Commenti disabilitati su Nuova contrattazione per una precarietà sistemica con salario minimo e reddito cittadino – beninteso, filosemiti nietzschiani.

(Rimando al mio « Appello » in questo medesimo sito, chiamando tutte le compagne e i compagni a farlo loro ed a divulgare l’argomento della nuova definizione dell’anti-dumping necessaria per proteggere le  tre forme del reddito dei focolari in un mondo ormai globalizzato.

Addendum: sulla contrattazione vedi pure  « Il ritorno della lotta di classe », Mercoledì, 07 Ottobre 2015 20:15 Giorgio Cremaschi http://contropiano.org/interventi/item/33300-il-ritorno-della-lotta-di-classe . Vedi pure «À la guerre comme à la guerre » 7 Ottobre 2015 http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=4620 per « l’aumento di 20 euro per dipendente » previsti nella legge di stabilità « dopo un blocco contrattuale di sette anni e la sentenza della Consulta.»)

Re : « Renzi pronto alla riforma dei contratti i “collettivi” sostituiti dal salario minimo » Il presidente di Confindustria convoca per oggi le categorie per decretare il flop della trattativa. Il baricentro sarà spostato tutto sul livello aziendale e territoriale per favorire l’aumento della produttività, di ROBERTO MANIA 06 ottobre 2015 http://www.repubblica.it/economia/2015/10/06/news/renzi_pronto_alla_riforma_dei_contratti_i_collettivi_sostituiti_dal_salario_minimo-124418066/?ref=HRER1-1

Commento: Si tratta di un altro colpo mortale inflitto allo spirito e alla lettera del fu Consiglio Economico e Sociale il quale, almeno fine al 1991 – congresso della Bolognina – cercava di concretizzare i principi cardini della Costituzione italiana in materia di economia mista, di lavoro dignitoso e di solidarietà nazionale. L’articolo allerta a giusto titolo sul fatto che:  « Dopo la legge di stabilità saranno scritte le nuove regole della contrattazione. A farlo sarà quasi certamente il governo, senza sindacati e Confindustria. Non era mai successo prima. Il modello contrattuale è sempre stato concordato tra le parti sociali sulla base dei rapporti di forza, delle reciproche convenienze ma anche degli obiettivi condivisi. »

Riconosciamo almeno che questa ennesima deriva dei governi italiani trasversali – oggi di larghe intese ! – dimostra una logica filosemita nietzschiana ferrea, del tipo di quelle ideate da Michels. Avevano già privilegiato il livello aziendale contro il contratto nazionale e la rappresentanza sindacale democratica. Lo fecero nel quadro dell’euro senza ratio Cooke, dunque ipercentralizzato, il che significa che le periferie si vuoteranno ancora di più : in Calabria rimane solo attorno a 2 milioni di abitanti. Ora vogliono armonizzano il livello aziendale con il Jobs Act, con l’abolizione dell’Articolo 18 e con il reddito cittadino definito come un workfare alla soglia di povertà. Cioè, una nuova soglia da ridefinire … visto che, in reazione alla proposta del M5S demistificata in questo sito, Tito Boeri ha già calcolato che la soglia attuale risulta troppo alta. Naturalmente, i fondi ci sono e come per i vitalizzi e per le pensioni d’oro e meglio ancora con il contributivo applicato ai salari alti, oggi monopolizzati secondo una meritocrazia nepotistica di classe. Si tratta di un sistema che li mette a riparo di ogni obbligo decorrente della solidarietà nazionale – alla faccia della Costituzione e del suo concetto di lavoro e di vita dignitosi. A questo punto possiamo chiederci quale sarà la soglia legale del « salario minimo » gutgeldiano-renziano, e quale sarà quella del salario minimo de facto nel quadro attuale della precarietà istituita come nuovo sistema di relazioni industriali-economiche, inclusa quella derivata dal Jobs Act e dai licenziamenti senza reale motivo.

Questa deriva sarà aggravata con l’incomprensione relativa alla « deflazione ». Ho già spiegato che inflazioni e deflazione non sono comprensibili nel quadro Marginalista. Esso privilegia la speculazione considerata come propensa a rendere i mercati più « efficienti ». In effetti, con il suo concetto bancale di « utilità marginale », il paradigma a-scientifico Marginalista non riconosce nessuna differenza tra valore di uso e valore di scambio e di conseguenza non può fare nessuna differenza tra interesse e profitto – il primo essendo incluso nel secondo ma non viceversa – e quindi tra economia reale e economia speculativa. Irving Fisher, discepole di Böhm-Bawerk il primo grande falsificatore di Marx, ha poi peggiorato le cose eliminando la differenza tra capitale fisso e capitale circolante con il suo concetto riduttore di « income stream » sul quale fu anche fondata la contabilità capitalista delle impresse e quella nazionale, in particolare il PIL ecc. (Vedi al questo proposito il mio « The FED dilemma » e il mio libro Compendio di economia politica marxista rispettivamente nella sezione International Political Economy e nella sezione Livres-Books del sito www.la-commune-paraclet.com . Vedi pure gli articoli pertinenti, in particolare quelli sulla « produttività » nella sezione Italia del medesimo sito.)

La deflazione, o calo generico dei prezzi per i Marginalisti, viene sostituita alla realtà strutturale, cioè alla crisi di sovra-produzione e di sotto-consumo. Gli aggregati monetari marginalisti, pure costruzioni empiriche ex post facto, non sanno neanche distinguere tra massa salariale reale e massa salariale sociale – vedi il Compendio – confondendo circolazione e rotazioni, e riposano sopra una volgare tautologia data come teoria della circolazione della moneta da gente altrimenti presunte serie. Perciò, abbassando ancora i salari e di conseguenza le pensioni potrà solo fare peggiorare le cose. Il consumo del 0,1% o ancora del 1 % oppure ancora del 20 % più ricco non può risolvere questa contraddizione strutturale per la semplice ragione che le tre forme del reddito, cioè il salario individuale, il salario differito – pensioni, ammortizzatori sociali, ecc.– ed il « reddito globale netto » dei focolari, quindi i due primi più i trasferimenti ai focolari sotto forma di accesso ai programmi sociali, cioè la « struttura di v » deve per forza riflettere la complessità iscritta nelle Equazioni della Riproduzione Semplice ed Allargata per permettere un equilibrio economico e più ancora un reale equilibrio dinamico a misura che viene innalzato il livello di vita dei lavoratori e dei cittadini in generale. L’illusione dei Chicago Boys di sostituire il consumo interno con l’export è solo una degenerazione narrativa del pensiero economico. Poi se si chiede a tutti i paesi di adottare la stessa strategia nel medesimo tempo … diventa proprio un emblematico risultato della corrente meritocrazia …

La vera scelta rimane sempre quella esposta nei miei libri e articoli, a cominciare con il mio Tous ensemble, cioè o la spartizione del lavoro socialmente disponibile tra tutti i cittadini atti a lavorare – Boris Vian gran conoscitore di Lafargue e inventore geniale del pianocktail auspicava la settimana di 2 ore lavorative – oppure la spartizione della povertà tra i membri della cosiddetta « moltitudine », tramite il ritorno forzato alla società della nuova domesticità e della nuova schiavitù. Quest’ultima viene sempre propagandata come « fine del salariato » a favore del self-employment o dell’indipendenza scelta … dei pochi soliti sovra-numerari e sovra-pagati, quelli che il più spesso contribuiscono solo a l’incremento socialmente debilitante di una speculazione senza pari nella storia dell’Umanità. Tendenza ovviamente insostenibile …

Eppure, la produttività non fu mai così elevata nella storia umana mentre i suoi guadagni non furono mai così inegualmente distribuiti. Siamo passati da un grottesco 1% di ricchi ad un insano 0,1 % e peggio ancora ad uno 0,01 % ! Secondo il Rapporto Oxfam, nel nostro paese « il 20% degli italiani più ricchi oggi detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%. » (1) Questo in un paese mandato sistematicamente allo sfascio …

Per quello che riguarda la legge di stabilità va sottolineato che il governo sceglie di trasferire subito il margine esistente di 0,4% del PIL più un altro 0,4 % in arrivo. Questo dovrebbe essere conferito da Bruxelles al titolo del « deficit strutturale » ideato per stabilizzare l’andamento economico e ritornare al più presto nei parametri del sentiero di consolidazione fiscale, in modo da abbassare il debito pubblico di un ventesimo all’anno fine a raggiungere il 60 % del PIL. Va ricordato che l’Italia ha trasversalmente costituzionalizzato senza ragione queste esigenze insensate del Fiscali Compact nell’Articolo 81 della Costituzione, capovolgendo così l’ordinamento economico e sociale fondamentale della Carta senza nemmeno consultare il popolo per via referendaria!

Questo governo italiano social-liberista, o se si vuole social-fascista alla von Mises, sceglie dunque di proseguire nella distruttrice strade della « public policy » monetarista esemplificata dalle tax expenditures. Queste ammontano a più di 120 o 150 miliardi di euro in Italia e in Francia senza nessuno effetto economico positivo dimostrabile e senza nessuna controparte per il mondo del lavoro. Al contrario dell’esonero fiscale di 23 miliardi di euro messo in campo dalla « gauche plurielle » per implementare la riduzione legale del tempo di lavoro settimanale a 35 ore con una legge quadro. (2)

Come ho già avuto modo di spiegare altrove, la logica neoliberale-monetarista delle tax expenditures consiste nel trasferire subito ai ricchi ed al padronato il potenziale margine budgetario suscettibile di verificarsi prima che la sua evidenza statistica nutrisca legittime domande sociali dopo decenni di austerità imposte alla masse lavoratrici ed ai cittadini. In oltre, al contrario delle vecchie sovvenzioni dirette da gran lungo meno costose, una volta conferite le tax expenditures spariscono cortesemente dalla contabilità pubblica capitalista, permettono così di fare apparire i conti pubblici sempre più precari in modo da legittimare altri duri sacrifici da parte delle lavoratrici e lavoratori creduli.

Nel caso attuale, dopo il regalo per le cosiddette – ma fasulle – nuove assunzioni del Jobs Act assieme alle norme del demanzionamento, dopo i miliardi già dilapidati per il taglio all’Irap, si parla di abolire l’IMU sulla prima casa e di riduzione dell’Ires. Per l’IMU si tratta ovviamente di un generosissimo regalo ai più ricchi visto che oltre il 30 % meno agiato dei proprietari di una prima casa non lo paga già da tempo, senza poi parlare degli inquilini così fortemente discriminati.

Si nota che la questione dell’abolizione dell’IMU ha già provocato giustificate critiche al livello europeo. E chiaro che, all’immagine dei cosiddetti 80 euro in busta paga erogati ad una parte sola dei lavoratori, questa misure risponde unicamente ad una logica elettoralistica demagogica e di basso stampo. Siamo cui confrontati al peggio della politica « politicienne». Favorirà unicamente la parte già agiata della popolazione che non né ha nessuno bisogno mentre goderebbe molto di più dal ripristino dei servizi pubblici e delle infrastrutture, il livello generale di vita essendo uno dei maggiori fattori di localizzazione economica.  Lo farà senza minimamente agevolare i consumi interni, a parte la proporzione di derivati già acquistata da questi gruppi sociali, nutrendo così l’attuale debilitante logica speculativa sistematica.

In oltre, e forse sopratutto, l’IMU costituisce lo zoccolo duro delle finanze municipali in una Italia oggi emule di Reagan e sempre propensa a tagliare i trasferimenti agli Enti locali. Stiamo parlando di un’Italia nella quale i piani regolatori urbanistici o rurali non vengono neanche fatti sul serio, una pratica che causa l’epocale dissesto del territorio che conosciamo tutti. Poi si ci meraviglia che le strade ed i ponti non sono più praticabili, che piccoli torrenti – anche a Genova e nel sopravalutato e oggi sempre più mafioso e periferico Nord che rinnega la Costituzione e l’unita nazionale – causano ingenti inondazioni; oppure che gli edifici scolatici cadono sulla testa degli alunni già sacrificati alla privatizzazione a-costituzionale ma rampante della cosiddetta « buona scuola».

Intanto, poco fa, la Corte dei conti sottolineava lo sbalzo di 22 % delle tasse locali negli ultimi 3 anni: al popolo italiano, troppo facilmente mesmerizzato da troppi pifferai, si ruba con una mano molto di più di quello che si pretende demagogicamente dare con l’altra. (3) Il programma del PD di Yoram Gutgeld-Renzi era comunque molto chiaro sin dall’inizio. (4)

Questa non è solo voodoo economics, è una vera e propria vergogna senza nome: neanche Mussolini era mai arrivato a questo livello di qualunquismo statale a-nazionale e  spinelliano di « auto-eletti », forse perché essendo filosemita era simultaneamente anti-sionista come d’altronde la stragrande maggioranza delle logge nietzschiane del suo tempo. Il social-liberismo attuale nega fine alla legge capitalista delle competizione, immaginando aziende e banche private « too big to fail », mentre questa legge rimane l’unico meccanismo di feedback del modo di produzione capitalista. In questo modo, con la vana speranza di trascendere le contraddizioni del capitalismo come avvenne dopo il 1922 in Italia, si sostituisce un corporativismo anti-ugualitario o liberista al liberalismo classico: « On Liberty » di John-Stuart Mill viene sostituito con il pensiero neo-totalitario nutrito dalle teorie di Nietzsche, von Mises e di Carl Schmitt e dei loro conosciuti maestri in esclusivismo. Oltre al dominio economico questo vale per la criminale ed illegale dottrina di guerra preventiva mirata al dissenso internazionale ma anche domestico. Non ci risparmia neanche la paura inflitta alle masse credule da certi climatologi ispirati più dal Report from the Iron Mountain che dalla scienza. (5)

Io sarei proprio d’avviso che se questa misura sarà adottata nella prossima legge di stabilità, la UE dovrà logicamente abolire il margine di 0,4 % e l’ulteriore margine di 0,4 % del PIL conferito all’Italia nella logica del « deficit strutturale ». Questo anche perché la crescita annunciata e temerariamente iscritta nelle previsioni che informano la legge di Stabilità diventerà presto altrettanto credibile di quella che si sta verificando nei Stati-Uniti – vedi il mio « The FED dilemma », Oct 3, 2015 nella sezione International Political Economy del sito www.la-commune-paraclet.com . Facciamo astrazione qui dei cambiamento avvenuti nella contabilità nazionale al livello della EU, dopo quelli messi in opera dai Stati-Uniti. Con la speranza di ottenere una crescita del PIL di 2 % a 3 %, furono inclusi nel calcolo del PIL la prostituzione, la droga, certi armamenti e una parte dell’evasione fiscale. Questo era stato calcolato per fare credere alla gente che non si doveva « abbassare la guarda » in materia di austerità malgrado l’insopportabile costo sociale, perché la « crescita » c’è! Invece, oggi, possiamo tutti costatare che questa falsificazione non si verifica oltre al margine statistico di errore. In realtà, rispetto a quello che si doveva ottenere con l’aiuto di questa manipolazione contabile il livello di crescita attuale è realmente e drammaticamente negativo. (6) Soffiare aria tiepida non cambia nulla a questo irrefutabile dato di fatto.

Paolo De Marco,

San Giovanni in  Fiore, il 6 settembre 2015.

Note:

  1. Queste grottesche statistiche della disuguaglianza sono l’altra faccia del grottesco avanzo primario italiano raggiunto con tagli chirurgici nei programmi essenziali, negli investimenti per le infrastrutture e la R&S e con le privatizzazioni muro a muro. Oggi con un’economia al tracollo si parla di un avanzo primario di oltre 4 %. Ecco perché si deve subito trasferire più ricchezze ai più ricchi! I nostri dirigenti sono scelti dai poteri forti a dai loro maestri atlantici ed europei con il « profiling », dimostrando così che questa disciplina sta diventando una vera e propria scienza esatta.

    Vedi a) Rapporto Oxfam: il 20% italiani più ricchi detiene 60% della ricchezza, 09 settembre 2015. http://video.ilsole24ore.com/TMNews/2015/20150909_video_18580239/00035220-rapporto-oxfam-il-20-italiani-pi-ricchi-detiene-60-ricchezza.php« Roma, (askanews) – In Europa ci sono 342 miliardari – con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro – e 123 milioni di persone – quasi un quarto della popolazione – a rischio povertà o esclusione sociale: è l’impietosa fotografia scattata da \”Un Europa per tutti, non per pochi\”, il nuovo rapporto sulla disuguaglianza, lanciato da Oxfam.Un quadro che riguarda anche l’Italia: nel nostro paese il 20% degli italiani più ricchi oggi detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%.Tra il 2009 ed il 2013 il numero di persone che viveva in una condizione di grave deprivazione materiale, vale a dire senza reddito sufficiente per pagarsi il riscaldamento o far fronte a spese impreviste – è aumentato di 7,5 milioni in 19 paesi dell’Unione Europea, inclusi Spagna, Irlanda, Italia e Grecia, arrivando a un totale di 50 milioni. In Italia dal 2005 al 2014 la percentuale di persone in stato di grave deprivazione materiale è aumentata di 5 punti percentuali (dal 6,4% al 11,5%). Sono quasi 7 milioni di persone, e tra di loro ad essere più colpiti sono i bambini e i ragazzi sotto i 18 anni. Ma anche chi ha un lavoro è a rischio di cadere nella trappola della povertà: questa probabilità è particolarmente alta anche in Italia, dove l 11% delle persone tra i 15 e i 64 anni che lavorano è a rischio di povertà – un dato che ci posiziona al 24esimo posto tra i ventotto paesi dell’Unione Europea.»

    b)  La crisi raddoppia il patrimonio alle dieci famiglie più ricche di 20 milioni di italiani A partire dal 2008 drastico allargamento delle distanze sociali. Tra gli abbienti sale il ceto produttivo, giù quello delle rendite, di FEDERICO FUBINI, 19 gennaio 2015 http://www.repubblica.it/economia/2015/01/19/news/la_crisi_raddoppia_il_patrimonio_alle_dieci_famiglie_dei_paperoni_ora_pi_ricche_di_20_milioni_di_italiani-105248084/?ref=HRER2-2

  2. La RTT a 35 ore settimanale aveva fatto scendere il livello di disoccupazione al 8 % alla faccia del concetto del livello cosiddetto « naturale » o « strutturale », risanando nel stesso tempo i conti pubblici. In effetti, il « buco » del sistema di « sécurité sociale » fu quasi cancellato grazie all’aumento dei contributi in parallelo con la crescita dell’occupazione, particolarmente dell’occupazione a tempo pieno. Similarmente l’impatto fiscale permise di abbassare il debito pubblico a 59 % del PIL, cioè sotto il criterio di Maastricht. Il potere di acquisto salì e dopo solo due anni del governo della « gauche plurielle » fiorì in Francia una nuova sociologia del « loisir », un fiorire spontaneo al contrario di quello ideato dal ministero del loisir istituito dal Front national nel 1936, in chiave sotterraneamente anti-sovietica, dato l’ammirazione operaia per le condizioni lavorative nella Unione sovietica di allora.

  3. Comuni, Corte Conti: “Tasse aumentate del 22% in 3 anni, peso del fisco al limite” di F. Q. | 1 agosto 2015 Economiahttp://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/01/comuni-corte-conti-tasse-aumentate-del-22-in-3-anni-peso-del-fisco-al-limite/1925876/ .
  4. Vedi « Book Review: Yoram Gutgeld, Più uguali, più ricchi, ed Rizzoli, 2013, ovvero un sacco di vecchi cliché neoliberali che non valgono la carta sulla quale sono scritti. » inhttp://www.la-commune-paraclet.com/Book%20ReviewsFrame1Source1.htm
  5. A questo proposito vedi « Défi aux écologistes, au GIEC et à tous les apôtres du réchauffement climatique » (14 juin 2007) nella sezione Commentaires d’actualité del sito www.la-commune-paraclet.com .
  6. La crescita del PIL? Grazie all’economia illegale.Giovedì, 22 Maggio 2014 18:42 Redazione Contropianohttp://contropiano.org/economia/item/24156-la-crescita-del-pil-grazie-all-economia-illegale

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