Commenti disabilitati su CALABRIA : Non c’entrano la siccità, i presunti « allacci abusivi », oppure la « guerra dell’acqua », si tratta invece della solita incuria nella gestione delle risorse pubbliche a favore dei privati, e delle privatizzazioni ancora da portare a termine, 22 agosto, 2021

Aggiornamento, vedi « GUERRA DELL’ACQUA. L’ACCORDO A PERDERE DELLA REGIONE CON A2A  » in  CONTROPIANO  Maggio-Settembre 143, in  http://cotroneinforma.org/wp-content/uploads/2021/09/143.pdf   

Citazione « Gli indennizzi ad A2A

Viste le condizioni delle reti consortili,  la Regione da parte sua «si impegna ad approvare un programma di investimenti pluriennali sulle reti irrigue». Solo quando sarà pubblicata la delibera regionale con gli investimenti (e la loro copertura finanziaria), che devono necessariamente prevedere anche l’installazione di contatori «sui punti di consegna agli utenti finali», A2A «eccezionalmente » metterà a disposizione acqua fino a 4,5 milioni di mc annui senza applicare il primo scaglione di indennizzo «unicamente per spirito di cooperazione con le comunità territoriali e le istituzioni».

Ma come «ristoro di tutti i costi sostenuti» la Regione dovrà comunque corrispondere un indennizzo forfettario di 180mila euro all’anno, rispetto a questi 4,5 milioni di mc, fino al 31 dicembre 2024. In via del tutto «eccezionale e irripetibile», per il 2021, A2A si dice disponibile a rilasciare fino 10 milioni di mc in più a fronte di un indennizzo equivalente alla sola somma di ogni importo, tributo, canone demaniale e sovraccanone richiesto alla multiutility per la derivazione dell’acqua eccedente.

Tutto «senza che ciò possa costituire né un precedente né il presupposto per ulteriori rinunce o concessioni rispetto ai propri diritti acquisiti». Ovviamente non c’è pericolo che la Regione non paghi: tutti gli indennizzi previsti nell’accordo avverranno mediante compensazione sugli importi dovuti da A2A per i canoni relativi alla concessione dell’acqua a uso idroelettrico.

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Come abbiamo avuto l’occasione di sottolinearlo pochi giorni fa, la risorsa idrica viene gestita per legge tenendo conto dei bacini idrici. (1) La Sorical, ente pubblico con legami non del tutto chiari con varie società private, ad esempio la Veolia e la A2A, era incaricata della gestione, con una storia tutta calabrese, incluso per la nomina dei dirigenti ecc. Sono carrozzoni calabresi, del tipo Calabria Verde, che fanno a gara a chi può fare peggio con la massima impunità. (2) Tanto esiste un vero e proprio sistema istituzionale lattante.

Oggi si sta assistendo ad un processo tipicamente travagliato di transizione dalla Sorical verso la Associazione Idrica Calabrese. Nella AIC siedono 40 sindaci, incluso il sindaco di San Giovanni in Fiore (CS). (3) In teoria, la AIC deve essere pubblica ma sembra che la transizione dalla Sorical-Veolia alla AIC sia concepita nel senso della Legge Madia (4) intenta a rovinare la PA ed a privatizzare quello che si poteva ancora privatizzare nonostante il referendum sull’acqua pubblica del 12-13 luglio 2011 (5) guadagnato in modo esemplare con quasi 26 milioni di elettori, cioè 54 % dei voti dai nostri concittadini italiani, e nonostante la clamorosa sconfitta del tentativo di riforma del Capitalo V della Costituzione portata avanti da Renzi-Gutgeld, nel 4 dicembre 2016…

Questa riforma a-costituzionale prendeva atto dell’esistenza di 6 o 8 000 entità pubbliche regionali e comunali, molte tra le quali con un valore di oltre 2 miliardi di euro. Dunque da trasferire ai privati. Dato che il processo di trasferimento poteva risultare abbastanza arduo con tanti soggetti ancorati nella democrazia locale, la riforma prevedeva un primo passo preliminare, cioè la centralizzazione di tutti questi enti regionali e comunali in un solo ente nazionale. (6) Basta allora la complicità del governo vigente e della sua maggioranza parlamentare per privatizzare tutto ad un botto. In effetti, la Legge Madia volle anticipare sulla riforma costituzionale, sbagliando di grosso. Fu proprio, la sconfitta della riforma a-costituzionale renzi-gutgeldiana che portò poi le Corti a sconfessare parte dell’impianto privatistico della Madia.

Nonostante il referendum e la sconfitta dei riformisti a-costituzionali, assistiamo come al solito al tentativo di fare rientrare dalla finestra quello che era stato buttato fuori dalla porta dal popolo sovrano con la sua vittoria al referendum costituzionale. Il modo usuale per raggiungere tale oggettivo consiste nel uso della mal-gestione degli enti pubblici da manager super-pagati scelti per fare questa job senza la minima traccia dello scrupolo professionale e civico che dovrebbe usualmente animare un impiegato della pubblica amministrazione. In questo modo si piomba la contabilità, disgustando nel processo i lavoratori e gli utenti. Si può allora pretendere che gli Enti pubblici non sono funzionali e che risulta molto più moderno e razionale conferirne la gestione, e anche a volta la proprietà, ai privati capaci di garantire a tutti il « giusto prezzo del mercato ». Come ben sappiamo (7) questo processo trasforma gli utenti in clienti, i quali sono degni di attenzione solo se sono solvibili …

La risorsa idrica gestita in modo complessivo su tutti i bacini calabresi non riguarda solo la captazione delle sorgenti per l’uso umano, l’acqua potabile, che comunque per legge deve avere la priorità. Oltre all’uso umano dei residenti e delle attività commerciali, industriali e turistiche, l’approvvigionamento dell’agricoltura deve essere garantito.

E vero che le canalizzazioni calabresi sono probabilmente le peggiori al mondo, vere e proprie strutture colabrodo, con perdite usuali del 50 %-60 % e a volte di più. E vero che i depuratori sono, per la gran parte, totalmente disfunzionali e pericolosi. Ma, più importante ancora risulta essere l’abbandono ai privati dei nostri maestosi invasi calabresi, in particolare alla A2A. Questa azienda quotata in borsa, gestisce la risorsa idrica per produrre elettricità e versare il massimo di dividendi agli azionari. Negando l’acqua agli agricoltori ed altri utenti. (8)

Se si aggiunge la Veolia, siamo qui in una situazione assurda: alla pari con i Musei e il Colosseo – vedi Nota 2 qui sotto -, la proprietà pubblica, qui l’acqua, viene gestita dai privati per ottimizzare i profitti per gli azionari privati.

Il capitale privato e borsistico è oggi sopratutto speculativo e a corto termine. Non gli interessa procedere agli costosi investimenti infrastrutturali, in capitale fisso, che immobilizzano per anni il capitale sul medio e lungo termine prima di ottenere un ritorno su questi vestimenti. La Veolia non ha ovviamente nessuno interesse a spendere soldi per ripristinare le nostre canalizzazioni colabrodo. Le altre, come la A2A, non hanno nessuna voglia di immobilizzare il capitale necessario per ripristinare altri invasi, ad esempio quello di Vuturino, che era un gioiello inserito nel verde dei pini, o quello, abbandonato ma necessario, di Redisole.

In effetti, la stessa Sorical, trascinata da questa logica privata con tutta la mal-gestione e la corruzione che sapiamo, non ha nessuno interesse a reagire anche perché la stessa complicità di classe prevale trasversalmente con i nostri governi successivi, alla Regione e nella PA. Per colmo, la A2A produce dei surplus di elettricità (9) che non servono prioritariamente alla Calabria, ad esempio per fare funzionare gli impianti di depurazione conosciuti per risparmiare sull’elettricità, oppure per creare delle Data Farms nelle nostre località montane che potrebbero godere di un grosso vantaggio competitivo per il raffreddamento delle apparecchiature elettroniche e creare tanti posti di lavoro qualificati per i nostri giovani.

In questo contesto, le cittadine.i devono capire che non è la « siccità » oppure i presunti « allacci abusivi », a volte eredi degli « usi civici » consueti con i vecchi acquari, a dare realmente problema, è la gestione privata del bene pubblico. Devono capite che non esiste nessuna « guerra dell’acqua ». Questa balorda messa in scena della comunicazione ispirata dai corsi di introduzione della più arcaica e la più cinica public policy neoliberale reaganiana mira solo a montare i comuni contro gli altri comuni e a strumentalizzare il malcontento e la potenziale censura politica delle cittadine.i.

La farsa diventa ancora più sconcia quando si sente parlare in questo convenuto modo ormai stantio tanti sindaci che siedono nella AIC, incluso quello di San Giovanni in Fiore (CS), allorché sanno perfettamente di cosa si tratta e quale sono le scelte fatte, incluso in materia di conguagli fatture. Esiste solo complicità per mandare il sistema ancora pubblico in tilt in modo da poterne prenderne pretesto per portare avanti la privatizzazione dell’acqua, incluso quella dell’acqua potabile.

Per l’aneddoto locale, il 20 giugno 2021 il nostro Comune ci informò che « la Sorical aveva diminuito la portata a 47 litri al secondo, quindi 3 litri in meno rispetto a quanto previsto dal contratto di fornitura ». Nessuna spiegazione attendibile fu fornita per motivare la decisione, né dal Comune, né dalla Sorical. Si seppe dopo, dai media, della produzione elettrica della A2A. Invece, fu subito messo in moto, con toni minacciosi quasi squadristi, una cinica campagna accusatoria contro gli « abusi » ma i grossi abusi commessi da certe aziende ma invece quelli presunti commessi dai normali cittadini! Intanto sin dal 30 giungo 2021, fu presa la decisione di « chiudere l’acqua » dalle ore 23 all’alba, avvalendo così una gestione destinata a diventare perenne se la cittadinanza non reagisce con massima determinazione; in effetti, tutti capiscono che disciplinando la A2A, il problema non sussisterebbe, cosa che i sindaci che siedono nella AIC non possono ignorare. Intanto, il quartiere Olivario cominciò a rimanere a secco. Seguì l’intervento strano e unilaterale del sindaco di Cotronei che decise di prendere in mano l’impianto idrico di Trepidò – forse per salvare la stagione estiva, tagliando l’acqua a San Giovanni in Fiore, il 6 agosto 2021. L’impatto deleterio di questa caratteristica mala-gestione sul turismo calabrese sta diventando peggiore di quello causato dal Covid. (10) Avrebbe invece dovuto prendersela con la Sorical e la A2A, spiegando ai cittadini la verità del problema. Ma tali azioni sono una manna del cielo per la cinica comunicazione che abbiamo denunciato prima: in effetti, ora si poteva parlare con plausibilità di « guerra dell’acqua ». Una tale gestione, a dire meno poca trasparente, che maschera le vere origini dei problemi, con la creazione ad arte di capri espiatori, deve interpellare i nostri concittadini, sopratutto in Calabria …

Osservando la situazione da un angolo un poco più elevato, a noi tutti risulta una vera e propria assurdità vedere la Calabria, e particolarmente la nostra Sila dei mille ruscelli e dei mille sentieri, essere ridotte a questo statuto di Quarto Mondo con l’acqua potabile che viene a mancare come negli anni 50 e inizio 60, solo perché una parte della gestione della risorsa fu già trasferita illegalmente ai privati. Per produrre surplus di elettricità … L’acqua è il primo bene pubblico. Si può rimanere alcune settimane senza mangiare, ma solo pochi giorni senza acqua potabile.

L’acqua è un bene pubblico che richiede una gestione complessiva. Si deve dunque ri-pubblicizzare tutta la risorsa idrica, tanto l’acqua potabile, quanto l’acqua riservata all’agricoltura e rimettere al più presto i depuratori in ordine di marcia. L’Italia è commissariata dalla EU per i depuratori e paga una fortuna ogni mese in penalità. E una vera e propria oscenità anche perché il commissario non sembra avere gran fretta di risolvere il problema. « l’Italia ha già subito due procedure di infrazione da parte dell’Unione europea che a dicembre ha comunicato di avere deferito l’Italia, chiedendo una multa pari a 62,7 milioni di euro, a cui andranno aggiunti 346mila euro per ogni giorno fino a quando non verranno sanate le irregolarità. » Il Commissario straordinario dispone di 1,6 miliardi di euro per affrontare la situazione. Secondo le sue stime ci vorranno attorno a 5 anni per risanare la situazione portando le multe ad un totale di oltre 500 milioni di euro. » (11)

Per legge, tutta la gestione della risorsa idrica deve normalmente fare l’oggetto di una pianificazione complessiva. Concerna dunque il Piano regolatore regionale e tutti quelli comunali inscritti in esso. In questo quadro, si può allora gestire a meglio, a monte e a valle.

Ad esempio, non è detto che gli agricoltori devono produrre quello che gli pare e piace dove gli pare e piace. La gestione del territorio non consente mai una tale anomia. Al contrario, una volta studiate le possibilità ottimali di produzione agricole, servono dei meccanismi di gestione della domanda e dell’offerta per stabilizzare i prezzi e, nello stesso tempo, i redditi degli agricoltori, tenendo pure conto delle emergenze, climatiche o altre che siano. Ad esempio, in un periodo di siccità, la produzione del finocchio nella marina, forte consumatrice di acqua, può essere gestita riducendo la produzione dunque l’uso dell’acqua, necessaria per altri consumi, ma con i dovuti e automatici compensi agli agricoltori. Lo stesso ragionamento vale per l’acqua potabile e per il turismo.

Questo implica allora l’ottimizzazione dei piani regolatori comunali urbani – zone residenziali, commerci, industria, turismo e attrazioni – e non-urbani, nel quadro del piano regolatore regionale. Implica l’ottimizzazione, grazie alla pianificazione strategia, dei fondi disponibili, regionali, europei o quelli del PNRR. A questo punto la legge della giungla e la sua corruzione sparirebbero e una associazione come la AIC potrebbe giocare pienamente il suo ruolo pubblico a favore del pubblico … Come ben sapiamo oggi i fondi disponibili sono mal utilizzati, quando vengono utilizzati, e la pianificazione regionale si riduce ad un pietoso e incompetente « copy and paste », privo anche di traduzione adeguata delle tematiche europee, senza nemmeno ricercare la minima sinergia cumulativa tra progetti ritenuti. Roba da matti, ma finalizzata a creare il migliore ambiente possibile per la solita politica di attribuzione clientelare.

Non cadiamo nelle più volgare e stantie trappole del tipo « è la colpa della siccità », degli « allacci abusivi » – non-istituzionali! – , oppure in quelle del « ritorno alle guerre dell’acqua ». La realtà è che la colpa incombe al capitalismo oggi senza regola malgrado i dettati della Costituzione. La colpa incombe direttamente alla politica trasversalmente complice che, se si può dire, fa acqua da ogni parte.

Lo stesso ragionamento vale, ad esempio, per la spazzatura. Pochi anni fa il sindaco di Saracena ci informò che il suo allora virtuoso Comune pagava attorno a 80 euro la tonna di spazzatura mediante una gestione municipale pubblica, mentre a San Giovanni in Fiore si pagava già 194 euro a tonna per la gestione privata, con una transizione reaganiana al privato voluta dal PD allora al comando nella nostra Città e in Regione, una transizione che sacrificò ben 14 lavoratori malgrado i loro contratti di lavoro. Oggi, paghiamo ancora di più, ma si vede spazzatura ovunque tanto in Città quanto fuori. Una vera vergogna per, come si suol dire, la Città di Gioacchino ma anche quella di Paolo Cinanni. (12) Poco fa, se non sbaglio, il nuovo sindaco aprì la discarica di San Giovanni in Fiore all’uso altrui per 30 euro la tonna!!! Come fu negoziato questo bello accordo? Non si è dato sapere ….

In questo modo si trasferiscono direttamente i fondi pubblici nelle tasche dei privati con i più onerosi costi per le nostre comunità, già tartassate di bollette in constante aumento, di tasse e di addizionali IRPEF, senza nemmeno usufruire della tariffa montagna per il gas, della quale gode invece Camigliatello. È vero che con l’accumulo dei problemi recenti, compresi quelli dell’acqua potabile e dei rifiuti, con le attuali amministrazioni comunale e regionale, stiamo toccando il fondo. Altro che Ventunesimo Secolo, stiamo andando indietro come i granchi. Le nostre sono trattate come Comunità abbandonate del entroterra con lo sviluppo del sotto-sviluppo e lo spopolamento come unico orizzonte …

Negli anni 70 e 80, lo smantellamento della Costituzione essendo ancora in fasce, le due rivendicazioni più avanzate al livello locale erano: 1 ) la fine dell’accumulazione simultanea dei mandati elettorali sopratutto in caso di ovvi conflitti di interessi; 1) il diritto di voto per i residenti stranieri in regola, anche loro lavoratori e contribuenti fiscali come gli altri.

A umile parere mio, senza nemmeno parlare della condizione degradata della nostra Città, non mi sembra possibile che una Città media come San Giovanni in Fiore, la più grande comunità urbana europea localizzata sopra 1000 metri, con problemi specifici, possa permettersi un sindaco a tempo parziale, ma con due salari pieni, che fa pure l’assessore in una Città come Cosenza. Oltre la conflittualità inerente scaturita da una tale situazione, la giornata rimane di 24 ore per tutte e tutti …

Paolo De Marco

NB: Il 18 agosto 2021, il Comune di San Giovanni in Fiore (CS) fu costretto sospendere l’utilizzo dell’acqua potabile per alcune zone di Palla Palla dopo avere ricevuto una comunicazione dell’Asp di Cosenza rispetto alla non utilizzabilità per consumo umano. Sarei curioso sapere se le verifiche sanitarie avvengono con la dovuta regolarità dato che il cattivo stato delle canalizzazioni regge male la sospensione notturna del servizio, molto meno di quando l’acqua scorre senza interruzione.

Note:

1 ) « A seguito dell’istituzione delle Regioni, negli anni ’70, molte delle competenze sulle infrastrutture idriche dallo Stato si trasferiscono ad esse, avviando un processo che sarebbe stato completato nei decenni seguenti dalle leggi Bassanini e dalla riforma del titolo V della Costituzione.

La crescita dei consumi idrici e la conseguente dispersione in ambiente di sempre maggiori quantità di reflui determina l’esigenza di migliorare la copertura del territorio anche per quanto riguarda i servizi di raccolta, collettamento e depurazione delle acque reflue, e di normare con attenzione la disciplina degli scarichi, nell’ottica di un utilizzo della risorsa idrica più attento alle problematiche ambientali.

A tal fine, la legge 319 del 1976, cd. legge Merli[13], stabilisce la disciplina degli scarichi nei corpi idrici ricettori e a mare, ripartendo le competenze in materia tra Stato, Regioni ed Enti locali e disponendo una ricognizione generale dello stato di fatto.

Successivamente con la legge 183/1989 per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo[14] sono stati individuati i bacini idrografici dei principali corpi idrici ricettori, di interesse nazionale, regionale ed interregionale e sono state istituite le Autorità di bacino ad essi preposte. La legge stabilisce anche le misure che le Autorità di Bacino devono intraprendere per la conoscenza dello stato qualitativo dei corpi idrici e per il miglioramento della loro tutela, considerando anche il servizio idrico urbano come uno dei carichi inquinanti che devono sottostare ai vincoli della tutela dei corpi idrici. Con questa legge l’asse della politica dell’acqua si sposta dal garantire il diritto all’accesso umano all’acqua alla tutela della risorsa idrica nel suo complesso, cioè con un’ottica anche alla conservazione nel tempo del patrimonio naturale. »

« La gestione integrata del servizio idrico

Un riassetto complessivo della normativa del settore arriva con la legge “Galli” n.36 del 5 gennaio 1994.

Nei principi generali, la legge ha esteso la tutela pubblica a tutte le acque, senza bisogno dell’iscrizione in appositi registri, ed ha applicato ad esse il criterio di sostenibilità dell’uso, cioè un uso che non comprometta la trasmissione della risorsa ai posteri:

«Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici» (art. 1 commi 1,2,3)

In pratica, si affidava alle Autorità di bacino (cfr. L. 183/89) il compito di stabilire le quantità di acqua che possono essere sottratte all’ambiente, nel rispetto del vincolo ambientale, per soddisfare i diversi usi, in primo luogo quello idropotabile, e quindi il compito di aggiornare le precedenti disposizioni del PRGA redigendo i piani di bacino. »

La disciplina delle gare e la gestione in-house.

Alle aziende speciali (di diritto pubblico e perciò non soggette a tassazione dell’IVA) era stata concessa (cf. L. 142/90) la possibilità di trasformarsi in società di diritto privato, che hanno meno vincoli delle società di diritto pubblico (ad es. non sono obbligate ad assumere a seguito dell’indizione di un concorso pubblico, le tipologie di contratto di lavoro previste sono più flessibili, ecc.) ma sono di norma soggette alla tassazione degli utili. Per favorire l’ingresso di capitali nel settore e la fusione delle gestioni nell’ottica di superamento della frammentazione, in un primo momento le società a maggioranza pubblica, anche se di diritto privato, erano state esentate dal pagamento dell’IVA in quanto nella pratica soggette comunque a vincoli sociali (ad es. non licenziare il personale in esubero), tuttavia ciò è stato vietato dalla disciplina antitrust nel momento in cui tali società entravano in competizione con società private per l’affidamento di servizi in concessione. » in Politica dell’acqua, https://it.wikipedia.org/wiki/Politica_dell%27acqua

2 ) In questi giorni stiamo deplorando come di consueto la seria di fuochi estivi in Calabria. Nessuno fa notare che una ora di Canadair vale attorno a 25 000 euro o più mentre una ora di elicottero vale attorno a 5 000 o 10 000 euro oppure che la gestione della flotta volante antincendio è privata. Questa realtà fa nascere sospetti. Altro che i « pastori » piromani che possono invece essere facilmente neutralizzati con leggi che impediscono l’uso dei terreni incendiati per vari anni. Similarmente si tacce sul fatto che i Canadair hanno poca utilità se non sono affiancati dal intervento umano a terra e sopratutto se non esiste una vera e propria politica preventiva di gestione del territorio. Gli 8 096 impiegati di Calabria Verde – https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria_Verde – sarebbero orgogliosi di essere utilizzati in modo razionale e produttivo, al contrario di quello che succede oggi per colpa della politica e di dirigenti non sempre frequentabili che, a volte, usano gli operai a fine propria o ancora che fanno sparire macchinari e mezzi per oltre 50 milioni di euro senza che nessuno se ne rendesse conto.

Rimando al trattamento degli disoccupati di San Giovanni in Fiore e del loro progetto boschivo Misura 8.1, vedi : http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-allassessore-f-orsomarso-della-regione-calabria-al-sindaco-san-giovanni-fiore-r-succurro-allex-sindaco-g-belcastro-al-pd-della-nostra-citta-15-febbraio-2021/ . Rimando pure ad un articolo che dimostra quanto da noi la consapevolezza delle problematiche non interessa una politica fondamentalmente anti-democratica e chiusa ad ogni impulso dal basso o dibattito pubblico perché incompetente, corrotta e clientelare. La trasparenza e la responsabilità democratica porterebbe alla sua rapida estinzione. Vedi «Gli incendi devono essere prevenuti» , «In qualità di Ricercatori e Docenti dei Corsi di Laurea, triennale e magistrale, in Scienze Forestali e Ambientali dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, in un momento particolarmente d…, Pubblicato il: 13/08/2021 – 17:04 , di Dipartimento Agraria – Università Mediterranea Reggio di Calabria* https://www.corrieredellacalabria.it/2021/08/13/gli-incendi-devono-essere-prevenuti/. Infine rimando ad una rettifica che credo avere indirettamente provocata, vedi : «I Canadair antincendio sono pubblici o privati? », di Federico Rucco , https://contropiano.org/news/ambiente-news/2021/08/13/i-canadair-antincendio-sono-pubblici-o-privati-0141363

Per gli ingenui tra noi che fossero un poco sorpresi, rimando al caso dei Musei, del Colosseo e dei suoi ricchi profitti annuali, vedi: http://rivincitasociale.altervista.org/il-ritorno-dellitalia-dei-ladri-qualunquisti-e-persecutori-il-caso-dei-musei/

3 ) In Italia e in Calabria è facile scappare alle proprie responsabilità dando la colpa agli altri, mentre si rimane pagati profumatamente, come si sole dire. Questo perché, in un sistema clientelare come il nostro, non conta la Costituzione, né la legalità, si tratta di un sistema dove non esiste nessuna responsabilità gerarchica con l’apposito rispetto dei protocolli o SOP e con gli appositi e regolari auditing. La selezione, particolarmente adatta alla preservazione del sistema, riposa dunque sulle solite raccomandazioni più o meno sfacciate. La meritocrazia burocratica weberiana è un sogno da noi rimasto utopistico, e pure niente uguale la democrazia imposta con in concorsi pubblici dalla legge dei Grandi Numeri. Per il resto, tanto per i dirigenti che per gli impiegati, 110 e lodi. Ecco un esemplare di questa attitudine che concerna la transizione Sorical-AIC, vedi: « Calabretta: «La Sorical è il capro espiatorio dei sindaci » », Il commissario: «Per decenni si è continuato a non chiedere i canoni idrici in cambio dei voti, salvo ora scoprire che il settore è in default» , Pubblicato il: 18/08/2021 – 16:10, https://www.corrieredellacalabria.it/2021/08/18/calabretta-la-sorical-e-il-capro-espiatorio-dei-sindaci/   

4 ) La Legge Madia apriva alle esternalizzazioni nella PA e alla trasformazione possibile dello statuto delle società interamente pubbliche. Vedi :https://www.laleggepertutti.it/351960_legge-madia , e https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01043942.pdf

5 ) « Acqua pubblica, a due anni dal referendum poco (o nulla) è cambiato » Nella consultazione popolare del giugno 2011 il 54% degli elettori ha votato contro la privatizzazione del sistema idrico. Da allora ad oggi la situazione è praticamente la stessa, con qualche eccezione come Napoli e Reggio Emilia. I comitati: “Ci siamo trasformati in guardiani. Continuiamo la lotta” , di RQuotidiano | 3 Luglio 2013 , https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/03/acqua-pubblica-referendum-violato-tra-speranze-e-delusioni/639512/

Vedi pure : « Acqua pubblica, dieci anni di promesse mancate »,Dal referendum del 2011 all’ultima bozza del Recovery plan, la ri-pubblicizzazione dell’acqua rimane un obiettivo mancato. Le tariffe sono in aumento e gli investimenti in calo, Tommaso MeoGiornalista freelance, 22 febbraio 2021, in https://lavialibera.libera.it/it-schede-474-acqua_pubblica_referendum_2011_recovery_plan#:~:text=D%20al%20referendum%20del%202011%20all%27ultima%20bozza%20del,per%20i%20cittadini%20sempre%20pi%C3%B9%20alti%20e%20

Vedi pure « Il referendum tradito: otto anni dopo, l’acqua è ancora una fonte di profitto. Ecco perché » , di Duccio Facchini — 1 Marzo 2019 ,Inchiesta sul servizio idrico, da Torino a Roma, a partire dai conti dei gestori del SII, dai piani d’Ambito e dalle tariffe applicate negli ultimi anni in Italia (e pagate dai cittadini). Con l’attore pubblico che continua a indossare gli abiti (e i comportamenti) del privato,  Tratto da Altreconomia 213 — Marzo 2019, https://altreconomia.it/inchiesta-acqua-pubblica/  

6 ) « La riforma costituzionale renzi gutgeldiana distruzione del paese ad opera del federalismo competitivo », in http://rivincitasociale.altervista.org/la-riforma-costituzionale-renzi-gutgeldiana-distruzione-del-paese-ad-opera-del-federalismo-competitivo/  

7 ) « La pseudo scienza economica borghese perché dobbiamo cambiare paradigma al più presto »in http://rivincitasociale.altervista.org/la-pseudo-scienza-economica-borghese-perche-dobbiamo-cambiare-paradigma-al-piu-presto/

Vedi pure la critica del Modello di Enron e dello sconcio « modello » british-colombiano proposto dall’ineffabile Fraser Institute nel mio Tous ensemble, liberamente accessibile nella Sezione Livres-Books del mio vecchio sito giurassico www.la-commune-paraclet.com.

Il modello del Fraser Institute era semplice e perciò fu naturalmente destinato ad un grande avvenire, come modello di depredazione della proprietà pubblica, uno vero e proprio furto ricompensato con generosi bonus e quanto altro: in breve, dato che il capitale privato non può immobilizzare i capitali necessari per costruire le infrastrutture, basta che se ne prenda carico lo Stato per poi trasferire le infrastrutture alla gestione privata in modo da potere godere del miracoloso « giusto prezzo di mercato ». In Italia il crollo del Ponte Morandi ha dimostrato tutta la cinica bellezza del modello incluso dal punto di vista penale.

8 ) «Calabria, acqua pubblica ma privatizzata: il colosso A2A nega l’uso agli agricoltoriVIDEO | La Regione è formalmente proprietaria, ma la multinazionale vanta una concessione per la produzione di energia elettrica. L’assessore Gallo promette battaglia (ASCOLTA L’AUDIO), 438 , di Luana  Costa, 8 luglio 2021. 06:30, https://video.lacnews24.it/ 

9 ) « Surplus energetico e centrali a biomasse »,  Author: #DecidiamoNOI  Published Date: 19 Novembre 2019

10 ) « Isola Capo Rizzuto, rubinetti ancora a secco: il sindaco annuncia querela », Vittimberga: «Non si ha più una goccia d’acqua da almeno 4 giorni. I responsabili sono criminali». La replica di A2A: «Nessuna interruzione» , Pubblicato il: 22/08/2021 – 14:33 , di Gaetano Megna , https://www.corrieredellacalabria.it/2021/08/22/isola-capo-rizzuto-rubinetti-ancora-a-secco-il-sindaco-annuncia-querela/

11 ) Vedi Appendice 1 qui sotto: « CREDITO, DEBITO PUBBLICO E TAGLI: un golpe costituzionale.».

Vedi in oltre la seria di articoli qui:Il mare inquinato,

Maladepurazione, i 2 milioni chiesti (e mai arrivati) per l’impianto di Lamezia , L’ultima richiesta di fondi per il collettore dell’area Sir è del febbraio 2021. «È insufficiente a gestire i reflui: i liquami finiscono nei terreni». Continua l’inchiesta delle Procure. Falvo: «M… , Pubblicato il: 15/08/2021 – 11:33 , di Pablo Petrasso https://www.corrieredellacalabria.it/2021/08/15/maladepurazione-i-2-milioni-chiesti-e-mai-arrivati-per-limpianto-di-lamezia/  

Vedi pure : « Idee per Draghi , Recovery, ecco le infrastrutture prioritarie per la Calabria »,

I docenti di 6 università calabresi e siciliane lanciano proposte per lo sviluppo. La ricetta: alta velocità, rete stradale evoluta e porti competitivi , , Pubblicato il: 21/02/2021 – 19:45 , di Roberto De Santo, https://www.corrieredellacalabria.it/2021/02/21/recovery-ecco-le-infrastrutture-prioritarie-per-la-calabria/

12 ) « Cinanni Paolo, un comunista esemplare calabrese, 17 luglio 2017 », in http://rivincitasociale.altervista.org/cinanni-paolo-un-comunista-esemplare-calabrese-17-luglio-2017/

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Altri link di interesse:

« Disoccupazione di massa come orizzonte del capitalismo moderno » in http://rivincitasociale.altervista.org/disoccupazione-di-massa-come-orizonte-del-capitalismo-moderno/

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Appendice 1: CREDITO, DEBITO PUBBLICO E TAGLI: un golpe costituzionale.

(Una versione accorciata fu pubblicata qui : http://rivincitasociale.altervista.org/credito-debito-pubblico-tagli-golpe-costituzionale-24-febbraio-2019/

1 ) Austerità monetarista iscritta nel funzionamento delle istituzioni.

2 ) Sentiero di consolidamento fiscale e tagli alle spese ed agli Enti locali.

1 ) Austerità monetarista iscritta nel funzionamento delle istituzioni.

Per chi riesce ad affrontarne il finanziamento senza sacrificare il suo stile de vita tagliando nelle spese essenziali, il debito rappresenta una vera ricchezza. La capacità di finanziare il debito pubblico è strettamente legata alla forma del credito. L’Articolo 47 della Costituzione recita « La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito ». Purtroppo, sin dal 1981-1983, il credito, da non confondere con la moneta, passò sotto controllo privato. Durante questi anni si consumò il divorzio tra Bankitalia ed il Tesoro italiano, subordinando così la nostra banca centrale ai mercati finanziari privati. Sparì dunque la sua capacità di finanziare il nostro indebitamento pubblico e para-pubblico a basso costo.

Questa transizione rispecchiava in Italia la contro-riforma monetarista lanciata nel 1979-1981 da Volcker, il presidente della Riserve Federale americana (FED) subito appoggiato dal neo-eletto Presidente Reagan. I suoi cavalli di battaglia erano la distruzione dei diritti del mondo del lavoro, l’affermazione della finanza speculativa e del libero scambio emisferico e globale assieme alla riduzione dello ruolo e del peso dello Stato nell’economia, incluso l’obbligo per i 50 States di rispettare il pareggio di bilancio per non gravare sulla fiscalità federale.

Benché il suo statuto fu sempre ambiguo, fine al 1983 Bankitalia operava come una banca centrale pubblica. Disciplinava il monde bancario-finanziario determinando i tassi di interesse guida, modulando in questo modo la leva finanziaria e dunque i volumi di credito resi disponibili dalle banche private all’economia. Sopratutto, finanziava il debito statale in modo pubblico, cioè senza dovere accontentare azionari esteri con forti dividendi. Questo fece si che dal 1945 fine al 1970, cioè durante gli anni della ricostruzione e poi del « miracolo economico italiano », il debito pubblico oscillò tra il 32% ed il 37 % del PIL. Nel 1973, con il drastico aumento del prezzo del petrolio indotto dai paesi dell’OPEP, e poi nel 1980, con la contro-riforma monetarista, il nostro debito pubblico ammontava ancora rispettivamente al 50 % ed al 56 % del PIL. Con la sua banca centrale controllata dal Tesoro, l’Italia fu capace di assorbire i cambiamenti finanziari e commerciali tettonici di quelli anni con relativa facilità.

Con la trasformazione di Bankitalia in banca centrale interamente privata e sottomessa ai mercati finanziari internazionali privati, il debito pubblico italiano esplose. Già nel 1984 era del 74 % del PIL per salire ineluttabilmente al 99,68 % nel 2007, per raggiungere oggi quasi il 132 % del PIL. Con l’egemonia della « banca universale » si abolì la differenza tra banca di depositi, banca commerciale, assicurazioni e casse di risparmio. Tutto diventò speculativo. Per lo Stato, quando emette le sue obbligazioni, BOT, BTP, CCT ecc., questo significa che deve sottomettersi alla logica di redditività speculativa dettata dalla dozzina di grandi banche private dette « banche primarie ». Per colmo, il livello di rischio del nostro debito pubblico viene dettato dalle agenzie di rating straniere, ad esempio, Moody’s, Standard and Poor e Fitch, tutte con stretti legami con le grandi banche esteri. Dato che non esiste una agenzia di rating italiana o europea, il loro giudizio si impone a tutte le istituzioni nella valutazione dei loro investimenti, incluso i fondi di pensioni pubblici o privati. Tale giudizio risponde al bisogno di accumulazione privata assai lontano dagli interessi generali dei Stati e dei loro popoli. Il famigerato spread, cioè la differenza tra il tasso di interesse dei BOT e dei Bund tedeschi, oscilla secondo la loro valutazione del rischio. Per colmo, questo avviene malgrado la fuga ormai quasi completa degli investitori stranieri, particolarmente americani, dai titoli di Stato italiani. La privatizzazione del finanziamento pubblico del debito pubblico divenne così la gallina degli uova d’oro per i mercati finanziari privati.

La contro-riforma monetarista peninsulare fu inaugurata con il famigerato incontro dei nostri dirigenti, Draghi incluso, con alti dirigenti finanziari e politici esteri sulla nave Britannia (2 giugno 1992) e con il cosiddetto Patto Sociale dello stesso anno. La grande e distruttrice onda di privatizzazioni italiana fu lanciata, a cominciare con il cuore del sistema economico-industriale, l’IRI. Oggi rimangono poche quote di grandi imprese nazionali in mano al Tesoro, mentre gli Enti locali controllano ancora alcune imprese partecipate, spesso dedicate ai beni comuni da garantire ai cittadini-utenti. Con la spending review sono ormai anche queste in grave pericolo di essere svendute.

L’incontro mezzo occulto sul Britannia andava di pari passo con l’adozione del Trattato di Maastricht, firmato nel 1992. Questa logica monetarista aggravò tendenzialmente ed in modo crescente il divario tra il Nord Italia da una parte e il Centro, il Sud e le Isole dall’altra. Nel 2001, il Federalismo fiscale, adottato senza nessuno studio di impatto preliminare, cambiò le competenze tra Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni. Cambiò anche il finanziamento dei vari livelli governativi secondo la logica monetarista-reaganiana. L’attuazione rimase e rimane laboriosa se non altro perché si fa ancora fatica a definire i rispettivi campi fiscali e la cruciale distinzione tra costo storico e costo standard. Questa distinzione è necessaria per stabilire i Livelli Essenziali di Prestazione nazionali in modo da rispettare il principio costituzionale della perequazione tra area ricche e area più disagiate.

Il degrado socio-economico, culturale e etico-politico di questa Italia monetarista prese una piega per il peggio con la deriva della Zona euro. L’euro ha vari pregi, facilità i scambi intra-communitari ma, sopratutto, proteggere il singolo paese membro dagli attacchi speculativi contro la sua moneta nell’evento che le sue politiche non piacessero ai mercati finanziari. Il suo difetto congenito, derivato dall’influenza del economista Mundell durante il suo concepimento, è di essere iper-centralizzato. Ne risulta una fatalità statistica: la politica monetaria e finanziaria della Zona euro viene gestita secondo gli interessi del Centro, mettendo in gravi difficoltà le zone più periferiche. Inoltre, con il loro sostegno alla « banca universale » privata contro il credito pubblico, purtroppo sancito dalla nostra Costituzione, i nostri dirigenti hanno accettato la confusione tra moneta – da essere gestita dalla BCE sulla base di parametri decisi al livello politico europeo – e credito, da conservare, almeno in parte, nelle mani pubbliche per finanziare a basso costo il debito pubblico e para-pubblico. Il tasso di scambio dell’euro rimane una competenza congiunta tra BCE e i paesi membri della Zona euro.

Il deterioramento della situazione economica nella UE ed in Italia diventò drammatico con la crisi dei subprime scoppiata nel 2007-2008. Con la famosa lettera di Trichet-Draghi del 5 agosto 2011, la BCE indicò con chiarezza e brutalità ai dirigenti italiani, e indirettamente a tutti gli altri, che la linea da seguire per uscire dalla crisi era una sola. Era quella dell’austerità dettata dalla BCE affiancata dalla Commissione europea, secondo una logica ideata dal Centro come indicato prima. Non solo i nostri dirigenti accettarono ma spinsero questa logica deleteria ben oltre. Per assicurarsi che nessuna alternanza governativa avrebbe potuto mettere in questione questa linea strategica con una semplice decisione governativa, nel 2012 modificarono la Costituzione per inserirci il pareggio di bilancio (Articolo 81) generalizzato all’imposizione del medesimo equilibrio alle Regioni ed agli Enti locali (Articolo 97). Il pareggio di bilancio diventava effettivo nel 2014. L’anno prima della modifica della Carta fondamentale, l’Italia aveva firmato i Two and Six Packs meglio conosciuti come Fiscal Compact. Oltre ad imporre una disciplina istituzionale rigorosamente codificata, ad esempio per la presentazione delle leggi finanziarie – DEF –, il Fiscal Compact andava oltre al Criterio di Maastricht per il debito pubblico, cioè oltre al 60 % del PIL. Ne risultò una implacabile logica di tagli alla spesa pubblica, tagli agli Enti locali, condoni per l’evasione fiscale e privatizzazioni muro a muro con l’obbiettivo di abbassare sistematicamente il rapporto debito/PIL di 1/20 anno dopo anno, fine al raggiungimento del livello fissato dal Criterio di Maastricht. I fatti odierni dimostrano che fu una strategia fallimentare.

2 ) Sentiero di consolidamento fiscale e tagli alle spese ed agli Enti locali.

Vogliamo brevemente spiegare perché questa strategia dell’austerità autolesionista non è razionalmente sostenibile. In un secondo tempo illustreremmo a gran colpi di pennello gli effetti disastrosi sugli Enti locali, sui LEP ora dimenticati e sui LEA nella Sanità. Guarda caso, questa dimenticanza favorisce sottomano la possibile devolution di 23 aree di competenza, il tutto assortito con il trasferimento anti-costituzionale del residuale fiscale alle Regioni più ricche ! Malgrado il risultato probante del referendum nazionale del 4 dicembre 2016 contro il tentativo renziano di modificare la Costituzione in tal senso.

Il Fiscal Compact propone di risanare i conti pubblici abbassando il rapporto debito/PIL grazie all’implementazione di « un sentiero di consolidamento fiscale » neo-liberale monetarista. Il concetto chiave è quello di coprire il disavanzo pubblico, o deficit, con l’avanzo primario e con la crescita del PIL, in modo da indurre una tendenza al ribasso del rapporto debito/PIL. L’avanzo – o disavanzo – primario equivale alla differenza tra le entrate e le uscite fiscali al netto del finanziamento del debito. Oggi, l’avanzo primario vale attorno a 1,5 % del PIL, mentre il costo del finanziamento del debito ammonta attorno a 4 %. Se il PIL è stagnante oppure se la sua crescita non produce un reale incremento delle entrate fiscali, allora il deficit sarà di 2,5 % del PIL. 1 % del PIL valendo 17 miliardi di euro nel 2017, il debito pubblico crescerebbe del 17 x 2,5 = 42,4 miliardi di euro.

A questo punto basta sapere che all’interno della UE la contabilità nazionale cambiò nel 2014. Procedendo ad una nuova valutazione della droga, della prostituzione, dell’evasione fiscale, di certi elementi della cosiddetta economia immateriale – diritti di autori sui vari software ecc .- e di una parte delle spese per gli armamenti, furono aggiunti artificialmente da 3 % a 3,5 % al PIL. In questo modo, gonfiando il valore del PIL, si poteva paventare un rapporto debito/PIl contenuto, in modo da potere pretendere che i sacrifici richiesti dall’austerità incarnata dal sentiero di consolidamento fiscale, pagavano. Invece, dopo il 2014, la crescita del PIL risultò molto contenuta. Ma questo avvenne in uno contesto nel quale quando si parla di 1 % di crescita, in realtà, rispetto alla contabilità anteriore, siamo vittime di una crescita negativa del 2 % al 2,5 %. In effetti, il volume del debito cresce nonostante le parole vuote sul suo rapporto al Prodotto Interno Lordo del Paese. E chiaro che senza il ricorso al finanziamento pubblico del debito pubblico non esiste nessuna « uscita di sicurezza » fuori da questa crisi finanziaria-economica. E meno ancora nessuna possibilità di ritornare ad una nuova normalità, cioè al cosiddetto « new normal » sognato dalla FED e dalla BCE dopo 10 anni di eccesso nell’emissione di liquidità sotto varie forme per agevolare i le banche privati.

Come, in oltre, il sentiero impone la riduzione drastica delle spese pubbliche, si elimina il meccanismo virtuoso del Moltiplicatore economico. Senza spesa pubblica nei settori pubblici per sostenere la domanda interna e gli investimenti, non si può avere nessuna crescita reale. E, di fatti, l’Italia non ha ancora raggiunto il livello economico prevalente prima del 2007. Il sentiero di consolidamento fiscale è un fallimento clamoroso mascherato dalla modifica della contabilità pubblica nel 2014. Oltre all’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e il Belgio non sono più in linea. Per conto suo, la Grecia, paese che diede i natali al riformatore antico Solone, è ora ridotta alla schiavitù perpetua. Gli aiuti europei e quelli del FMI alla Grecia servano solo per permetterli di continuare a pagare gli interessi sul suo mostruoso debito pubblico senza potere intaccare il principale. Il metodo fu già cinicamente applicato dal FMI e dai Club di Londra e Parigi ai paesi africani durante gli anni 80-90. Il sentiero serve solo per legittimare l’austerità, imponendo tagli, privatizzazioni e subordinazione dei Stati e delle loro democrazie ai mercati finanzieri ed alla loro esclusivista democrazia di grandi azionari, spesso apolidi.

La politica dei tagli al livello dello Stato centrale e degli Enti locali è devastante anche per l’estrema rigidità introdotta dal pareggio di bilancio a tutti i livelli governativi. A causa dell’austerità indotta dal sentiero, il nostro Paese non cresce, la produttività del suo tessuto industriale minaccia rovina sostenuta solo da una forte deflazione salariale, il lavoro precario e atipico esplode mentre la povertà assoluta tocca oltre 5 milioni di persone e la povertà relativa il 20.6 % della nostra popolazione. Oltre 11 milioni di persone rinunciano alle cure mediche e benché l’aspettativa di vita crescesse, gli anni vissuti in buona salute dei nostri seniors diminuiscano. Il cosiddetti Neet, giovani che non studiano né lavorano, è drammaticamente alto. Oltre 5 milioni dei nostri concittadini furono costretti ad emigrare sin dal 2007. Riassumendo il tutto, nel 2016 e 2017 il bilancio demografico fu negativo da oltre 100 000 persone per anno malgrado l’apporto degli immigranti. Nel Rapporto 2018, la Corte dei conti prevede la « riduzione della popolazione, da qui al 2070, per circa 6,5 milioni di abitanti.» (p 4) Da qui al 2065, la Calabria perderà 400 000 abitanti sul un può meno di 2 milioni attualmente dichiarati come residenti.

In effetti, il meccanismo di perequazione, cioè di solidarietà nazionale tra regioni ricche e regioni meno agiate, non funziona più. Il federalismo fiscale aveva sostituito i trasferimenti agli Enti locali con due fondi di solidarietà, uno verticale dallo Stato ai livelli locali, l’altro orizzontale dai Comuni ricchi ai Comuni disagiati. Il primo scoglio fu la difficoltà di definire i costi storici e i costi standard necessari all’implementazione della perequazione in modo da assicurare i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) ancora oggi non definiti. A gran pena, si arrivò a definire i LEA per la Sanità pubblica, ma nel contesto del contenimento ferreo della spesa pubblica. Dal 2012 ad oggi prevalse questa logica del contenimento. Dato gli ingenti tagli nelle risorse trasferite in una forma o un’altra, le Regioni ebbero tendenza ad incrementare le tasse locali, cioè essenzialmente l’addizionale Irpef, l’Irap e l’Imu. Il governo Renzi intervenne bloccando il ricorso a questa leva fiscale. Siccome nel medesimo tempo le risorse messe a disposizione dei livelli locali diminuivano, aprì la possibilità, nel contesto del pareggio di bilancio locale, di utilizzare parte delle risorse in conto capitale per le spese correnti!!! Basta guardare le nostre strade e il dissesto generale del territorio per afferrare l’enormità monetarista di tale scelta. Sin dal 2017 si cerca di rilanciare modestamente gli investimenti al livello locale.

Secondo la Corte dei conti dal 2008 al 2015 gli Enti locali subirono tagli da 39,5 miliardi di euro, 22 miliardi di trasferimenti statali e 17,5 miliardi al titolo della Sanità. Per il 2019, i fondi del Patto verticale ammonta ad un può meno di 1 miliardo di cui 400 milioni per l’edilizia scolastica e 100 milioni per gli impianti sportivi. Si tratta di una logica di emergenza che riguarda pure le aree vittime di sismi. Eppure, valutando la disciplina interna, la Corte dei conti (2018) parla di overshooting per 8,5 miliardi non utilizzati per mancanza di richieste per gli appositi « spazi finanzieri ».

Il Patto orizzontale tra Comuni ricchi e poveri ammonta a 4,7 miliardi di cui 4,3 miliardi ridistribuiti tra i Comuni e 400 milioni versati direttamente nelle casse dello Stato. In effetti, secondo Ifel Informa « I Comuni, dal 2011 al 2015, hanno subito tagli per nove miliardi di euro, il contribuito più alto al risanamento dei conti pubblici.» Intanto, sempre nel suo Rapporto del 2018, la Corte dei conti nota che l’Italia – paese con disuguaglianze estreme – è tra i Stati che hanno utilizzato meno la leve fiscale per tentare di uscire dalla crisi. (p 30)

Gli effetti per la Calabria sono devastanti. Un livello ISE di 3000 euro di reddito annuo familiare in una Regione con un tasso di occupazione di soltanto il 42 % basterebbe per questionare il principio costituzionale della perequazione applicata all’assistenza sociale. In materia di Sanità, le cose peggiorano senza sosta. Da noi come altrove furono imposti dei Piani di Rientro, per colmo incapaci di fare rispettare la proporzionalità massima legalmente stabilita ad 1/3 delle strutture private rispetto a quelle pubbliche. Con la mancanza degli investimenti ed il blocco mirato del turn over a scapito delle infermiere/i e del personale di sostegno, il sistema si deteriora inesorabilmente anno dopo anno, causando una mobilità passiva nel 2017 per la nostra Regione di oltre 304 milioni di euro. Rimandiamo qui al nostro articolo: « La Sanità tra tagli e corruzione: vittima eccellente del federalismo fiscale » (nella « Categoria » Sanità del sito http://rivincitasociale.altervista.org )

Secondo il Prof. Ettore Jorio (Unical) ci sono in Calabria « 103 comuni in rovina » ( vedi https://www.corrieredellacalabria.it/contributi/item/159789-in-calabria-103-comuni-in-rovina/ .) Tra questi, 36 sono in dissesto – alcuni più di una volta come Paola nel 1993 et nel 2012. Sono 67 quelli in predissesto – procedura pluriennale di riequilibrio finanziario -, mentre 20 comuni risultano disciolti per mafia.

In Calabria, a parte la deleteria fatalità statistica ben visibile nella pianificazione a ribasso delle infrastrutture e dei beni comuni abbandonati al privato, risulta uno Comune senza fognatura tra gli altri 40 Comuni italiani similarmente sprovvisti, dove abitano 400 000 cittadini. 342 Comuni italiani sono senza depuratori, tra i quali 57 Comuni calabresi (7% del totale), senza contare quelli inadempienti tra i quali i due di San Giovanni in Fiore.

Tutto questo disordine nella gestione della res pubblica ha un costo. Ad esempio, secondo Luca Pagni (in https://www.repubblica.it/economia/2017/02/01/news/acquedotti_la_ue_ci_multa_in_arrivo_stangata_sulle_bollette-157317592/ : « l’Italia ha già subito due procedure di infrazione da parte dell’Unione europea che a dicembre ha comunicato di avere deferito l’Italia, chiedendo una multa pari a 62,7 milioni di euro, a cui andranno aggiunti 346mila euro per ogni giorno fino a quando non verranno sanate le irregolarità. » Il Commissario straordinario dispone di 1,6 miliardi di euro per affrontare la situazione. Secondo le sue stime ci vorranno attorno a 5 anni per risanare la situazione portando le multe ad un totale di oltre 500 milioni di euro.

Questa disastrosa litania potrebbe essere facilmente allungata. Per correttezza, ai tagli nei fondi perequativi bisognerebbe aggiungere la pesantezza spezzo confinante alla male amministrazione dei nostri enti regionali. Ad esempio, l’incapacità di ottimizzare i fondi europei. Basta ricordare che, ad oggi, sui 339 milioni di euro del Fondo sociale europeo per il 2014-2010 destinati alla Calabria, solo 8,4 % furono utilizzati, malgrado il disaggio sociale e la disoccupazione stratosferica … L’austerità monetarista con il suo sentiero di consolidamento fiscale stanno portando il Paese verso uno sfascio quasi irreversibile. Viene da pensare alla disillusione espressa da Giacomo Leopardi nella poesia « Alloro »: « Ma la gloria non vedo » scrisse e, da buon aristocratico, optò in fine per la democrazia. Similarmente, dovremmo optare noi per un ritorno allo spirito ed alla lettera della nostra Costituzione democratica del 1948.

Paolo De Marco

San Giovanni Fiore, 23 ottobre 2018.

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