese da un PS presto diventato sociale-liberista, non sono ancora interamente smantellate. Pero questo rimane l’obbiettivo dei nuovi filosemiti nietzschiani attuali sovra-rappresentati in tutti i partiti e gruppi di interesse o quasi.

Al contrario di Jean Jaurès, i dirigenti trasversali attuali, a tutti i livelli, tentano laboriosamente di sostituire la scienza con delle narrazioni (3) semplicistiche e malintenzionate, incluso con l’esclusione e la censura universitaria. (4) In effetti, almeno finché non sarà fatta la prova del contrario nel rispetto della deontologia accademica e del diritto di risposta, la scienza intesa qui ci rimanda al materialismo storico come d’altronde dimostrato nella mia « Introduzione metodologica ». (5)

I due fondamenti del materialismo storico rivelati dall’epistemologia e dalla metodologia moderne – almeno sin G. Vico e E. Kant – tengono nella critica definitiva dell’esclusivismo e nella teoria del valore di Karl Marx. Senza la prima, no si può concepite l’uguaglianza umana, di conseguenza nessuna democrazia repubblicana sarebbe possibile. Senza la seconda, non esisterebbe nessuna scienza dell’economia. Pero, sin da Ed. Burke e da F. Nietzsche, sono proprio queste due conquiste storiche dei popoli sovrani ad essere prese in mira da tutti i reazionari filosemiti nietzschiani. Al limite, questi accetterebbero una democrazia di azionariato – nuovamente « censitaria », cioè riservata ai più fortunati che tempo fa pagavano il censo – ma mai il riconoscimento della sovranità dei popoli e dunque la priorità sulla logica del profitto dei diritti universali fondamentali sociali ed individuali della persona umana. Loro privilegiano il nuovo ordine mondiale della « governance globale privata. »

Vediamo da più vicino questo laborioso smantellamento. Viene condotto sotto la bandiera degli attacchi sganciati contro le costituzioni repubblicane nate dalla Resistenza. Queste sanciscono fra l’altro il diritto al lavoro, alla solidarietà socio-economica ed alla protezione sociale assieme alla dignità umana.

1 ) La RTL

Malgrado alcune retromarce la RTL aveva cambiato il gioco in materia di gestione economica e di gestione della forza di lavoro. Sin dall’inizio del modo di produzione capitalista fu chiaro che l’opera inesorabile della produttività libererebbe in permanenza una parte della forza di lavoro. Questa pero non viene automaticamente assorbita dalla creazione di nuovi settori o di settori intermediari, incluse le burocrazie pubbliche e private, il terriccio sul quale crescono i « colli bianchi ». Oggi, questo è visibile ad occhi nudi visto che questi due tipi di settori diventano sempre più intensivi in capitale. La disoccupazione di massa da corpo alla contraddizione maggiore del modo di produzione capitalista, la quale oppone la sovra-produzione al sotto-consumo. Così il capitalismo imparò sin dall’inizio a praticare la riduzione strutturale del tempo di lavoro per ristabilire la sua vitalità, assicurandosi una domanda sociale interna sufficiente per completare il margine ottenuto con l’acquisto di nuovi sbocchi commerciali grazie alla spartizione coloniale ed imperialista del mondo. Si passò così alla domenica libera e poi alle 14, 12, 10 e 8 ore e infine alle 7 ore di lavoro quotidiano.

La lezione della Storia è limpida. Come mai i paladini del smantellamento delle 35 ore settimanali propongono oggi di sostituire questa strategia capitalista difensiva con il suo contrario, cioè il « lavorare di più, lavorando come idioti », mentre aumenta la precarietà muro a muro? La risposta è semplice nel suo principio. Una volta afferrata, può essere facilmente verificata nella complessità dei « fatti » empirici, spesso falsificati dalle statistiche marginaliste.

Rimane pero che la teoria marginalista non dispone di nessuna teoria scientifica della produttività a parte le economie di scala. Ponendo che il mercato del lavoro trovasse automaticamente il suo equilibrio, risulta così cieca difronte alle conseguenze della crescita della produttività sull’impiego. Al livello macro-economico crede che la « mano invisibile » fa si che ogni bisogno suscita un’offerta senza preoccuparsi dell’evidenza secondo la quale, per essere soddisfatti, i bisogni debbono essere solvibili, in modo che un gran numero di bisogni essenziali rimangono senza risposta. (Vedi la Nota ** Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance, 2005, accessibile nella sezione Livres-Books del mio sito www.la-commune-paraclet.com. La traduzione italiana della Nota ** assieme a quella dei Brani scelti del libro si trova nella sezione Italia dello stesso sito.)

Quando il modo di produzione capitalista viene confrontato con la sua contraddizione principale, quella che fece dire a Marx che il MPC era il suo proprio becchino, la sua reazione istintiva non è di ripartire al meglio le ricchezze socialmente create, ma al contrario di regredire da un capitalismo liberale classico, messo sotto la bandiera di John Stuart Mill, verso una società di dominio brutale dell’Uomo sull’Uomo. Si tratta di una società aldilà del bene e del male ma in realtà molto sotto la democrazia liberale con le sue pretese di uguaglianza formale tra cittadini. In Occidente, questa regressione a fondo razzista e teocratico ha innegabilmente le sue basi in una lettura rabbinica-burkeana-nietzscheana della sovranità di certe « razze » e gruppi « eletti ». Tutta l’evoluzione del diritto naturale – diritto delle genti di G. Vico, ad es. – e del diritto positivo viene così rimessa in causa.

Si deve comunque capire come questi nuovi filosemiti nietzschiani si sono illusi di potere sopprimere i cicli economici congiunturali – business cycles – con la loro New Economy – e più ancora di sopprimere il vincolo fatale imposto dalla domanda sociale. Sotto il dominio congiunto della proprietà privata e della mano invisibile, questo porta inesorabilmente ad un « equilibrio dei cimiteri », dunque ad una reazione popolare prevedibile. Questa regressione fu compiuta alla maniera dei fascisti, cioè dei primi filosemiti nietzschiani moderni. Cercavano di salvare i privilegi del sistema mantenendo la proprietà privata del capitale allora minacciata ma facendo astrazione delle regole di funzionamento del modo di produzione capitalista.

Questo segreto intimo del fascismo rimane studiosamente taciuto. Sopratutto dalla logge sviate. Oggi, chi di più chi di meno, lo sono quasi tutte in Occidente, Francia compresa. Questa occultazione si aggrava tutt’ora almeno se si giudica in referenza alla « nuova filosofia » ed alla « nuova economia », ambedue veri crimini intellettuali coscientemente fabbricati e una vera vergogna esagonale. Questo tentativo è fondato sulla soppressione dei meccanismi di autocorrezione del MPC, e sull’affermazione della speculazione come norma egemonica. Questa narrazione letale rinvia alla grande opera dell’ebreo-austriaco von Mises, il consigliere del Cancelliere fascista austriaco prima dell’Anschluss, proprio quello che malgrado la sua fuga obbligata non cambiò mai d’avviso, al contrario.

Rinvia ugualmente alla Chicago University piena zeppa con i suoi discepoli tali gli ebrei-americani Hayek e Milton Friedman, tutti provenienti dai stessi vivai reazionari. Completando Marx, Lafargue, Hilferding, Lenin ecc., ho purtroppo dimostrato che il profitto non è l’interesse, quest’ultimo essendo sostrato dal primo senza che il contrario sia verro, e che l’interesse classico non è l’interesse speculativo. Quest’ultimo quando diventa egemonico cannibalizza semplicemente il profitto estratto dall’economia reale, meccanismo che porta rapidamente ad una oscena ineguaglianza oggi verificata da 99% della popolazione. (6)

Per quello che riguarda la forza di lavoro, si tenta di mascherare i forti disagi causati con l’obbiettivo di colpevolizzare i lavoratori e i cittadini, secondo la vecchia ricetta del peccato originale, il quale rimanda sempre alle stesse radici. Questo viene compiuto falsificando i numeri della disoccupazione e della povertà. Basta lavorare una sola ora durante l’ultimo periodo di valutazione statistica per apparire impiegato al senso del Organizzazione Internazionale del Lavoro, e dunque per essere esclusi dalla percentuale officiale della disoccupazione. Oltre i cambiamenti ricorrenti nella definizione, il calcolo della povertà segue automaticamente il calo o la stagnazione generale dato che, per costruzione, viene stabilito al 60 % del salario mediano. Questo con una scala salariale di 1 a 14 anni fa ma ora da oltre 1 a 400, una oscenità denunciata dal grande economista walrasiano e cittadino Maurice Allais, il quale non esitò in questo contesto a parlare di « banditi » – Trostkij per parte sua usava il termine « gangster ». Bisogna ancora sottolineare che questo livello non tiene conto del patrimonio, cioè dell’ineguaglianza della ricchezza accumulata. Oxfam stupisce ancora molta gente con i suoi numeri sintetici, a dimostrazione della serietà del nuovo ma vero « tradimento dei cleri », questa supposta intellighenzia nuovamente amorale e scelta su misura.

La scelta è dunque sempre quella che denuncio da anni – vedi già il mio saggio del marzo 1985 e il mio già citato Tous ensemble. E quella della spartizione della miseria imposta ai lavoratori per vietare la equa spartizione del lavoro socialmente disponibile tra tutte le cittadine e cittadini. Senza questa spartizione del lavoro, non esiste più nessuna base materiale per l’esercizio della cittadinanza del popolo e dei cittadini. Di fatti, denuncio sin dall’inizio la scelta oggi verificabile da tutte e tutti in favore di un ritorno filosemite nietzschiano verso una società della nuova domesticità e della nuova schiavitù salariale. Di fatti, oggi, le maschere cadono dato il trionfalismo tipico ma sempre prematuro di questi putativi « maestri del mondo ».Vedete l’ineffabile Piketty, proprio quello che tentò, con i suoi amici ben posizionati e con finanziamenti ingenti, di fabbricare una narrazione statistica mondiale in un senso paretiano aggravato. Non scrive forse che, sacrificando una piccola parte dei loro redditi, il 10% più ricco può ormai impiegare il 50 % meno agiato come domestici? (7)

Ai livelli politico e culturale, ho già dimostrato l’esito di questa scelta, cioè, in chiaro, la falsa rappresentanza democratica e la sovra-rappresentanza di pochi, malgrado la legge dei grandi numeri. Questo vale ormai anche al livello scientifico, cioè al livello della selezione universitaria. Così si ottiene il successo di questa strategia della mediocrità presentata come meritocrazia ma con il supporto e le prove del Martello nietzschiano! Assistiamo dunque al ritorno di un cretinismo culturalmente innato, spalmato generosamente ma istituzionalmente imposto. Basta dare un’occhiata ai libri di testo nella « dismal science » e alla soppressione difensiva della pluralità nella disciplina, con la sovra-rappresentanza di tanti pitre – altri dicono « agis » – come i Tirole ed altri Cahuc e Cie che non sanno neanche cosa sia una funzione di produzione scientificamente delucidata, ma che, nonostante, sono coscienti che la loro narrazione regressiva non sopravviverebbe a lungo durante un dibattito pubblico. In breve, non valgono molto di più del volgare, ipocrite e incompetente G. Ugeux (rimando qui alla Nota 4, qui sotto.)

In riassunto, la legge programmatica – loi cadre – sulle 35 ore era autenticamente riformista rivoluzionaria perché riequilibrava i tre componenti del « reddito globale netto » dei focolari in un modo più equo, tenendo conto della produttività microeconomica e della competitività macroeconomica della Formazione sociale francese. Il « reddito globale netto » dei focolari include il salario capitalista individuale, il salario « differito » – pensione, ammortizzatori sociali ecc – ed i trasferimenti ai focolari versati al titolo dell’accesso universale alle infrastrutture ed ai programmi sociali pubblici. Il lavoratore è membro di una specie a riproduzione sessuata, in modo che il salario individuale non può costituire una retribuzione giusta della forza del lavoro, dato che non tiene conto della taglia del focolare, indipendentemente della questione dell’accaparrare della sovrappiù da essa prodotta.

Malgrado gli attacchi ideologici, la Francia sotto la « gauche plurielle » si posizionava nei primi posti delle classifiche per gli investimenti diretti internazionali. L’appartenenza alla Eurozona, non creava problemi, anzi garantiva la Francia contro gli attacchi speculativi politicamente ed ideologicamente malintenzionati. Se le 35 ore erano pagate 37 ore, questa organizzazione del tempo di lavoro permise una migliore rimunerazione delle ore supplementari, assieme alla riabilitazione del « salario differito ». Il successo di questa politica fu simboleggiato dalla quasi completa sparizione del Buco della Securité Sociale e dal calo drastico del tasso di disoccupazione. Permise pure la riabilitazione dei trasferimenti ai focolari sotto forma di accesso universale alle infrastrutture ed ai programmi sociali. Una sociologia spontanea del divertimento emerse rapidamente, segno emblematico del successo socio-economico di questa legge programmatica, benché i suoi effetti potenziali furono diminuiti dall’introduzione dell’annualizzazione del tempo di lavoro.

Tutto questo fu compiuto senza neanche rivisitare la devastatrice definizione dell’anti-dumping attuale, benché la « gauche plurielle » abbia, a suo tempo, intelligentemente messo il trattato di libero-scambio sui servizi, l’AMI, nel cestino.

Questi tre componenti del « reddito globale netto » dei focolari formano il cuore dei circuiti virtuosi del capitale; permettono l’esistenza dello Stato sociale nel quale la proprietà pubblica diventa la vera ricchezza di quelle e quelli che non né hanno. Questi circuiti valorizzavano il risparmio istituzionale accumulato nei programmi sociali, programmi contributori sia per ripartizione sia per capitalizzazione. Questa gestione virtuosa era completata dalla segregazione dei 4 pilastri finanzieri, cioè le banche di deposito, le banche commerciali, le assicurazioni e le casse mutualistiche o credit unions. Né scaturiva una separazione empirica che permetteva di differenziare tra moneta, risparmio e credito. Il ratio prudenziale giocava un ruolo autocorrettivo del capitalismo senza comunque impedire i sovra o sotto-investimenti settoriali, dunque le crisi – espansioni/contrazioni – causate dall’operato cieco della « mano invisibile » abbandonata alla logica egoistica della proprietà privata e della sua mentalità acquisitiva. La fiscalità inizialmente progressiva dello Stato sociale permetteva ugualmente l’intervento dello Stato per correggere gli effetti nefasti dovuti agli « spiriti animali » del capitalismo, secondo la bella espressione di Keynes.

Lo smantellamento procedette passo dopo passo. Prima con un’apertura più grande dell’annualizzazione delle ore, aprendo così la strada ad aggiustamenti al livello dell’impresa. Questa tendenza si averò particolarmente pericolosa dopo la sfortunata sconfitta elettorale della « gauche plurielle ». In seguito, furono modificate le regole per le ore supplementari. Poi, le sovvenzioni virtuose offerte per la messa in pratica delle 35 ore furono sostituite con dei dispositivi dispendiosi a favore delle imprese senza la minima controparte per il mondo del lavoro, a parte una precarietà crescente – CICE, impieghi agevolati, apprendistato fumoso, aumento dell’età pensionistica, debole considerazione per i lavori usuranti, generalizzazione della precarietà che colpisce ormai la stragrande maggioranza dei nuovi impieghi.

Queste misure furono incapaci di abbassare la disoccupazione malgrado la mistificazione dei veri numeri della disoccupazione. Si ci inseriva così nel quadro debole e debilitante del « contrat unique » di Jean Tirole. I risultati patenti possono essere letti nella traduzione italiana proposta dal Jobs Act di Gutgeld-Renzi, i quali non esitarono a chiedere la domanda, così pertinente dal punto di vista delle imprese, cioè: « Che differenza c’è tra un impiego a tempo indeterminato senza protezione e uno a tempo determinato? » Ben inteso, il lavoro a tempo determinato in questione divenne subito il voucher, forma esplosiva dominante della precarietà disumanizzata ma imposta di maniera anti-costituzionale. (8)

In questo modo non si smantellava solo lo Stato sociale con la sua costituzione nata dalla Resistenza che spiace così tanto a dei JP Morgan e Cie. Simultaneamente si tentava ristabilire una coerenza sistematica tra i tre grandi rapporti del MPC, cioè i rapporti di sfruttamento, di distribuzione e di ridistribuzione – ovvero i rapporti giuridici ampi. Questi tre rapporti sono al centro di ogni sistema di riproduzione socio-economica. Questa pseudo-coerenza filosemita nietzschiana impone la disumanizzazione della forza di lavoro, sua riduzione ad un semplice fattore di produzione facilmente scambiabile sul grande mercato borsistico globale sulla base del solo salario individuale.

Si arriva così a concepire la possibilità di scartare la maggioranza dei cittadini lavoratori relegandoli ad un fraudolente « reddito universale » … di 350 a 500 euro mensili secondo il vecchio calcolo di Yoland Bresson, oggi rivisto e corretto dal ministro del lavoro italiano Poletti, alla luce del Jobs Act, a 320 euro mensili !!!

Nel mercato globale egemonizzato dalla speculazione, il costo del lavoro stabilito secondo la nuova definizione dell’anti-dumping sancita dall’OMC, in astrazione dei diritti acquisiti dei lavoratori e dei criteri ambientali, poteva così rimpiazzare il costo di produzione. Questa scelta talmudista-fascista prende l’acqua da ogni lato: negando l’umanità del lavoratore, nega ugualmente le condizioni necessarie alla riproduzione allargata del sistema. Sottolineiamo ancora una volta che il lavoratore appartiene ad una specie umana caratterizzata dalla riproduzione sessuale, in modo che deve riprodursi in un focolare e questo implica un reddito più grande del semplice salario capitalista individuale. Con l’imposizione di questa disumanizzazione, questo capitalismo, « ancora una volta » sociale-fascista, scava la sua propria fossa mentre cerca di allontanare l’esito finale con il ricorso scellerato alla repressione ed alle guerre esterne e domestiche … preventive … contro le « gentili » classi nuovamente caratterizzate come « classi pericolose ».

2 ) La Legge di modernizzazione sociale.

La riforma cruciale sancita dal passaggio alle 35 ore riguardava particolarmente i rapporti di sfruttamento reali e formali. Risultò un contratto di lavoro specifico con la potenzialità di diventare facilmente una nuova epoca del capitalismo avanzato in transizione verso il suo superamento incrementale. Su questa base, la ricerca della coerenza sistematica del sistema di riproduzione spinge a rivedere alcuni aspetti dei rapporti di distribuzione e dei rapporti giuridici più ampi – ovvero i rapporti di ridistribuzione macroeconomici.

Anche qui la legge di modernizzazione sociale (9) pose basi importanti per una riforma democratica rivoluzionaria. Tutti i governi di destra come pure il PS si sono impegnati a disfarla, benché con grande difficoltà, dopo il cosiddetto « elettrochoc » immeritato causato dalla sconfitta elettorale della « gauche plurielle ». Questa legge cambiò la partita in termini di licenziamenti e di salvaguardia dell’impiego. Rafforzò la rappresentazione dei lavoratori e dei flussi di informazione obbligatori tra padronato e impiegati, col scopo di prevenire i licenziamenti oppure, secondo i casi, integrando il reinserimento con idonei piani sociali ideati per la gestione razionale dei bacini di manodopera.

In questo modo, benché la logica neoliberale della LOLF abbia sostituito quella della Commissione del Piano, manteneva i principi della pianificazione strategica con il rafforzamento della gerarchia delle norme – settori, industrie, imprese. Tentò impedire i licenziamenti borsistici o economici selvaggi. Istituì nuove misure per contrastare l’assillo morale sui posti di lavoro. L’aumento del tasso di suicidi al lavoro causato dallo stress provocato dalla disumanizzazione crescente derivante dalla messa in pratica del micro-taylorismo e dal controllo permanente online, illustra perfettamente l’importanza cruciale di questo aspetto novatore della Legge di modernizzazione sociale. Di più, con l’abrogazione della legge Thomas chiariva un criterio necessario per la salvaguardia del regime pensionistico per ripartizione. Questo regime era intanto reso più sicuro grazie all’aumento dei contributi sociali che risultava dal calo del tasso della disoccupazione indotto dalle 35 ore. Il tasso di disoccupazione cadette da quasi 11% a meno di 8 %. In oltre, grazie al consolidamento della base fiscale, il governo ottenne le risorse fiscali necessarie per gestire il debito pubblico. Questo cadette a meno di 59 % del PIL, cioè 1 % sotto il Criterio di Maastricht, offrendo così un margine budgetario supplementare al governo. Questo ritrovò i mezzi per potere intervenire in quanto Stato strategico negli affari economici e sociali del Paese.

Con questa scelta fu preservata la parte istituzionalizzata del risparmio assicurando così i circuiti più virtuosi del capitale. In oltre, la creazione di un Fondo di riserva per le pensioni – subito dilapidato dai governi successivi senza alcuna relazione con questo obbiettivo – avrebbe permesso, a termine, di concepire una riforma ancora più profonda del sistema pensionistico. In poche parole, fu un progresso considerevole.

E vero che l’introduzione delle 35 ore nel settore ospedaliere lasciò qualcosa da desiderare, benché la gravità di questa lacuna sarebbe stata rapidamente cancellata durante un secondo mandato della « gauche plurielle », se non altro per la serietà metodica rivendicata dal Primo Ministro Jospin, metodo riconosciuto da tutti. E pure vero che l’annualizzazione del tempo di lavoro ridusse moderatamente la crescita già considerevole del numero degli impieghi in seguito all’introduzione delle 35 ore. Ma questo avvenne in un contesto di rilancio della crescita economica più qualitativa dal punto di vista sociale. (Vedi la Sezione Commentaires d’actualité del sito www.la-commune-paraclet.com , in particolare il testo « Norme CDI ou précarité » )

La « gauche plurielle » aveva aperto una autentica via pacifica verso una transizione sociale avanzata. Così facendo aveva scelto di privilegiare una società umana capace di sviluppare la personalità di ognuno con il tempo liberato acquisito con la spartizione del lavoro socialmente disponibile tra tutte le cittadine e i cittadini, invece di una regressione verso una società disumanizzante capace di riconoscere unicamente il valore del profitto, confondendo per colmo pericolosamente profitto, interesse classico e interesse speculativo in favore dell’egemonia distruttiva di quest’ultimo. Per afferrare la posta in gioco dal punto di visto socio-economico e etico-politico, si deve capire il senso profondo della ripresa da Keynes dell’opuscolo di Paul Lafargue intitolato Il diritto all’ozio, quando concepiva il concetto della settimana di lavoro di 15 ore prendendo questa visione in prestito dal genero di Karl Marx senza citarlo. Secondo Keynes, questa spartizione del lavoro era suscettibile di portare ad una società non alienata già accessibile ai suoi nipoti grazie alla crescita secolare della produttività. (10)

Purtroppo sin dal governo Raffarin fine alle leggi El Khomri e Macron, assistiamo al lento smantellamento della Legge sulla modernizzazione sociale. Questo avviene nel quadro della definizione dell’anti-dumping nell’OMC, la quale fa astrazione del codice di lavoro e dei criteri ambientali minimi, mettendo così i lavoratori globalmente in competizione l’uno con l’altro sulla base del solo salario capitalista individuale. Così facendo, si privilegia il costo del lavoro astratto da ogni considerazione per il costo di produzione a scapito della necessaria preservazione dei tre componenti del « reddito globale netto » dei focolari. Oltre alla Direttiva Bolkestein, con la sua ingiustizia crescente per i lavoratori distaccati, i lavoratori europei vengono così messi potenzialmente in competizione diretta non solo all’interno della UE dove i salari possono variare da 4 euro a quasi 50 euro orari, ma ugualmente con il mezzo miliardo di compagni Dalits – i cosiddetti Intoccabili – con una speranza di vita media di 40 a 42 anni!

(Nota aggiuntiva: La tendenza a sostituire il costo di produzione con il semplice costo del lavoro, ovvero a sostituire i tre componenti del « reddito globale netto » dei focolari con il solo salario individuale, porta coerentemente ad altre misure regressive imitate dal presunto « modello » italiano. Molte di queste misure regressive sono contenute nel programma di E. Macron. Ad esempio, l’introduzione della no tax area per i salari più bassi in modo che la metà dei lavoratori francesi non paga più l’Irpef; l’abolizione dell’equivalente dell’IMU per la maggioranza dei focolari; e la riduzione dei contributi sociali su busta paga trasferiti sulla CSG oppure compensati dai vari esoneri alle imprese – CICE ecc – cioè trasferiti sulla fiscalità generale. Questi esoneri ammontano ad attorno a 90 miliardi di euro annui nel quadro della politica delle cosiddette spese fiscali – o tax expenditures – per un totale di oltre 300 miliardi annui. Pero, la fiscalità generale essendo legata al tasso di occupazione, diventa fatalmente decrescente. Il budget, così reso strutturalmente insostenibile, viene allora utilizzato come razionale per legittimare altri tagli nelle spese sociali e nelle spese pubbliche in generale. Sulla CSG la quale penalizza sopratutto i pensionati con più di 2000 euro mensili, vedi ad esempio : http://www.latribune.fr/opinions/tribunes/les-classes-moyennes-oubliees-des-reformes-fiscales-macron-743009.html )

Ora che le 35 ore sono state smantellate rimane solo rendere i licenziamenti più facili, restringendo i ricorsi giuridici – in Francia anche ai Prud’hommes – assieme alla rappresentanza sindacale. Questo risulta ancora aggravato con il rovesciamento della gerarchia delle norme, in modo da privilegiare i contratti d’impresa in tandem con l’esplosione dei contratti precari e occasionali – voucher – oppure quelli di persona a persona. (11) Basta citare qui Oskar Lange, lo sfortunato inventore del cosiddetto « socialismo di mercato » più giustamente conosciuto come « socialismo marginalista ». Questo concetto fu utile, a suo tempo, per la costituzione delle democrazie popolari ma causò subito dopo l’assassinio di Stalin dagli « camici bianchi », una disastrosa transizione fuori della pianificazione bolscevica classica, detta staliniana, a causa della sovra-rappresentanza filo semita nietzschiana nella ex-Unione Sovietica. Questa sovra-rappresentanza portò fatalmente alla sua distruzione interna, in particolare a causa del trasferimento della lealtà dei sovra-rappresentati dopo l’auto-proclamazione dello Stato di Israele nel 1948.

L’universalismo repubblicano e comunista fu così minato col ritorno di certi all’ideologia criminale dell’elezione divina esclusiva malgrado la critica definitiva di Marx nella sua Questione ebrea. Per parte sua, Oskar Lange era ben intenzionato. Pero, nel suo considerare il marginalismo come una scienza universale, dunque applicabile al socialismo, dimostrò essere la vittima intellettuale della seria di falsificazioni del marxismo intrapresa da Böhm-Bawerk. Bortkiewicz, Tugan-Baranovskij et al., errore che nessuno marxista aveva commesso fin qui, né Lenin, né Bucharin, né Mao, né Gramsci, né Althusser.

Sottolineiamo che: « Discorrendo della superiorità della democrazia socialista Oskar Lange si preoccupava sopratutto di confutare le accuse di von Mises e di von Hayek (Road to serfdom ) assieme agli altri argomenti demagogici e vuoti di quest’ordine.

Lippincott sintetizza il suo argomento così:

« Se l’uguaglianza è una caratteristica fondamentale della democrazia, ne va così della libertà. In questo dominio ugualmente un’economia socialista sarà in più grande armonia con la democrazia non che una economia capitalista. Questo perché con una distribuzione più ugualitaria dei redditi, la libertà di scelta dei consumatori sarà più libera. Mentre in una economia capitalista molta gente deve scegliere tra un capoto e un paio di scarpe, in una economia socialista la maggiore parte potran scegliere tra una radio ed un telefono.

Senza dubbi verrà ritorto che la proprietà pubblica di una grande parte dell’industria da il via libera alla dittatura. Il corollario di questo argomento vorrebbe che la proprietà privata sia un baluardo contro la tirannia. La critica spontanea di questi argomenti farà certamente valere che la forma di proprietà in se stessa, che sia pubblica o privata, non promuove né fa ostacolo alla libertà. L’elemento cruciale è il carattere dell’autorità responsabile dell’amministrazione, oppure il modo in cui l’esercizio di questa autorità viene controllato.

(…)

Se esiste mai oggi un luogo dove questa tirannia prevale è proprio nel quadro dei Stati democratici nei quali predomina la proprietà privata dell’industria. Qui il potere è esercitato in modo autocratico e senza nessuno stato di anima. E verro che la proprietà privata dei mezzi di produzione farà ostacolo alla possibilità per il governo di tiranneggiare l’industria; nel stesso tempo, permette all’industria di dominare il governo e di tiranneggiare gli operai. Dato questa realtà, la proprietà governativa delle industrie essenziali create dal governo democratico offrirà il mezzo per sopprimere l’autocrazia nell’ambito dell’industria. » (Op. citato, 32-33. La traduzione è mia.)

L’argomento di Lange porta in seguito sull’autorità amministrativa, cioè sulla burocrazia. Deve essere responsabile assicurandosene istituzionalizzando la consultazione tra management e lavoratori:

« Un’industria socializzata funzionerebbe sotto l’occhio del pubblico il quale avrebbe accesso a tutta la documentazione. Esistono poche altre misure capaci come questa assicurare la responsabilità delle diverse istanze. La dove l’industria è pubblica, le misure relative al calcolo economico, anche se approssimative, sono realmente possibili. Questo assicurerebbe tanto l’efficacia quanto la responsabilità. » » (idem p 34)

Secondo Lange questo porterebbe ad una autentica meritocrazia nel quadro dell’uguaglianza salariale sostituita alla pseudo-meritocrazia borghese. (12 )

3 ) Democrazia formale vs democrazia socialista.

Basta aggiungere che questo ritorno filosemite nietzschiano si svolge in parallele con un tentativo di fare sparire la coscienza di classe delle classi laboriose. Si tenta ormai legittimare in Europa le inettitudini di Seymour Lipset, di Sydney Verba ed altri sulla presunta mancanza di pertinenza delle classi sociali e dello ventaglio politico destra-sinistra, tentativo da me denunciato lungo tempo fa, ad esempio nel mio Tous ensemble. Oggi questo assume forme concrete al sapore censitario e totalitario sempre più pronunciato. Ad esempio, il controllo borghese della rappresentanza parlamentare – legge elettorale, disegno delle circoscrizioni, scelta dei candidati, finanziamento dei partiti, ruolo delle mass media private ecc –, l’assenza reale di democrazia sociale e partecipativa – con le recenti rimesse in causa delle relazioni industriali caratteristiche dello Stato sociale, e la manipolazione della paura –, la creazione artificiale di nemici islamici o altri con la dottrina della guerra preventiva ed il clonaggio del Patriot Act, scelte che sono frontalmente contrarie a tutta la storia dello sviluppo europeo e mondiale verso l’affermazione di diritti universali fondamentali, tanto sociali quanto individuali.

Denuncio da tempo questo abominevole ritorno ad un sociale-fascismo, un camino a ritroso che potrà soltanto mal finire. In realtà, si tratta di un nuovo filosemitismo nietzschiano. Fortunatamente, si stanno sciogliendo qualche lingue cercando di vietare il peggio, ma senza sempre sapere apprezzare i due contributi maggiori ed imprescindibili di Marx, cioè la sua critica definitiva dell’esclusivismo e la legge marxista del valore.

Ultimamente, il sociologo Bonaventura Sousa Santos prendendo atto delle distruzioni neoliberali monetariste imposte al suo Paese, non esitò più riferire al ritorno ad un « fascismo sociale ». (13)

L’ottica è interessante perché oppone la democrazia formale alla democrazia degli azionisti per proporre una « demodiversita », concetto sul quale si amerebbe sapere di più. Per parte mia, differenziando tra partiti politici e gruppi di interesse, tra società politica e società civile, sarei più tentato definire la forma specifica di democrazia rappresentativa in questione, in parallele con le forme di democrazia partecipativa e di democrazia economica e sociale considerate. Questo porterebbe a quello che ho chiamato « democrazia socialista ». Quest’ultima risulta la vera posta in gioco della lotta di classe, almeno se si desidera considerare una transizione emancipatrice dell’Umanità verso il superamento dello sfruttamento dell’Uomo sull’Uomo.

Alcuni anni fa, ritornando a Marx, ho riassunto il dibattito nei termini seguenti: tutte le analisi del fascismo fine a me sono incomplete oppure semplicemente puerili se non menzognere – ad esempio, quella fortemente influenzata da una sociologia economicista di F. Chabod, oppure quelle del Comintern. Tutto tiene nell’occultazione più o meno cosciente dell’evidenzia, cioè il carattere filosemite nietzschiano di origine. (Vedi le istitutrice svizzere di Mussolini e il ruolo di Margherita Sarfatti e della sua famiglia.)

Quando il modo di produzione capitalista si trova direttamente confrontato alle sue contraddizioni principali, la favola borghese della democrazia rappresentativa, cioè quella dell’uguaglianza formale dei cittadini, si trova confrontata alle ineguaglianze ed alle discriminazioni crescenti. E allora implacabilmente rimessa in questione assieme alle sue istanze di legittimazione, tra le quali la « meritocrazia » di servizio delle classe medie secondo Max Weber. I vecchi fantasmi della dominazione dell’Uomo sull’Uomo riprendono il vantaggio sul liberalismo classico e sulla democrazia formale, compreso la pretesa del giusto valore del reddito versato alla forza di lavoro col pretesto che sarebbe stabilito dal prezzo del suo rinnovamento sopra un mercato concorrenziale. Ben inteso senza mai dire la minima parola a riguardo dell’appropriazione della sovrappiù. In altri termini, la democrazia borghese rimane plausibile finché i processi di distribuzione microeconomici e di ridistribuzione macroeconomici funzionano, in modo da assicurare al minimo la sopravvivenza dei cittadini senza disoccupazione di massa.

Questo giochetto regressivo borghese cominciò sin dall’inizio. Si manifestò durante le battaglie per la conquista del suffragio universale espresso nel segreto delle urne. Questa prima vittoria del proletariato provocò subito una paura viscerale nel cuore dei dirigenti. Ad es., quella di un Michels impegnato a tirare le lezioni dell’ossessione della forza democratica legata al numero tale che enunciata da un Nietzsche fortemente intimorito dall’avvenimento della Commune de Paris nel 1871, perché quest’ultima verificava ai suoi occhi la logica scientifica di Marx.

L’attacco fu parato con lo sviluppo del pluralismo politico borghese saldamente messo sotto il controllo della proprietà privata e dei suoi Apparati di Stato, incluso tramite il finanziamento dei partiti, la scelta dei dirigenti e il ruolo dei media, senza parlare del quadro imposto dalle costituzioni borghesi. Si aggiunse la favola della « meritocrazia » borghese inventata da Max Weber per meglio cooptare le classi medie – dunque in principio le più educate in un sistema scolastico di classe – nell’ottica della « razionalità burocratica » necessaria al buon funzionamento del sistema.

A questo prezzo fu possibile passare dalla democrazia censitaria liberale classica al controllo esercitato con il pluralismo politico borghese. A poco a poco questo prese la forma di una democrazia di azionariato, una deriva oggi confermata nel quadro di una « private global governance » che pretende semplicemente negare la sovranità dei popoli e dunque quella dello Stato-nazione sul quale riposa o, più esattamente, la sovranità della Repubblica come forma di Stato formato da cittadine/i a parte intera.

Siamo dunque entrati in una fase acuta di sovra-rappresentanza e di falsa rappresentanza. La differenza con il corporativismo borghese fascista degli anni 20 et 30 tiene nel fatto che i pseudo-eletti odierni sono transnazionali. Tentano di passare oltre alla sovranità popolare al punto di volere cancellare la propria appartenenza ad una Repubblica specifica, colpevole secondo loro di volere concretizzare il condividere di una Storia e di un avvenir comuni a tutti i cittadini nell’ottica dell’Emancipazione generale dell’intera Umanità. Questo mostra bene il carattere mostruoso e auto-distruttore di questa auto-proclamazione come « maestri del monde », posti ancora una volta aldilà del bene e del male e, ben inteso, aldilà della sovranità cittadina.

Si potrebbe interpretare la « demodiversità » di Sousa Santos come una « gauche plurielle » democratica riformista rivoluzionaria senza dovere rifare tutto Maurice Duverger, né negare i progressi del controllo democratico inizialmente inaugurato dal centralismo democratico. I fatti storici e teorici insegnano che ci furono dei club politici emersi dalla società civile ma mirando a servire la volontà generale. Poi, con il consolidamento del dominio borghese dei partiti politici, seguito dall’emergenza di una democrazia sociale con la riconoscenza del ruolo dei sindacati, venne la seria di conquiste popolari descritte negli scritti storici di Marx relativi alla Francia. Infine, avemmo il riconoscimento formale del ruolo dei gruppi di pressione. Sappiamo oggi che la maggioranza dei sindacati è cooptata nel sistema, mentre molti gruppi di pressione sopravvivano grazie all’attribuzione di fondi pubblici, fatto che induce con più o meno coscienza ad una certa autocensura. Invece vengono promossi quando condividono lo stesso « mind set », altrimenti spezzo debbono sopravvivere con grande difficoltà.

Rimane comunque l’idea della democrazia sociale avanzata, o meglio ancora della democrazia socialista, la quale dovrebbe superare la democrazia rappresentativa formale. Questo dovrebbe avvenire democratizzando il luogo totalitario borghese per eccellenza, cioè il mondo della produzione microeconomica e della riproduzione macroeconomica oggi sottomessi alla tirannia della proprietà privata – oppure, a volta, della proprietà pubblica sotto controllo dello Stato-padrone borghese. Quando la proprietà diventa collettiva, almeno principalmente sotto la forma delle imprese di Stato, di cooperative o di pianificazione socio-economica a vari livelli, allora il potere decisionale – cioè il cuore della democrazia in atto – cambia totalmente dato che il potere appartiene legalmente al popolo e non più a dei volgari auto-eletti che si accaparrano la sovrappiù sociale. Per quello che concerna la « democrazia socialista » vedi il Capitolo su Cuba nel mio Pour Marx, contre le nihilisme come pure le elaborazioni successive offerte nella sezione « Pour le socialisme cubain » in www.la-commune-paraclet.com

Nel mio Tous ensemble ho tentato di chiarire la relazione tra riforma e rivoluzione proponendo il concetto di democrazia sociale vista come superamento storico – e non semplice negazione – della democrazia formale borghese. Nell’ottica della riforma rivoluzionaria, questo rinvia alla costituzione ed alla gestione comune dei fondi sociali descritti da Marx nel suo libro essenziale intitolato Critica del programma di Gotha. Riportarsi pure al contributo budgetario di Che Guevara nel suo importantissimo articolo del febbraio 1964.

Una versione di questa strategia di istituzione di fondi collettivi fu riproposta in maniera magistrale dal Piano Meidner originale che istituiva i Fondi Operai in Svezia. Senza particolari sussulti a parte per il flusso della sovrappiù sociale, l’accumulazione del capitale sociale resa possibile da questi Fondi Meidner o Fondi Operai avrebbe permesso l’acquisto della proprietà privata e la sua trasformazione in proprietà collettiva in pochissimo tempo. Questo avrebbe ugualmente cambiato il buon senso comune della maggioranza dei cittadini a favore del socialismo democratico, una tendenza che mi spingeva a dire nel mio Tous ensemble in omaggio a J. Jaurès: « Il tempo di Carmaux è arrivato ! » Il Piano Meidner provocò la fobia della borghesia svedese con il suo tentativo suicide di ritorno in dietro. La posta in gioco consiste nel sapere a chi appartiene il profitto, cioè la sovrappiù corrispondente a questo sopra-lavoro. Adam Smith ammetteva già: La proprietà privata non contribuisce niente a questa estrazione. Aggiungeva: « Il capitalista ama raccogliere la dove non ha mai seminato. » (Ricchezza delle nazioni, ed. Sutherland, 1993, p 47)

L’avvenire dell’emancipazione religiosa, politica e umana rimane la conquista in divenire del « romanzo incompiuto » – per citare un bel titolo di Louis Aragon – declinato dalla democrazia socialista.

4 ) Ma, a proposito, come mai la « gauche plurielle » perse le elezioni?

Il giorno dopo la sconfitta, il candidato all’elezione presidenziale M. Jospin, principale responsabile della bella esperienza fatta dalla « gauche plurielle » a contro-corrente dell’ondata neoliberale-monetarista, parlò di « elettrochoc ». Ben inteso, ci fu la dialettica della differenziazione e dell’unificazione dei componenti della « gauche plurielle » che non funzionò come previsto dato che nessuno aveva previsto che M. Jospin non fosse stato presente al secondo turno. Negli ultimi giorni della campagna, il PS disponeva di alcuni numeri allarmanti ma non chiamò alla disciplina. La questione dei minimi sociali spinse a più differenziazione con la speranza di potere pesare di più durante un secondo mandato nel quadro di un sbagliato apprezzamento degli effetti della legge elettorale per la presidenziale. A mio umile parere, il più grave fu la mancanza di persuasione da un gran numero di membri del PS poco inclini a camminare nella direzione indicata con metodo da M. Jospin. Questo fu presto verificato con il poco di entusiasmo dimostrato per difendere il bilancio purtroppo esemplare della « gauche plurielle ». Il PS era già in gran parte sociale-liberista à la Hollande ed appoggiò il Primo Ministro Jospin solo per la volontà opportunista di rimane al potere …

Sfortunatamente, il governo Jospin non durò abbastanza per cambiare questi equilibri interni al PS ancora ampiamente segnato dalla svolta sociale-liberista mitterrandista del 1983. Benché la « gauche plurielle » seppe tenersi fuori della guerra preventiva e delle sue abominevoli fabbricazioni di conflitti armati di civiltà, non denunciò i troppo numerosi pitre – altri parlano di « agis » – filosemiti nietzschiani che pretendevano erigersi in « ussari ( della disuguaglianza ) della repubblica ». Pretendevano pure concepire la laicità dello Stato come una « ideologia simile a qualsiasi altra » (sic!). Costato che fui allora solo a farlo, gli altri al meglio si accontentarono di seguire ATTAC nelle sue derive alter-whatever!. « Anti », non fa più bon chic, bon genre …

In altre parole, senza una direzione autenticamente socialista nel senso del rispetto del materialismo storico – anti-esclusivismo e legge del valore – la strategia del riformismo democratico rivoluzionario, il quale consiste nel privilegiare la direzione invece della velocità, non risulta affatto possibile. La Battaglia delle Idee rimane cruciale. Ricordo l’analisi esemplare di Gramsci sulla contro-egemonia già costruita sul piano culturale e scientifico, la quale che rese possibile la catalisi incarnata dalla Rivoluzione francese. Oggi, a parte me, qui osa criticare l’esclusivismo dunque l’attacco contro l’uguaglianza umana senza la quale pero nessuna democrazia è possibile anche se solo formale? E chi difende la scienza economica da me ristabilita contro tutte le narrazioni borghesi, in particolare marginaliste?

I risultati delle elezioni presidenziale e legislative del 2017 in Francia sottolineano chiaramente 3 elementi:

1 ) I cittadini non tollerano a lungo la sovra-rappresentanza aggravata dalla falsa rappresentanza. Possono essere ingannati ma il contraccolpo ne risulta più devastante. Il PS di autentici rinnegati post-Jospin paga naturalmente il prezzo dei suoi rinnegamenti accumulati, quello del 1983 e quello dell’odiosa manipolazione del discorso del Bourget da un certo Hollande guerrafondaio à la G. W. Bush junior.

2 ) L’astensione record, del 25,44 % al secondo turno della presidenziale e del 58 % alle legislative, illustra bene il fatto che i cittadini non fanno nessuna fiducia ad un governo messo sotto il dominio diretto dei banchieri e di un Rothschild scappato in Inghilterra durante le nazionalizzazioni mitterrandiste.

3 ) Per quello che riguarda i vari pitre della « nouvelle philosophie » e della « nouvelle économie », cioè i capi narratori delle basi ideologiche di questa peculiare egemonia, non hanno più nessuna forza di persuasione intellettuale o etico-politica. Le loro narrazioni, spesso idonee a scatenare effetti micidiali, sono ormai frontalmente negati dai fatti quotidiani. Il loro ciclo è ormai chiuso benché si attardano, vittime della loro propria illusione ( « Hi-Han! » avvertiva il loro maestro Nietzsche. Giordano Bruno denunciava già « la pedanteria e le asinate » di questa gente alla sua epoca.) Il contraccolpo sarà in proporzione dello sfascio provocato.

Conviene tuttavia sapere mutare le sconfitte di una certa sinistra in opportunità per la sinistra autentica, cioè la sinistra leale alla scienza e dunque al marxismo. Da questo punto di vista, il tradimento di Hollande e l’elezione di Macron e della sua macronie rappresentano un male per un bene. In effetti, tutti i socio-fascisti sono fatti all’immagine di von Mises e dei suoi discepoli. Per loro, la presenza di uno Stato minimo è ancora qualcosa di troppo. Ci sono sempre traccie di « socialismo » ovunque, per socialismo leggere « intervento dello Stato nell’economia. » Questo aspetto reazionario è perfettamente enunciato nel libro del filosemite nietzschiano von Mises intitolato « Socialism : An Economic and Sociological Analysis » (1951) (14) con il quale fece rinascere le idee sociali-fasciste nel dopo-guerra nel contesto della guerra fredda. Fondò così quello che diventerà la public policy neoliberale monetarista; questa divenne un’ondata con l’arrivo al potere di Ronald Reagan e della sua clique del Committee on the present danger.

Ecco un esempio molto parlante: in questo straccio sociale-fascista, questo pitre ebreo-austriaco von Mises sostiene che la malattia nelle classi popolari è direttamente causata dall’esistenza del sistema pubblico di sanità, altrimenti il tutto sarebbe questione di volontà, un concetto apparentato alle fantasie olistiche assai vicine di quelle del supremazista sud-africano J. C. Smutz! Empiricamente, i fatti – cioè, fatti marginalisti ! – gli danno ragione, almeno se si considera la sorte fatta al mezzo miliardo di compagni Dalits in India, i quali, ben inteso, non possono permettersi il lusso di essere malati e hanno anche la cortesia di vivere in media tra 40 e 42 anni; muoiono senza fare troppo rumore e senza necessitare nessuno testamento biologico ideato per legittimare l’eutanasia per quelle e quelli che non possono pagare il costo medicale del fin di vita. (Oggi in Italia, 12 milioni di persone rinunciano già alle cure in un sistema sanitario oggetto di spending review secondo Gutgeld et al. …)

Il vero timore isterico di von Mises ha la stessa origine di quella di Nietzsche con la sua paura ossessionale del numero nel contesto del divenire umano. In particolare, von Mises temeva il ruolo se mai solo smithiano dello Stato moderno, cioè dello Stato democratico. Questa paura era fondata sull’esperienza riuscita della pianificazione di guerra tedesca durante la prima guerra mondiale. Dimostrò l’estrema efficacia nell’utilizzazione delle risorse disponibili. Da qui la sua confusione ontologica tra pianificazione e socialismo. Le inettitudini disumanizzanti e economicamente contro-produttive negano ogni sostrato sociale e politico di qualsiasi sistema economico forzato a diventare interamente decontestualizzato – disembbeded – secondo il termine di Karl Polanyi nel suo libro La Grande trasformazione.

Trasformando il fattore umano in fattore liquefatto sotto forma di denaro giocato in borsa al livello globale e, in oltre, nel contesto della finanza speculativa egemonica, questi sociali-fascisti trasversali sono ormai andati troppo lontano. Non possono più scusarsi puntando ad una mancanza di concorrenza dato che i fatti dimostrato chiaro e tondo che è proprio questa concorrenza « libera e senza ostacoli », ma decontestualizzata, la radice del male in un sistema di proprietà privata abbandonata ai meccanismi perversi e spreconi della « mano invisibile ». Paragonate ad esempio il « crowding out » dei LTRO e altri QE, con il loro « credit crunch » cronico, a quello presunto statale denunciato anni fa dal ineffabile Laffer su un tovagliolo! L’ora della resa dei conti si avvicina a gran passi!

Paolo De Marco

Copyright © La Commune Inc, 17 juin 2017 (traduzione fine giungo 2017)

Note :

1 ) Questo testo è disponibile nella Sezione Economie Politique Internationale/International Political Economy du site www.la-commune-paraclet.com

2 ) Giudicate voi stessi riportandovi al testo seguente : « Riforme democratiche rivoluzionarie o lamentabile Ronzinante del riformismo » in questo medesimo sito. Il testo originale in francese forma un capitolo di Tous ensemble, vedi la sezione Livres-Books , idem.

3 ) Questo concerna pure l’ecologia borghese ed il suo spirito antiscientifico primario ispirato direttamente dai reazionari dell’Establishment americano del dopo-guerra come palesemente dimostrato dal Report from the Iron Mountain del quale John Galbraith aveva confermato l’autenticità sul suo onore in una prefazione. Oggi sappiamo il ruolo reazionario fascistizzante di un von Mises e della Societé du Mont-Pélerin. I redattori del rapporto menzionato andavano nella stessa direzione, quella della fabbricazione di narrazioni idonee a strumentalizzare la paura creando ex nihilo nuovi peccati originali, sopratutto indirizzati ai « gentili », ossessioni e nemici contro i quali mobilizzare le masse. A parte Burke, Nietzsche e Heidegger, uno dei loro maestri a pensare fu Carl Schmitt, il giurista nazi. Ripresi oggi, questa gente ha inventato le guerre preventive con i suoi Patriot Act ed altri stati di emergenza liberticidi resi perenni per palestinizzare i proletariati del mondo intero. Basterà sottolineare qui che i narratori climatologi fanno astrazione di tutto quello che importerebbe sapere nel dominio: gli effetti della precessione degli Equinozi, quelli della chimica di alta atmosfera, quelli delle correnti marittime, quelli delle placche tettoniche, quelli dei cicli solari senza neppure parlare della forza di Coriolis, del magnetismo e dell’utilizzo della « farfalla di Lorentz » nei calcoli dei super-calcolatori in astrazione della prima pagina del calcolo vettoriale secondo la quale delle forze contrarie di uguale valore si cancellano. Le loro prescrizioni mirano unicamente ad imporre il programma del Club di Roma e della Trilaterale nei nuovi abiti dell’ « impronta ecologica ». Cioè, mettere fine alle « rising expectations of the workers and citizens », provocare il ritorno alla « deference to (self-proclaimed ) Authority » ecc, cosa che via lo smantellamento dello Stato e dei suoi interventi pubblici, porta alla disgregazione inesorabile dei territori e della sanità pubblica. Ed alla sottomissione del principio di precauzione agli imperativi del capitale speculativo. L’analisi scientifica obbiettiva porterebbe al contrario a quello da me chiamato ecomarxismo, il quale suppone la risoluzione del falso problema ricardiano della rendita e quella della produttività coerentemente re-integrata nelle Equazioni dell’equilibrio generale dinamico, cioè nelle Equazioni della Riproduzione Semplice e Allargata. Rimando qui al mio Défi aux écologistes assieme ai miei Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance – in parte tradotto nei Brani scelti nella Sezione Italia – e il Compendio di Economia Politica Marxista rispettivamente accessibili nelle sezioni « Commentaires d’actualité » e « Livres-Books » del sito www.la-commune-paraclet.com .

4 ) Per la negazione del mio diritto di risposta da parte di volgari sovra-rappresentati che non sanno neanche cosa sia una funzione di produzione scientificamente fondata, vedi : http://rivincitasociale.altervista.org/negation-de-mon-droit-de-reponse-odieuse-censure-philosemite-nietzscheenne-en-france-et-au-journal-le-monde/

5 ) Riportarsi qui alla dimostrazione nel mio Introduzione metodologica ed al mio Compendio già citato.

6 ) Vedi « Debito pubblico e sciocchezze marginaliste : il caso italiano », 3 marzo 2017, nella categoria Economia in http://rivincitasociale.altervista.org. Per il 99% , la prima menzione si trova nel mio Livre III (2005) intitolato Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance (Utilizzare la funzione ricercare ) Tutti questi testi sono liberamente accessibili nella Sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com

7 ) Per questo ritorno vedi già il mio Tous ensemble. La mia critica di Piketty è disponibile nella sezione Critiques de Livres-Book Reviews. In una nota seppellita in piè di pagina nella metà di un libro di oltre 900 pagine, questo falsare, che i suoi malintenzionati maestri volevano fare passare per un nuovo Marx, (1) ammette apertamente che i suoi ratio – paretiani a ribasso – utilizzati per illustrare l’ineguaglianza dei redditi non tengono conto dei strumenti della finanza speculativa!!! Ma questo tipo di pretenzioso e fallace racconto statistico mondiale, falsato sin dall’inizio perché destinato a creare un nuovo senso comune della percezione dell’ineguaglianza nell’epoca della speculazione egemonica, arricchisce il suo uomo. Comunque dubito che questo libro indigeste sia stato letto da molti laboriosi e zelanti commentatori, di sinistra o di destra. Fui l’unico ad attirare l’attenzione sopra questa scomoda nota in piè di pagina, cosa da fare pensare che gli altri si sono accontentati prudentemente dei commenti disponibili sulla quarta di copertina.

8 ) Per il Jobs Act, vedi i testi disponibili nella categoria Lavoro del sito http://rivincitasociale.altervista.org

9 ) Vedi: http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/root/bank/download/2001455DCdoc.pdf ; vedi pure https://fr.wikipedia.org/wiki/Loi_de_modernisation_sociale#Chapitre_Ier_:_.C3.89tablissements_et_institutions_de_sant.C3.A9 ; e https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000408905&dateTexte=&categorieLien=id

10 ) Vedi Keynes, Possibilità economiche per i nostri nipoti, in http://www.giuseppelaino.it/?page_id=2662 (oppure Perspectives économiques pour nos petits-enfants, dans https://www.les-crises.fr/keynes-perspectives-eco/ . Vedi pure

Paul Lafargue, Il diritto all’ozio, la religione del capitale, http://www.fondowalterbinni.it/biblioteca/Lafargue.pdf (oppure, Paul Lafargue, Le droit à la paresse, dans https://www.marxists.org/francais/lafargue/works/1880/00/lafargue_18800000.htm

11 ) Per la regressione sul codice del lavoro vedi : a) « Loi travail? Chapeau bas à M. Gérard Filoche » nella Categoria Lavoro de http://rivincitasociale.altervista.org ; b) Un Code du Travail déjà rongé par les exigences patronales, Kareen Janselme, Loan Nguyen et Cécile Rousseau, Jeudi, 15 Juin, 2017, L’Humanité http://www.humanite.fr/un-code-du-travail-deja-ronge-par-les-exigences-patronales-637433

12 ) Per quello che riguardo il « marginalismo socialista » de Oskar Lange, vedi i testi accessibili nella Sezione Economie Politique Internationale de www.la-commune-paraclet.com.

13 ) “Benvenuti nell’epoca del fascismo sociale” Il neoliberismo ha sdoganato la legge del più forte. E così siamo tornati alla giungla. La critica del grande sociologo Bonaventura de Sousa Santos, di Giuliano Battiston, 05 giugno 2017 http://espresso.repubblica.it/internazionale/2017/06/05/news/benvenuti-nell-epoca-del-fascismo-sociale-1.303106?ref=RHRR-BE

14 ) vedi https://mises.org/library/socialism-economic-and-sociological-analysis . Vedi anche il ruolo della Société du Mont Pélerin. Per quello che riguarda il Committee on the present danger, vedi : https://en.wikipedia.org/wiki/Committee_on_the_Present_Danger

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